lunedì 14 dicembre 2015

LA LEOPOLDA HA CELEBRATO LA FINE DEL RENZISMO



A mentre fredda e senza alcuna animosità, né favorevole né contraria, della Leopolda appena conclusa si possono dire le seguenti cose:
1) è stata la peggiore di tutte, non è venuta fuori alcuna idea nuova, se se ne faranno altre dovrà studiarsi bene il format perché questa specie di Asilo Mariuccia di ragazzi studiosi e desiderosi di farsi notarsi ha fatto il suo tempo;
2) la Leopolda è stata dominata da un evento negativo di cui gli organizzatori non sonio riusciti a liberarsi né ad esorcizzare: la faccenda delle banche e  dell’eventuale coinvolgimento della ministra Boschi ha ”ucciso” il raduno, l’esitazione sulla presenza della Boschi ha aggravato la situazione, i discorsi orgogliosi e di bandiera di lei e del premier hanno avuto il sapore degli appelli testamentari;
3) alla Leopolda ormai non si presentano più facce nuove (Giuliano Da Empoli, sia detto con rispetto, fa il “giovane” di mestiere da decenni), qualche sindaco o aspirante tale anti-mafia, qualche ragazzo/a trovato in periferia, tutte persone e vicende umane e politiche che la sinistra dem potrebbe mettere in campo facilmente;
4) la trovata del “pensatotio” internazionale la avevano già avuto, e realizzata, D’Alema e Letta: non c’è quindi la novità, semmai la scopiazzatura.
Si potrebbe continuare. Va però sottolineata la gaffe principale, la messa all’indice dei giornali ostili. In quel luogo si radunava il principe con i suoi clientes.
Lì dentro c’era un accumulo di potere eccezionale. Bene. Se questa potenza di fuoco viene diretta contro giornali ostili (piacciano o no) la democrazia prende un colpo.
SCIVOLONI SUI GIORNALI E BANCHE. O Filippo Sensi spiega che hanno scherzato e allora confessa che sono tutti loro iscritti all’Asilo Mariuccia o hanno fatto tutto scientificamente e allora bisognerà cominciare a guardare a questa scelta con preoccupazione democratica.
Alla Leopolda si è poi manifestato l’imprevedibile. Il premier e il suoi geniali comunicatori non sanno comunicare. Di fronte allo scandalo delle banche si sono profusi nel racconto delle angosce dei loro familiari, ma poche parole sono state spese verso gli italiani. Renzi se l’è presa con chi ha strumentalizzato la morte del pensionato suicida, ma ha dimenticato che nelle ore successive al dramma sia lui sia la ministra Boschi hanno avuto parole tenere solo verso i loro genitori, per fortuna vivi, vegeti e benestanti.
Questi cari ragazzi alla lunga hanno rivelato che non hanno gli stessi sentimenti del Paese, ma che pensano solo alle loro famiglie. Troppo poco per aspiranti statisti.
Infine il nome del Pd. Renzi con capriole fantastiche ci ha detto due cose buffe: che è premier grazie alla Leopolda (quindi il Pd non conta una mazza), che ha il Pd  stampato nel cuore ma che farà Leopolde a centinaia in tutta Italia mentre, non farà cose di partito a centinaia. La tesi è che la Leopolda allarga, che il partito è stretto, poi dirà che non ci sono più destra e sinistra, per finire che non ci sono mezze stagioni.
RENZI SENZA PIÙ IDEE NÉ SPUNTI. In conclusione, a questo punto del mandato Renzi è in vera difficoltà e per la prima volta quelle degli altri non lo aiutano.
Sembra non avere più idee, ha una squadra vulnerabile (chi vuole colpire la Boschi sa che colpisce il 50% del renzismo), si accorgerà ad horas come nel potere reale cominceranno in tanti a prendere le distanze da lui.
Il premier continua a vantare la rottamazione mentre non sente i cingoli dello schiacciasassi che ha puntato il suo fortino. Se affronterà questa stagione difficile come ha fatto alla Leopolda, con la gente della Leopola, con gli argomenti della Leopolda, questa volta sarà asfaltato lui. (Peppino Caldarola)


Povero Renzi. Era difficile immaginare un disastro più fragoroso di quello che ha caratterizzato la sesta Leopolda. Al Pacioccone Mannaro non ne è andata bene una. Il caso “salvabanche”, drammaticamente sottovalutato e sempre più inquietante, ora dopo ora, anche per gli enormi conflitti di interesse che lo caratterizzano. La decisione di scappare da un incontro all’Università, terrorizzato dalle contestazioni. L’imposizione di una Leopolda blindatissima, con i risparmiatori truffati tenuti a debita distanza come lebbrosi per non sporcare la festa (?), e tutto questo dopo il flop dell’operazione gazebo “Pd coraggio” di una settimana prima.
La Leopolda doveva essere il rilancio della propaganda renziana, tra supercazzole jovanottiane e “visioni” ottimistiche da Smemoranda, ma tutti sono scappati dall’adunanza. Anzitutto i campioni, quelli che dovevano raccontare le “imprese”: una defezione dopo l’altra, dalla Pellegrini alla Cristoforetti. Renzi voleva collezionare selfie con i suoi idoli, ma non ha potuto fare altro che scattarsi qualche foto con i Faraone e Carbone.
La madrina della Leopolda è sempre stata la Boschi, che è però arrivata all’appuntamento crivellata dalle critiche e depotenziata dall’enorme scandalo Etruria. Più di 5mila risparmiatori aretini – la sua città – sono stati rovinati dalla banca di cui il papà (multato 144mila euro per mancati controlli e svariate omissioni) era vicepresidente, il ministro piccola azionista e il fratello Emanuele curava il settore delle posizioni a sofferenza e a incaglio: “un settore”, racconta Davide Vecchi sul Fatto, “che ha bruciato 185 milioni solo di fondi concessi a ex amministratori e sindaci della banca e mai restituiti”.
Ad Arezzo, fino a pochi mesi fa la città più renziana d’Italia, i Boschi non si fanno più vedere. La Boschi, del resto, è anche responsabile dell’harakiri-Bracciali di giugno, un ameno ragazzotto imposto al partito come candidato sindaco che – in un delirio di onnipotenza renziana – doveva vincere facile e “governare 10 anni”. Come no. Infatti ha perso al secondo turno e ancora ad Arezzo tutti ridono. Anche Bracciali è scomparso, ma a dire il vero era scomparso anche quando c’era. E’ di Arezzo pure Marco Donati, uno che su Twitter si firma “marcodonats” (sì, con la “s”), deputato Pd più renziano di Renzi che il 22 novembre – il giorno del decreto salvabanche – scriveva entusiasta su Facebook: “Il provvedimento (..) rappresenta un segnale positivo per il territorio e in particolare per il personale, i correntisti e la clientela degli istituti di credito tra i quali quello aretino”. Un genio vero, che esemplifica una volta di più quel mix di incompetenza, pressappochismo e arroganza che caratterizza quasi sempre questa “nuova classe dirigente” renziana, composta perlopiù dal peggio della generazione nata nei Settanta e inizio Ottanta. (Andrea Scanzi)