A coloro che pensano che io ami descrivere solo scenari catastrofici dedico questo stralcio tratto dal “Sole 24 ore”. Si tratta di poche righe, che descrivono benissimo, per quanto sinteticamente, la situazione nella quale ci troviamo:
La Germania «rischia una bancarotta se non accetta la monetizzazione del debito da parte della Banca centrale europea». Lo si legge in un'opinione su Twitter dell'istituto newyorchese di ricerca economica Inet (Institute for New Economic Thinking), presieduto da George Soros e nel cui advisory board siedono i premi Nobel per l'economia Joseph Stiglitz, Andrew Michael Spence, Amartya Sen e James Heckman.
Lunedì scorso era stato diffuso un corposo report dell' Inet Council on euro crisis (Icec), un'emenazione dell'Inet formata da 17 economisti europei tra i quali Jean-Paul Fitoussi, Daniel Gros e Lucrezia Reichlin. Nel documento si sottolinea che l'Europa è sulla soglia di una catastrofe, con l'economia del Vecchio Continente destinata alla depressione e la zona euro alla disintegrazione. L'Icec spiega senza mezzi termini che «senza uno sforzo collettivo l'eurozona si disintegrerà in fretta» perché le condizioni attuali «in diversi Paesi non sono sostenibili a lungo, né economicamente né socialmente».
Gli economisti spiegano che bisogna distinguere tra i problemi ereditati dal passato e creati dalla cattiva progettazione dell'eurozona nel corso degli ultimi 10 anni e le sfide implicite nel ridisegnare l'area euro, per ripristinarne la solidità. Attenzione quindi, continua il documento dell'Icec, perché è impossibile costruire a lungo termine meccanismi come un'unione bancaria «quando incombe l'eredità di squilibri di bilancio, di competitività e l'inadeguata capitalizzazione delle istituzioni finanziarie impediscono il cammino verso un'Europa sana».
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Il buon andamento della Borsa di
Piazza Affari (che è comunque rimasta al di sotto dei 14.000 punti, (un
risultato non brillante)e della vendita di CTZ e BOT non deve accendere facili
illusioni. Si tratta di rimbalzi tecnici, del tutto normali in periodi come
questo. Ricordiamo ancora una volta che non si prospetta nulla di concreto:
Mario Draghi ha semplicemente fatto le solite dichiarazioni di intenti: ha
detto che farà tutto quello che è nelle sue possibilità per salvare l’Euro. La
Merkel e Schaeuble si sono detti d’accordo con lui, tanto si tratta delle
solite parole, delle consuete vaghe promesse.
Non ci servono le toppe, i rammendi, occorrono fatti concreti, un
cambiamento radicale delle politiche dell’UE. In assenza di questi fatti
concreti, le borse torneranno a crollare, lo spread tornerà a risalire. Che
cosa potrebbe fare di concreto la BCE? Potrebbe ricominciare ad acquistare
titoli di stato spagnoli ed italiani sul mercato secondario, ma non basterebbe.
Potrebbe ricorrere, oltre al solito Efsf,
al Fondo di Soccorso Europeo (MES), entrato in funzione nel caso della
sola Grecia, ma temiamo che i risultati, anche in questo caso, sarebbero
inferiori alle attese. A parte il fatto che il MES presuppone la cessione
pressocchè totale della sovranità, le misure finalizzate alla conservazione
dell’euro sono ben altre. Come sottolineato dal “Sole 24 ore”, bisognerebbe
monetizzare il debito, condividerlo con l’emissione degli eurobond, modificare
i trattati e consentire alla BCE di stampare moneta. La sola politica dei tassi
è largamente insufficiente. Qualche tempo fa auspicavamo la definizione della
situazione in tempi rapidi, da due a sei mesi. E’ probabile che non sia così.
In assenza di misure radicalmente diverse da quelle condotte sin qui dalla
Germania, speravamo in una uscita ordinata dalla moneta unica di tutti i paesi
dell’eurozona, per consentire un ritorno non traumatico alle valute nazionali.
Tutto questo , però, non conviene alla Germania, e ai suoi stati satelliti,
Olanda e Finlandia, due fulgidi esempi di antieuropeismo. Ora, un Euro senza
Italia, nel caso (probabilissimo) di un nostro default, non avrebbe ragione di
essere, e allora il rischio che corriamo è quello di una “ellenizzazione”,
essere lasciati, insieme alla Spagna, a bagnomaria, in un limbo che potrebbe
durare mesi se non anni. Con gli stessi effetti che sono ben visibili in
Grecia. Una manovra recessiva dopo l’altra, nuove imposizioni fiscali, e
continui tagli allo stato sociale, destinato ad estinguersi. Già ora, grazie
alla cosiddetta “spending review” all’amatriciana le Aziende Sanitarie sono
soggette a paurosi risparmi. Un intervento chirurgico, se non ritenuto
salvavita da una “commissione” di esperti, sarà a carico del paziente. In
Grecia non si trovano i farmaci oncologici, se non a carico dei pazienti. Il
risultato, in questo caso, sarà una lunghissima recessione, che quando si
prolunga per troppi trimestri è l’anticamera di una depressione economica, una
condizione dalla quale una nazione si risolleva solo dopo qualche decennio. La
speranza di vita alla nascita, per la prima volta nella storia dell’Europa,
diventerà più breve, per il problematico accesso alle terapie da parte di una
larga porzione di cittadinanza. Per impedire l’esplosione dell’euro, e allo
stesso tempo non far emergere il fallimento di Spagna e Italia, la Germania
potrebbe tentare questa carta. Lasciar decantare i due paesi latini per
prendere tempo e preparare il piano B. Nel frattempo la macelleria continuerebbe
in Italia e Spagna, ma questo ai tedeschi importa ben poco. Monti o il prossimo
premier devono assolutamente scongiurare una politica di questo tipo, che
condurrebbe il paese alla catastrofe comunque, pur restando formalmente
nell’euro, per il semplice fatto che uscirne da soli costituirebbe un disastro
ancora peggiore. I tedeschi e i loro satelliti (Olanda Finlandia e
Lussemburgo)sono e rimangono l’unica causa della nostra rovina, hanno imposto a
Mario Monti (un perfetto esecutore) manovre recessive che hanno di fatto
impedito qualsiasi tipo di sviluppo economico reale. Oggi la Merkel e il suo
ministro dicono che Draghi ha ragione, perché sanno benissimo che, con i poteri
che si ritrova, non è in grado, nella sostanza, di combinare alcunché. Nelle
prossime settimane, quando i fatti non seguiranno, come sempre, alle parole, i
mercati ci bastoneranno duramente, e a quel punto Monti non può far altro che
minacciare l’uscita unilaterale dall’Euro, ben sapendo che il prossimo paese
colpito dalla speculazione sarebbe la Francia. E’ il solo modo per mettere fine
alla politica immobilista e rigorista della Germania, che all’Euro si è
particolarmente affezionata,a differenza dei paesi del sud Europa. In
conclusione, o si attua l’unione bancaria e politica, o l’euro terminerà
comunque la sua corsa. Ma una confederazione di stati che ci veda accanto a
popoli come quello olandese e finlandese, considerato il loro livello di
volgare opportunismo, appare assai difficile. Vediamo che cosa accadrà, ma non
attendiamoci nulla di buono, quelli che dovrebbero essere i nostri alleati si
rivelano sempre di più, col passare del tempo, i nostri più acerrimi nemici.