venerdì 2 settembre 2011

IL CARRO DI TESPI

Dal momento che non vorrei essere considerato un “criminale” solo perché mi permetto di criticare una manovra fiscale (non finanziaria!), riporto di seguito quanto compare sull’ultimo numero dell’Economist, uno dei più autorevoli periodici finanziari del mondo, discretamente lontano da posizioni “comuniste”. A dire il vero sono anni che la stampa mondiale del settore (dal Financial Times al Washington Post) giudica il nostro premier totalmente inadatto non solo a governare il nostro paese, ma soprattutto a fronteggiare l’attuale contrazione economica. La cosiddetta “manovra” i cui fondamentali erano inizialmente farina del sacco della BCE, giorno dopo giorno, durante i passaggi parlamentari, sta diventando una manovrina tardo balneare. Dando una impareggiabile prova di dilettantismo, il governo italiano cambia idea ogni dodici ore, (non 24!), testando in ogni occasione l’umore del paese e le reazione alla proposta del giorno – attraverso sondaggi o indagando sulla rete – allo scopo di ritirarla il giorno successivo se il clamore suscitato supera un certo livello di guardia. La trovata surreale della validità ai soli fini economici del riscatto universitario e del militare ne è un fulgido esempio. Si brancola nel buio più assoluto, si avanza tentoni, si naviga a vista. L’UE e la BCE hanno già, nella sostanza bocciato una manovra che sarà licenziata allungata all’inverosimile, annacquata come il peggior vino di Marino. Non ci sono i saldi, non ci sono coperture, la lotta all’evasione fiscale (e questa è una delle poche certezze che abbiamo) in questo paese non si fa e non si farà mai seriamente. Si tratta si risorse altamente incerte, a meno che non si ricorra al solito, terrificante condono. Questo deprimente tira e molla ci sta facendo fare la solita figura da venditori di cioccolatini dinanzi il mondo intero. Il Portogallo ha varato una manovra seria in un paio di settimane. I mercati percepiscono la nostra debolezza politica (il governo Berlusconi-Bossi-Scilipoti) e l’assoluta mancanza di idee anche da parte dell’opposizione. Il noto economista Roubini auspica per l’Italia un governo tecnico, perché ha compreso benissimo che non si tratta solo del governo Berlusconi, qui è una intera classe politica ad essere completamente inadeguata. L’unica, in assoluto, proposta che è pervenuta dall’opposizione è quella di istituire una “patrimoniale”, misura sacrosanta, d’accordo, ma se non si procede seriamente ad approntare riforme strutturali, liberalizzazioni e privatizzazioni, provvedimenti che agevolino il più possibile una sempre difficile crescita economica, si ricade nelle misure “depressive” che non fanno altro che rimandare ad una nuova manovra tra pochi mesi. 

I dati macroeconomici sono scoraggianti, il crollo (quanto ne abbiamo contati, 10, 100, 1000 in pochi mesi?) delle borse, dovute allo stallo economico ed occupazionale degli USA, lo spread tra bund e titoli di stato italiani, che oggi ha raggiunto i 330 punti, ci rivelano da soli che stiamo tornando alla situazione dello scorso luglio, quando i BOT si stavano pericolosamente avvicinando a rendimenti vicini al 7% (limite considerato da più parti quale “punto di non ritorno”). Il teatrino degli aiuti alla Grecia, un paese cotto e stracotto, non più in grado di garantire alcunché, trovandosi nello sbando più totale, il solo fatto di continuare a domandarsi: “ce la farà la Grecia a rimettere a posto i propri conti?” suona come una insopportabile presa per i fondelli. E’ chiaro che la Grecia, fallita da almeno un anno, non sarà più in grado di far fronte ad alcun tipo di debito, continuare con questo miserevole balletto del ti aiuto – non ti aiuto più, dimostra la fragilità preoccupante dell’Eurotower, dell’Ecofin, dell’Eurogruppo. Galleggeremo ancora per qualche tempo, sei mesi, un anno al massimo, poi cadremo come è giusto ed inevitabile cadere. Il fallimento dell’Italia trascinerà con sé l’intero continente e l’Euro si sbriciolerà in poche settimane. Il nostro sistema bancario, che rispetto ad altri è meglio strutturato, è troppo coinvolto con i titoli di stato ed altri prodotti derivati o cartolarizzati per non fallire anch’esso. L’unico modo che abbiamo per scongiurare questo inevitabile epilogo, è, come suggerisce Roubini, la costituzione di un governo tecnico completamente svincolato dalla politica. Ma a questo, grazie al talento autolesionista di Berlusconi, non ci arriveremo mai. La nostra caduta rovinosa causerà anche la fine dell’Euro, e di questo saremo chiamati a rispondere di fronte ad un ipotetico tribunale dell’Aia che persegua i reati finanziari: Se questo tribunale esistesse per davvero, non scommetterei un solo cent sulla testa di Berlusconi.

