venerdì 30 settembre 2011

ELOGIO A RATZINGER

Nonostante le notizie economiche non siano certo di conforto, e la finanza ci riservi una delusione dopo l’altra, sono convinto che sia profondamente ingiusto abbandonarsi al pessimismo o all’umor nero, che sia giusto continuare, nel bene o nel male, tirare diritto, cercare di seguire la propria strada, pur tra mille incomprensioni e disagi. Spesso si ha la tentazione di mollare tutto, di scappare dalle noie del lavoro, dalle preoccupazioni familiari e dedicare più tempo a quello che ci aggrada. Si riparte come sempre dalle piccole cose, per enfatizzarle e riempirle di contenuto. Le nostre passioni, le nostre inclinazioni, per quanto esigue o minuscole, manteniamole e seguiamole con amore, ci daranno una grande consolazione. I rapporti umani, quelli veri, pochi per la verità, in questo mare di simulazioni, coltiviamoli con caparbietà e costanza. E' ovvio che questa contrazione economica è di una gravità tale da condizionare il nostro umore, il nostro lavoro, le nostre relazioni umane. Ma non dobbiamo lasciare che il pessimismo ci travolga o ci disintegri. Lasciamolo alla nostra parte razionale, che saprà come agire nel concreto, e alla nostra emotività dedichiamo più tempo possibile, pensando agli altri, cercandoli, magari aiutando chi è più in difficoltà di noi. Solo questo conta davvero: un rapporto solido, affetti, amicizie, un passatempo che ci rallegri. E, per chi crede, rifondare la propria fede proprio nel momento più difficile, perchè se molte sono le ambasce che dobbiamo superare, ancora più granitica deve essere la n nostra fede nel Padre celeste. Che non ci abbandona, che ha misericordia di questi suoi figlioli, anche quando accadono cose che la nostra mente non può o non sa spiegare. Diverse sere fa ho assistito al penoso dialogo tra un mediocre teologo, Vito Mancuso, e il solito compiacente Fabio Fazio. Il quale, per una volta, non è riuscito più di tanto ad incensare il proprio ospite, dal momento che, presentatosi per promuovere il suo ultimo inutile libro, ha fornito una serie di risposte puerili e approssimative. Queste persone, che faticano vistosamente a rimanere nell'ambito della chiesa cattolica, ma non hanno le capacità o la forza necessaria per voltare pagina, farebbero meglio a continuare il loro insegnamento secondo il magistero cattolico e rimanere nell'ombra. Sono rimasto, viceversa, colpito favorevolmente dalle ultime dichiarazioni di Joseph Ratzinger, che da Berlino non esclude sue eventuali dimissioni allo scoccare degli 85 anni, compatibilmente con le condizioni della sua salute. Le sue affermazioni (riportate anche in una enciclica) circa il limite che un Pontefice non dovrebbe travalicare quando le sue condizioni psicofisiche sono tali da compromettere il suo mandato, suonano come una aperta critica alla lunghissima agonia cui ci ha fatto assistere il suo predecessore, Giovanni Paolo II. Da tutti è stato osannato come un santo: avrebbe fatto meglio ad abdicare. Un papa non è un impiegato della Curia, deve trovarsi nelle condizioni minime per lo svolgimento del suo compito. E poi la comprensione di chi, vittima di sacerdoti pedofili, abbia abbandonato la fede, è una presa di posizione così netta da lasciare stupefatti. In ultimo, il privilegiare un agnosticismo consapevole e sofferto ad una fede solo di facciata, di routine, fatta di partecipazioni passiva alla messa rispondendo meccanicamente al sacerdote delle stanche formule, ebbene, sinceramente questa asserzione da parte di Ratzinger non me la sarei aspettata. E' di una portata non dico rivoluzionaria, ma, considerando il personaggio, alquanto riottoso all'innovazione, è una affermazione della massima importanza e di tutto rispetto. Onore al merito, dunque.
Posso solo aggiungere, sperando di non risultare patetico, di non concentrarsi mai troppo su se stessi, di guardarsi attorno, per vedere meglio gli altri e il mondo circostante. Focalizzare la nostra attenzione su qualcosa di bello e di utile, solo questo ci è concesso, ma non è poco. Mi capita spesso di ripensare a Claudio l'amico così tragicamente scomparso cui ho dedicato il post “A spasso per i Campi Elisi”, lui adesso è morto, ed io sembro vivo. Ciononostante, anche per gli amici come Claudio che, credo, ritroveremo un giorno, sotto altri cieli e sopra altri mari, andiamo avanti, non lasciamoci scoraggiare dalla tragedia economica presente, dai piccoli o grandi problemi familiari, la vita va vissuta, anche se fosse peggio. Mi tornano alla memoria le semplici parole di un cantautore rimpianto e mai ricordato, Stefano Rosso: “E non sarò un poeta / ma anche se la vita  / fosse peggio / non la tradirei.