venerdì 23 settembre 2011

RIMETTIAMOCI IL MAGLIONE (i tempi stanno per cambiare)

Gli analisti del Credit Suisse si sono chiesti cosa potrebbe accadere qualora si dovesse verificare uno smembramento dell’area euro provocato dalla crisi del debito.
La risposta a questo interrogativo ha portato a delineare un quadro piuttosto devastante, visto che le future valute dei Paesi periferici quali Portogallo, Spagna, Irlanda e Grecia, si svaluterebbero di circa il 50%, con un calo del 40% dei crediti statali e privati.
Conseguenze molto pesanti si avrebbero anche per il sistema bancario visto che le principali banche europee subirebbero delle perdite nell’ordine di 300 miliardi di euro. Per gli istituti di credito dei Paesi periferici, ad eccezione dell’Italia, si avrebbero perdite per 630 miliardi di euro, con un buco di 150 miliardi per la Banca centrale europea.
Gli analisti del Credit Suisse segnalano inoltre che nei default disordinati, storicamente si registra un crollo del Prodotto Interno Lordo del 9%, con sofferenze in aumento di oltre il 20%.
Inevitabili gli impatti anche sul versante societario, visto che gli utili per azione calerebbero del 40% a livello globale, e le banche europee potrebbero perdere ancora terreno dal 20% al 40%. Sotto pressione finirebbero i mercati azionari periferici coinvolti, mentre l’indice americano S&P500 rischierebbe di ritornare in area 750 punti, oltre il 30% più in basso dei valori attuali. E se da una parte i grandi esportatori europei sarebbero destinati  a soffrire, potrebbero trarne vantaggio i piccoli che avrebbero ricadute positive dalla svalutazione competitiva delle rispettive valute, sebbene le esportazioni potrebbero faticare ugualmente a crescere, in un quadro di rallentamento delle maggiori economie mondiali.
La banca elvetica però ritiene che ci sia solo il 10% di probabilità che si verifichi un simile scenario, ma il rischio salirebbe al 20% in caso di downgrade della Francia. L’idea è che sarebbe più conveniente salvare i Paesi periferici dell’area euro, perchè un salvataggio avrebbe un costo comunque inferiore per l’Europa rispetto al default.
Quest’ultimo non viene neanche preso in considerazione per la Spagna e per l’Italia, e con riferimento al nostro Paese il Credit Suisse ritiene che il rischio maggiore sia rappresentato non tanto da un fallimento, ritenuto improbabile, quanto da una sua volontaria uscita dall’Euro che potrebbe essere invocata da un partito politico.
A corredo di questa analisi piuttosto allarmante, la banca elvetica ha fornito però anche alcune alternative allo scioglimento dell’area euro. Una delle opzioni possibili è che la Grecia abbandoni volontariamente Eurolandia, anche se questo avrebbe conseguenze drammatiche sull’Unione monetaria. Quest’ultima però potrebbe sopravvivere solo se gli Eurobond fossero già in circolazione o se l’Efsf, il fondo salva-Stati, venisse trasformato in una banca.
Una seconda ipotesi potrebbe essere la creazione di un euro a due velocità, che avrebbe da una parte la Germania, l’Austria, l’Olanda e il Lussemburgo, e dall’altra la Francia, con l’Italia, il Belgio, la Spagna e gli altri Paesi periferici. Un’opzione di questo tipo però porterebbe ad una situazione molto simile a quella registrata dopo il fallimento di Lehman Brothers, con possibile congelamento dei depositi, guerra commerciale e forte contrazione del mercato dei prestiti bancari. Infine, l’alternativa più interessante è quella che vede l’uscita volontaria dell’Italia dalla zona euro, anche se questo potrebbe portare il resto dell’Europa periferica al centro di una imponente pressione deflazionistica, che, lo ricordiamo per gli smemorati, rappresenta uno spauracchio ben peggiore dell’inflazione, in quanto prelude ad un periodo di medio lungo termine di depressione economica.
Fonte: trend-online.com