lunedì 17 gennaio 2011

FABIO FAZIO, LA RAI E IL MATERIALISMO DIALETTICO

Non è facile, di questi tempi, pagare a cuor leggero il canone TV alla RAI. Non è facile, non tanto per la catastrofe economica che si è abbattuta sulle nostre teste, ma soprattutto perché la RAI non ha fatto nulla per fare accettare al cittadino quello che prende sempre di più i connotati di un balzello finalizzato a mantenere un sistema pubblico che appare, francamente, sempre più lacunoso. La sensazione che trapela dal cavallo di Saxa Rubra è che il canone che versa il cittadino concorra al mantenimento di una pletora di raccomandati politici non sempre all’altezza dei compiti loro affidati. E’ vero che è presente qualche piccola isola di eccellenza, quasi tutta firmata RAI3 (si veda il caso di “Presa diretta” di Riccardo Iacona, uno straordinario giornalista, “Report” dell’altrettanto valida Milena Gabanelli, ma scelte come quella di sopprimere una trasmissione come “Mi manda Rai 3” che Vianello cominciava a tenere in pugno, sinceramente risulta incomprensibile. Vianello è stato relegato in una striscia giornaliera mattutina, che non vede nessuno “Agorà”, segno che deve avere pestato qualche piede sbagliato. In compenso sono in crescita i recipienti senza contenuto, inventati da quella donna geniale (absit iniuria verbis) che è Maria De Filippi: il suo “Uomini e donne” è il massimo possibile del genere “non sense”. Il format si dipana per una buona parte del pomeriggio fatto di nulla, è solo una pausa tra uno spot pubblicitario e l’altro. Ma la Rai non è da meno: passano film, in prima serata, degni della peggior cineteca parrocchiale, Mara Venier, nella “Italia sul due” ha portato una ventata di frivolezza e fatuità di cui non si sentiva certo la necessità. La pubblicità imperversa anche sulla RAI, i canali in chiaro che erano stati promessi dalla serie di testimonial (tutti i Pippi Baudi che la Rai poteva snocciolare), l’anno scorso, non si sono proprio visti. Rai4, per esempio, nettamente inferiore, quanto all’offerta, a “la5” o “la7d”, o “Iris” trasmette terribili polpettoni dalla laboriosa digestione.  Ho sperato per molti anni che la RAI rappresentasse un servizio realmente pubblico, indipendente dalle logiche del mercato della audience e della pubblicità, un servizio che mandasse in onda una programmazione decorosa, che riuscisse a coniugare intrattenimento e cultura. E invece, niente. Si insegue Mediaset nel cattivo gusto, sull’onda dello share, è Mediaset a dettare i palinsesti. La RAI appare sempre di più un carrozzone inconcludente, governata da personaggi in conflitto eterno fra di loro, una nave senza nocchiero. Il presidente Masi, che fortunatamente appare assai di rado, sembra uno di quei personaggi in cerca di autore di cui parlava Pirandello in una delle sue più memorabili opere teatrali. Tuttavia, come per gli altri anni, mi ero rassegnato a pagare i 110,50 euro, quando, una sera della settimana scorsa, è accaduto qualcosa. Mi è capitato di ascoltare le parole di Fabio Fazio (personaggio detestabile per affettazione e leziosità), parole atte a convincere i cittadini che è giusto pagare il canone. Salvo ottenere l’effetto contrario. Ha detto: “Ricordatevi che la RAI non appartiene a nessuno, è la televisione di tutti”. A parte il fatto che poteva risparmiarsi un fervorino così zuccheroso, ma poi, la sera stessa in cui ha pronunciato queste parole, ha invitato (eravamo all’indomani del referendum della FIAT), il Sig. Landini, responsabile della Fiom. Non ho mai apprezzato il berlusconismo, anzi, ma il fatto di ospitare un rappresentante di una organizzazione sindacale che non ha firmato l’accordo con l’azienda, e non, che so, un rappresentante di un sindacato firmatario, è una scelta politica. Allora, un tizio come Fazio che fa una precisa scelta politica nell’invitare un rappresentante acerrimo avversario di Marchionne per commentare a caldo il voto della Fiat, formulando, di fatto un comizio, e dopo qualche minuto mi racconta che “La Rai è di tutti” e non appartiene a nessuno e per questo è giusto pagare il canone, è in contraddizione con se stesso, ma soprattutto condanna la sua parte politica all’ennesimo fiasco elettorale prossimo venturo. Fazio, maestro di ipocrisia, non ha lo spessore di un Michele Santoro, la raffinata intelligenza di un Corrado Augias, l’eleganza e la misura di un Floris, tantomeno la vena ironica e autoironica di Serena Dandini. Fabio Fazio crede ancora ed applica (lo fanno ancora in pochi) il materialismo dialettico. Sembra appena uscito da una sezione del P.C.I., trent’anni dopo. Me li ricordo ancora, erano vestiti come lui, ordinati, a puntino, un poco compunti. Erano molto più garbati rispetto agli estremisti come noi, li differenziava il disprezzo per ogni forma di radicalismo, di movimentismo, erano i “bravi ragazzi” di sinistra che andavano fieri della loro moderazione e del loro revisionismo. Probabilmente Fabio Fazio non ha completamente abbandonato il materialismo dialettico (fondato da Hegel) e modificato poi in “storico” da Marx e  Lenin. Prego i signori della Rai di tenere d’occhio il mio abbonamento, perché farò il possibile per non pagarlo, consultando associazioni di consumatori e pareri legali, ma se proprio sarò costretto a farlo, lo farò solo per evitarmi una serie di molestie burocratiche. E’ triste per una azienda che si definisce “di tutti” farsi mantenere dai cittadini con un canone che viene versato solo per evitare una cartella esattoriale.