“L'Italia potrebbe affondare l'euro? E' l'interrogativo dell'Economist, che nell'edizione in edicola oggi attacca ancora una volta Silvio Berlusconi e il suo modo di governare. Il settimanale britannico definisce il primo ministro italiano "il mago della fuga" (come era chiamato Houdini) e una "minaccia per l’euro".
Dopo avere provocato il panico dei mercati in luglio promettendo di annacquare un pacchetto di riduzione del deficit che già faceva acqua, questa settimana – sottolinea l'Economist – Berlusconi ha dimostrato ancora una volta di costituire una minaccia per l'euro quando ha buttato le finanze pubbliche nel Paese nel caos, lasciando un buco di 4-5 miliardi.
"Due cose separano l'Italia da una crisi del debito molto più minacciosa per la moneta unica" di qualsiasi altra scoppiata finora alla periferia dell'eurozona, spiega il settimanale: il sostegno ai titoli italiani da parte della Banca centrale europea e il varo di una manovra da 45,5 miliardi di euro che la Bce ha chiesto in cambio del suo sostegno. Ma "nulla in Italia è al sicuro da modifiche" e il 29 agosto Berlusconi ha "disfatto" il pacchetto che lui stesso aveva presentato il 12 agosto, togliendo la misura che meno gli piaceva, la sovrattassa sugli alti redditi nel settore privato. L'Economist mette in evidenza l'imbarazzante offerta di Luca di Montezemolo, che si è detto pronto a pagare più tasse dicendo che "bisogna cominciare a chiedere a chi ha di più". Ed è proprio il presidente della Ferrari che campeggia nella foto a corredo dell'articolo del settimanale.
Berlusconi ha alleggerito i tagli per placare le ire di sindaci e amministratori locali e ha introdotto nuove misure, ma le modifiche hanno lasciato un buco nel pacchetto d'austerità. Già solo questo – nota l'Economist - è sufficiente per "sollevare dubbi sulla disponibilità della Bce a continuare a comprare bond italiani". L'intesa con il presidente della Bce Jean Claude Trichet e con il suo successore Mario Draghi prevedeva - ricorda il settimanale – non solo l'attuazione del pacchetto che Berlusconi ha appena disfatto, ma anche il varo di un vasto programma di privatizzazioni e liberalizzazioni. "E di questo non vi è mai stata più che una traccia nei piani del governo".
Elysa Fazzino ©Il Sole 24 ore RIPRODUZIONE RISERVATA

Vediamo ora l'analisi di un altro giornalista di tutto rispetto, Carlo Bastasin:

