venerdì 20 luglio 2012

VERSO LA FINE.


E’ finita. E’ finita. Mi sembra di avere aspettato da sempre questo momento. Sono mesi se non anni che ci trasciniamo penosamente tra un crollo di borsa, un’impennata dello spread, una pioggia di vendita sui bancari. Da oggi, 20 luglio 2012 comincia il lungo (o breve?) percorso dell’Italia verso il default. Dalle pagine di questo blog  sono mesi che andiamo ripetendo le stesse cose: se si vuole mantenere in vita la moneta unica servono provvedimenti come la mutualizzazione del debito, l’emissione di euro e project bond, la creazione di un super ministro dell’economia, l’attuazione di politiche di bailout e di quantitative easing per le banche maggiormente esposte, l’attuazione di  una autentica unione fiscale e bancaria, ed infine, una unione politica, una confederazione di stati. Grazie alla demente ottusità della Germania nulla di tutto questo è stato fatto. Ora tocca all’Italia. La Spagna ha dichiarato solo ieri bancarotta, da oggi tutti gli attacchi della speculazione e degli investitori saranno rivolti all’Italia. Lo spread non si scosterà più dai 500 punti, è destinato anzi ad aumentare, la borsa di Piazza Affari collezionerà un crollo dopo l’altro, le banche patiranno una continua emorragia di liquidità, fino al fallimento di una dopo l’altra. Nei fondi di stabilità sono rimasti, dopo gli aiuti alla Spagna si e no 150 euro, per salvare l’Italia ce ne vorrebbero almeno 1.000. Considerando che non esiste denaro al mondo per salvarci, si prefigurano due scenari possibili: l’Italia va in bancarotta, non potendo pagare contemporaneamente stipendi, pensioni ed interessi sui titoli di stato, non potendo essere aiutata esce dall’euro in modo traumatico, scompostamente, nella costrizione di ristrutturare il debito coinvolgendo i soggetti privati: banche e cittadini. Chiunque abbia investito in azioni , obbligazioni e quant’altro sarà coinvolto in un haircut, un taglio dei propri investimenti. Ma un uscita dall’euro dell’Italia non sarebbe senza conseguenze: l’euro andrebbe in break up, collasserebbe, in modo cruento, causando danni irreparabili a tutte le economie dell’eurozona, e del mondo intero. Oppure, arrivando alla elementare conclusione che dopo l’Italia sarebbe il turno della Francia, poi del Belgio, poi dell’Olanda e così via fino alla Germania, le nazioni dell’eurozona, prendendo atto che l’esperienza dell’euro è stata un fallimento, decidono di farlo estinguere, uscendone tutti, ordinatamente. In questo caso ci faremmo tutti molto meno male. Intanto perché non ci sarebbe la prima delle conseguenze nefaste di un ritorno alla valuta nazionale: la fuga dei capitali in euro all’estero. Sarebbe la cosa migliore da fare, ma conoscendo le teste di legno dei tedeschi, possiamo stare certi che questa soluzione, che ci consentirebbe un default selettivo e pilotato, non si verificherà. E allora falliremo, con tutte le conseguenze del caso. Instabilità sociale, tumulti sommosse, arretramenti a catena fino alla miseria, alla povertà, quella vera. Un nuovo Medioevo, cencioso e randagio. Non sappiamo se cominceranno a fallire prima le banche o prima il Tesoro dello stato: sappiamo per certo che la nuovo manovra (la quarta, la quinta, ho perso il conto) di Mario Monti servirà solo ad accelerare la bancarotta. Quello che sappiamo è che Monti, in un ultimo, estremo quanto insulso tentativo di salvataggio ci comminerà l’ennesima manovra lacrime e sangue. Spero che i giovani e i meno giovani di questo paese gli facciano capire che non è il caso. Abbiamo il destino segnato, bisognava agire prima. Bisognava cominciare dalle fondamenta, non dal tetto. Si comincia a dare vita ad una unione fiscale, di bilancio, bancaria, politica e come ultima conseguenza si crea la moneta unica. Noi abbiamo cominciato dal fondo e fare il cammino a ritroso è molto difficile se non impossibile. Non ci servono altre manovre depressive: sono proprio queste manovre che ci hanno portato sull’orlo della bancarotta. Se Monti si dovesse permettere  di licenziare l’ennesima manovra troverà pane per i suoi denti: l’instabilità sociale avrà il suo inizio. Le dichiarazioni del ministro del bilancio spagnolo (“non abbiamo più un euro in cassa”) sono più eloquenti di qualsiasi digressione. I grandi milionari ebrei americani, i Rotschild, Warren Buffet, George Soros, non vedono l’ora di giocare al tiro all’orso con l’Italia. La finanza è completamente svincolata dalla realtà dell’economia. Le stime degli economisti di Confindustria hanno stimato che lo spread reale con i bund tedeschi è di 164 punti. Ne abbiamo 350 di più. Viviamo una tirannide finanziaria, la pirateria finanziaria fa ciò che vuole in un modo privo di limiti e regole. Si rovinano con qualche clic di mouse nazioni intere, famiglie, persone, esseri umani. Questo è il mondo regolato dalla finanza senza regole, in mano ad un pugno di uomini spregevoli senza scrupoli. Pubblico di seguito il bell’articolo di Eugenio Benetazzo dal titolo “E’ arrivata”, alludendo alla depressione economica. Io mi permetto di fare un passo ulteriore: “E’ finita.”
Durante il periodo estivo la mia attività di comunicazione mediatica dal vivo rallenta, complice anche l'interruzione temporale a cui è soggetto il mio tour itinerante in Italia, in compenso invece aumenta vistosamente l'attività di ricerca e studio grazie ad una maggior quantità di tempo disponibile associata ad una maggiore concentrazione professionale. Durante l'estate gran parte del mio tempo è dedicato ad interviste ed incontri professionali con colleghi e con imprenditori italiani ed esteri, con i quali nascono spesso non solo occasioni di confronto, ma anche momenti di approfondimento e proiezione sul futuro che verrà. Su questo fronte sto evidenziando ormai sempre più un allineamento e una simbiosi di pensiero uniforme tra categorie professionali ed imprenditoriali fra di loro variegate. Sta arrivando una depressione economica di portata storica. Questa potrebbe essere la frase con cui riassumere il quadro e la view di tutti, lasciando veramente poco spazio all'interpretazione o all'immaginazione. Spending review, fiscal compact, scudo antispread, austerity, default, downgrade, rating, total tax rate: saranno tutte terminologie riportate nei prossimi libri di storia, non solo economica.

