giovedì 2 agosto 2012

VERSO LA FINE (parte seconda)


Lo so, sembra di ripetere sempre lo stesso discorso, magari con parole differenti, ma sempre lì andiamo a parare. Ma non si poteva non commentare una giornata come quella di oggi, 2 agosto, seconda data da ricordare, dopo quella del 20 luglio, perché designa il secondo step verso la fine dell’Euro e, Dio non voglia, un possibile default dell’Italia. Perché si è trattato di una giornata decisiva? Perché oggi, alle 14,30 Mario Draghi, vestendo i panni di Presidente della BCE, ha pronunciato il discorso che avrebbe dovuto dare seguito concreto alle vaghe promesse da lui stesso formulate una decina  di giorni fa. “Faremo tutto quello che è necessario per salvare l’Euro, scateneremo tutta la potenza di fuoco possibile”. Ma no, addirittura? Poi è accaduta una cosa di non trascurabile importanza. Il presidente della Bundesbank Weidmann ha fatto presente a Draghi che deve stare al suo posto e occuparsi degli affari suoi. Alla politica della BCE ci pensa la Bundesbank, che c’entra Mario Draghi? E allora il richiamo è diventato ufficiale. La BCE non deve uscire dai limiti imposti dai trattati. In altra parole può solo alzare ed abbassare i tassi di sconto, punto e basta. Dalle 14,30 alle 15,30 appena finito il discorso di Draghi ecco che cosa è accaduto alle Borse valori:

Milano ha perduto il 4,64%. C’è stata una raffica di sospensioni dei titoli bancari per eccesso di ribasso, tutte le banche hanno avuto perdite intorno al 9%. Lo spread è schizzato oltre i 500 punti. Dobbiamo aggiungere altro? Come mai le parole di Draghi hanno avuto un simile effetto catastrofico sui mercati? Perché Mario Draghi ha letto un discorso che gli è stato scritto, parola per parola (anche le virgole) dal Presidente della Bundesbank Weidmann. Tutto qui. Draghi ha parlato un’ora circa, dicendo nulla, assolutamente nulla. Niente acquisto di titoli di stato dei paesi in difficoltà da parte della BCE, niente taglio dei tassi di interesse che rimangono allo 0,75%, niente iniezione di liquidità alle banche (la cosiddetta LTRO), lo scudo antispread può essere attivato solo su richiesta dei singoli stati in cambio di cessione di sovranità, non parliamo della licenza bancaria all’Esm, neppure in discussione. Draghi non ha fatto altro che la solita trita e ritrita esortazione ai governi politici dei singoli stati a fare di più e meglio, insomma altri tagli e altre imposizioni fiscali. Alla fine, come un automa, ha ripetuto la frase ossessiva: “l’euro è irreversibile” (come una malattia mortale, quale effettivamente è). E’ difficile parlare per un’ora sul niente, Draghi ci è riuscito. In buona sostanza, nei giorni che hanno preceduto il discorso, la Bundesbank ha ribadito una verità che è sotto gli occhi di tutti, da molto tempo: si fa come diciamo noi, perché qui siamo noi a comandare. Discorso chiuso. E lo ha fatto, per bocca del suo presidente, senza usare molti giri di parole, con un arroganza pari solo alla loro stupidità. Se Draghi conservasse un minimo di buon gusto, dopo una figura da cioccolataio come quella cui abbiamo assistito, dovrebbe dimettersi. E lasciare il posto ad un tedesco. Sarebbe più serio.
Veniamo alle conclusioni. Il declino (questo sì irreversibile) dell’Euro è cominciato lo scorso 20 luglio. Oggi è stato fatto da un in commentabile Mario Draghi un altro decisivo passo verso l’esplosione dell’euro, che attaccato attraverso i paesi più vulnerabili come Spagna e Italia, potrebbe esplodere entro l’anno. Non ripetiamo i soliti concetti, è ovvio per tutti che solo una cambiamento radicale delle politiche dell’UE potrebbe scongiurare questa eventualità. La BCE non sarà mai una vera banca centrale (oggi ne abbiamo avuto la certezza), una unione politica tra paesi nemici fra di loro è impensabile. In assenza di questi due presupposti la sopravvivenza dell’euro è pura utopia. Da tempo andiamo dicendo che una uscita ordinata di tutti i paesi membri sarebbe meno traumatica e farebbe meno danni a tutti quanti. Ma proprio perché è la strada più sensata, non sarà certamente percorsa, dal momento che a comandare, come ci ha cortesemente ricordato oggi Mario Draghi, sono i tedeschi, formidabili boriosi autolesionisti. La giornata del 2 agosto ha impresso una ulteriore accelerazione verso la fine, l’ipotesi che Spagna e Italia siano lasciate  in un limbo come la Grecia potrebbe non essere troppo verosimile. Dopo l’accelerazione odierna verso la fine, è possibile un break up dell’Euro entro l’anno. Non date retta ai telegiornali, dicono solo stupidaggini. In Germania, guarda caso, l’uso del marco sta cominciando a riprendere piede, in bar, ristoranti supermercati. L’aspetto più buffo di tutta la faccenda è che è appunto la Germania il peggiore nemico dell’Euro. Pensavamo a complotti americani contro la moneta unica, senza vedere quello che avevamo sotto gli occhi. Abbiamo acconsentito alla riunificazione delle due Germanie, con l’euro se la sono ampiamente ripagata, ma rimangono loro, i tedeschi, i nostri primi nemici, il popolo da cui guardarci da qui all’eternità.
PRECISAZIONE
Non vogliamo gettare per forza la croce su Mario Draghi: non dimentichiamo che il fatto di essere italiano non ha la minima influenza sul suo ruolo istituzionale di presidente della BCE, un organismo europeo. A lui va imputata l'imprudenza di essersi, una decina di giorni fa, lanciato in promesse che sapeva perfettamente di non essere in grado di mantenere. L'Eurozona è fatta di paesi troppo diversi e l'un contro l'altro armati: cosa abbiamo a che fare noi con la Finlandia, cosa condividiamo con un paese scandinavo, diverso per storia, cultura, economia? L'incontro tra Monti ed il premier finlandese è stato esemplare: un gelo perfetto, in sintonia con la latitudine di quel paese. Fino a quando le cose sono andate bene, eravamo tutti felici e contenti di abitare la "casa Europa"; quando sono cominciati i problemi sono paritempo emerse le nostre differenze e diffidenze reciproche. Ognuno pensa a salvare la propria pelle, anche a scapito del paese accanto, che fino a ieri nella melassa retorica dell'unione europea, era considerato come un fretello. L'avere in comune una sola moneta è troppo poco per non fare saltare il banco. L'unione europea vera si costruisce con pazienza, nel corso di molti anni, partendo da una unione fiscale, bancaria, una condivisione del debito e la creazione di una banca centrale che possa stampare moneta ed attuare le politiche monetarie più convenienti. Dopo aver fatto tutto questo si può concepire una divisa comune, l'Euro. Siamo partiti dal fondo, il sistema non può reggersi su fondamenta così fragili. La spaccatura netta tra Europa del Nord e del Sud si fa sempre più profonda: o si pensa ad un euro a due velocità (ma sarebbe di difficile gestione da parte di una sola banca centrale) o si va inevitabilmente incontro alla sua estinzione. I tedeschi, cominciando surrettiziamente a riutilizzare il marco, (dando luogo, di fatto, ad un doppio corso), hanno già fatto il primo passo.