"Nella giornata di ieri, mentre la politica italiana era nel caos della manovra fiscale ed era impigliata tra scandali di varia natura e colore, il Parlamento di Madrid ha approvato l'introduzione nella Costituzione del pareggio di bilancio. Dalla fine del regime franchista era solo la seconda modifica della Costituzione della Spagna democratica, non quindi una decisione facile o di routine. Per la prima volta ieri i rendimenti dei titoli decennali spagnoli sono scesi sensibilmente sotto quelli italiani (5,10% contro 5,25%).
Ci sono molte e gravi ragioni per le quali l'instabilità finanziaria colpisce tutto il mondo. Ma ce n'è una speciale e tutta italiana che ci affligge sempre un po' più degli altri: l'incapacità di agire politicamente con serietà e tempestività. La disoccupazione spagnola è più che doppia di quella italiana, ma i mercati oggi si fidano più di Madrid che di Roma. Tra i costi della politica, la scarsa credibilità è materialmente il più alto.
Sono già passati quasi due mesi da quando i mercati hanno messo in dubbio per la prima volta la sostenibilità del debito italiano. La motivazione era la cattiva qualità della prima manovra di bilancio, il cui onere era interamente spostato alla prossima legislatura. Quelle che i mercati esprimevano erano critiche sul "timing" e sulla serietà dell'impegno del Governo. I due mesi successivi non hanno disperso i dubbi. Solo l'intervento della Bce ha frenato la fuga dai titoli pubblici, ma ci sono dei limiti anche a una tale rete di sicurezza. Il fatto che la Borsa italiana continui a scendere più delle altre dipende dal fatto che la sfiducia si estende dal debito pubblico alle banche italiane e da queste all'intera economia.

È un meccanismo che ha funzionato perversamente già in Grecia e Irlanda. Ora, grazie ai provvedimenti europei di politica finanziaria, le banche possono recuperare liquidità, ma questo non basta a sostenere l'economia. La calma portata dalla Bce resta cioè una calma di superficie, i mercati restano nervosi e quello che ci dicono dell'Italia è che una crisi di fiducia è sempre possibile finché non c'è chiarezza sui conti pubblici e sulle prospettive dell'economia.

I 16 miliardi di euro investiti questa settimana in titoli italiani e spagnoli dimostrano che la Bce sta ancora intervenendo. È molto probabile che continui a farlo in attesa che il Fondo di stabilità finanziaria (Efsf) assuma in parte il suo ruolo. Ma il programma di acquisto di titoli della Bce ha già superato i 115 miliardi di euro. Se si sommano i collaterali ottenuti in garanzia, il portafoglio della Bce ha oltre 200 miliardi di titoli che il mercato giudica rischiosi.

Sarà proprio il destino dei titoli italiani a determinare se il bilancio della Bce peggiorerà ancora - condizionando la sua capacità di agire e la sua indipendenza - facendo scattare una reazione da parte degli altri Paesi dell'euro area. In questo senso la Bce potrà salvare l'Italia solo se l'Italia salverà se stessa. E Trichet ha spiegato chiaramente che la Bce non ha apprezzato l'incertezza sui saldi della manovra italiana.

Non è necessario spendere molte parole sulla confusione creata dalle proposte avanzate e ritirate giorno dopo giorno. Quello che colpisce è che non solo si avverte poca capacità di orientamento da parte del presidente del Consiglio, ma manca anche la capacità di mediazione e di coordinamento dentro la coalizione di Governo.

In particolare in materia di risanamento economico, il coordinamento difficilmente può vivere senza orientamento. Quando avviene, significa che le dinamiche di potere tra le diverse anime dell'esecutivo assumono più importanza del buon fine dell'azione di governo. In questo senso i dubbi o le richieste di chiarezza su "chi" governa, diventano il cuore del problema di "come" si governa."
Carlo Bastasin © Il sole 24 ore RIPRODUZIONE RISERVATA

l carro di Tespi è il teatro ambulante creato in Italia dell'Opera nazionale dopolavoro fascista per portare gli spettacoli teatrali anche nei piccoli centri e nei paesi: il palco viene montato all'aperto, coperto da una cupola Fortuny (sull'esempio di quella allestita da Mariano Fortuny per il Théatre de l'Avenue Bosquet nel 1906 a Parigi), e intorno si approntano tribuna e platea. Il primo carro di Tespi parte da Roma (con l'"Oreste" dell'Alfieri) nel luglio 1929 e altri se ne aggiungono nel periodo 1929-1939. Lo spettacolo offerto in queste settimane dal governo e dall’opposizione presenta delle impressionanti somiglianze con questo teatro di filodrammatici da strapaese. Gli attori sono svogliati, recitano controvoglia sempre la stessa parte, lo stesso copione. Ormai, ed è proprio questo il guaio, non fanno neppure più ridere.