lunedì 28 dicembre 2015

L’ITALIA HA QUALCOSA DA INSEGNARE IN POLITICA? PURTROPPO NO.



Circola in Italia la tesi che il nostro Paese sia all’avanguardia nel ristrutturare le sue compagini politiche, quelli che una volta erano i partiti, secondo i venti nuovi che soffiano in Europa.
Poiché l’ultima e forse l’unica volta che siamo stati all’avanguardia in queste materie, benché fosse quasi un secolo fa, abbiamo dovuto poi pentircene amaramente,  può essere interessante guardare un po’ dentro questo nuovo “avanguardismo” che il voto spagnolo ha rilanciato. A Madrid abbiamo degli allievi!
L’avanguardia italiana sarebbe determinata dal fatto che più degli altri e prima degli altri disegniamo formazioni politiche dai contorni nuovi che vanno oltre quelli degli have and have not, o presunti tali, e abbiamo buttato a mare destra e sinistra, che inevitabilmente si chiamano nella storia italiana dal 1945 Democrazia cristiana e Partito comunista (ma non provate a chiamare un vecchio democristiano destra, si imbestialisce), o che comunque ruotavano attorno a Dc e Pci, e abbiamo realizzato qualcosa di nuovo.
Il berlusconismo, la successione Pds-Ds-Pd, la Lega, i 5 stelle o grillini. Oggi il berlusconismo è mal messo e dominano la scena Pd, grillini e Lega, quest’ultima però di fatto fenomeno pluriregionale e non nazionale.
Adesso tutti sul continente ci starebbero copiando secondo vari cantori italici, salvo la Germania. In Francia socialisti e la destra già gollista perdono terreno e devono ricorrere a alleanze innaturali per fermare le signore Le Pen, la vera destra; a Madrid 30 anni di spesso fruttuoso bipartitismo sono stati accantonati dal voto di  domenica e avanza il “modello italiano”.
IN POLITICA SIAMO ESEMPIO DI DISORDINE. L’Italia ha insegnato molte cose al mondo e continua a insegnarne e di modelli italiani ce ne sono di molti tipi ma difficilmente lo ha fatto in politica, a meno che non sia un modello un certo disordine, una certa confusione di idee accompagnata però dal sagace e spregiudicato perseguimento di interessi precisi (e non sempre confessabili), e una certa arretratezza politica e ingordigia amministrativa. Come si fa a essere il Paese più corrotto d’Europa (Occidentale) certamente non il meglio amministrato, ed essere modello di qualcosa nella sfera pubblica se non, che ne so, della navigazione sui laghi interni o la conservazione della fauna d’Abruzzo?
In politica non siamo un granché, in queste cangianti geometrie ormai ventennali, dopo 40 anni all’insegna dello scudo crociato tenuto al potere da un Pci che proponeva un modello impossibile.
Ma quale sarebbe il nostro modello da esportazione? Essere andati oltre il destra/sinistra? Si può essere assai poco marxisti, come chi scrive, ma non si può negare che le classi così come altre varie categorie storico-economiche enucleate al meglio da Karl Marx sono una realtà.
Sarebbe bene sospettare sempre di chi dice che destra/sinistra è superato, perché in genere vuole fregare il prossimo, soprattutto gabellargli una cosa di destra come fosse di sinistra, e qualche volta il contrario. Bill Clinton fu un maestro in questo, sotto altri cieli.
Matteo Renzi ci prova a essere oltre destra/sinistra e difatti è un democristiano degli Anni 70 e 80, stagione che non fu per lo scudo crociato la migliore, alla guida di un partito che salendo per i rami porta soprattutto al vecchio Pci, oltre che a un pezzo di Dc.
IN ITALIA RESISTE IL BIPARTITISMO. La sua formula del Partito della nazione, mai finora lanciata ma spesso evocata, dai suoi più che da Renzi stesso, confusa e poco simpatica perché implica inevitabilmente che chi non milita sotto quelle bandiera non è amico della propria nazione, sarebbe un tentativo di suggellare questo superamento destra/sinistra. Contradditoriamente, però, il premier ha messo in piedi un sistema elettorale, l’Italicum, che con la sua sfida tra due schieramenti e il ballottaggio finale se nessuno raggiunge al primo turno il difficilissimo 40% (ci riuscì nell’Italia repubblicana come partito alle politiche solo la Dc nel 1948, 1953 e 1958), presupporrebbe un bipartitismo che è molto difficile ipotizzare se non lungo le linee destra/sinistra, chiamate pure come si vuole.
Con l’Italicum voluto da Renzi e altri, si avrà invece - salvo sorprese nel 2018 se non prima - un ballottaggio  Pd-5stelle. Grillo ha una carriera da comico di tutto rispetto e soddisfazione, ma come politico checché se ne dica rimane comico se non tragico, tutto morsicate al microfono, scrollate di capigliatura, qualche verità quando critica, baggianate come quella di seguire la strada dell’Argentina e non pagare più le scadenze del debito pubblico, o uscire unilateralmente dall’euro, quando propone.
Già e poi? Se Grillo non è da esportazione possiamo sempre offrire Casaleggio. E sarebbe questo il grande contributo di novità italiano alla politica europea.
FASCISMO, ALTRA 'INNOVAZIONE' ITALIANA. Tra il 1919 e il 1922, l’altra grande stagione “innovativa” della politica italiana, calcava la scena un socialista massimalista, «l’unico che potrà fare la rivoluzione bolscevica in Italia» aveva detto Lenin, indeciso fino all’ultimo se darsi all’occupazione delle fabbriche contro i padroni e a fianco dei “rossi” o se difendere i padroni, per poi decidere per la controrivoluzione fascista quando ormai la sinistra aveva perso per eccesso di illusioni, e di bandiere rosse.
È andata come è andata. Il fascismo, peculiare e persino ammirata innovazione italiana in politica, non è stato tutto un disastro, ma è finito nel disastro totale, cosa che non dice bene per le innovazioni italiane, in politica.
Quando seppe, prigioniero in Germania, della fine di Mussolini, il grande giornalista Giovanni Ansaldo, antifascista per 10 anni e poi penna e voce del fascismo, scrisse: «Il vero, il solo castigo… che meriteremmo tutti noi fascisti per la colpa di aver creduto in lui, è quello di spararci con un revolver carico di escrementi».
Offelee, fa el tò mestee dice il citatissimo motto milanese, e nella politica gli italiani non danno il meglio di sé. O qualcuno crede il contrario?