Ricevo centinaia di email ogni settimana di imprenditori italiani che mi chiedono dove scappare con la loro famiglia o dove insediarsi con la loro azienda, preoccupati per il clima che loro stessi percepiscono giorno dopo giorno e stanchi del solito teatrino della politica italiana. Madri disperate in cerca di una risposta sensata e di conforto alla domanda “che cosa conviene che faccia studiare mio figlio”. Un paese come l'Italia non si risolleverà mai più se non si tamponeranno quanto prima queste emorragie di capitali e di imprenditori in fuga. Per citare Pansa, eravamo poveri e torneremo poveri. Ma molto più poveri di quello che immagina ogni italiano medio. Veramente il 2012 darà ragione ai Maya, quasi a dimostrare le tesi delle profezie auto avverantisi. La convergenza di più crisi sistemiche in uno stesso periodo storico fanno precludere al peggio: con la crisi del debito, prima delle famiglie e ora degli stati, adesso arriviamo alla crisi dei consumi in quasi tutta Europa e questo impatta profondamente sulle basi di solidità di paesi ormai troppo grandi per rallentare e pagarne il prezzo.

India e Brasile sentono già il fiato sul collo, per la Cina si parla ormai di hard landing (con implicazioni sociali devastanti), Canada e Australia risentono delle minori esportazioni di materie prime: il cerchio si chiude da solo. Se si ferma l'Europa, dopo tocca agli Usa e dopo via con il domino. Sta arrivando una grande depressione a livello mondiale, solo che stavolta gli organismi sovranazionali con tutta la loro potenza di fuoco poco potranno per risollevare le sorti dell'economia mondiale. La storia si ripete e a distanza di oltre ottant'anni vivremo i peggiori incubi per ognuno di noi. Bankitalia parla di fine della attuale recessione per il 2013. Chi vuole credere a queste proiezioni, si accomodi. Tutti i settori sono in profonda contrazione, dal turismo all'immobiliare, dal credito al consumo alla vendita di automobili: la lettura è semplice, non circola denaro, vi è timore per un peggioramento dello stile di vita, si limitano i consumi e le tasse assorbono troppe risorse per il volano economico complessivo.

Correndo il rischio di essere impopolare, mi sento in sintonia con chi invoca temporaneamente il congelamento della democrazia in questo momento di gravità economica (tanto il tutto sta già avvenendo informalmente): Italia, Spagna, Francia & Company, anche se sono protette sul piano finanziario (per adesso), stanno rischiando tantissimo sul piano sociale. Non sarà la concertazione dei partiti con il nuovo lifting facciale a mutare le sorti ed il futuro per questi paesi. Pensate che tra qualche mese in Italia si inizierà a parlare di Berlusconi 2.0 e Bersani 2.0 ! Come ho già ricordato solo un super ministro economico in Europa, libero di agire su ogni fronte, può realmente coordinare e sviluppare un piano di risanamento e rinascita per tutto il vecchio continente, istituendo le politiche e gli strumenti di difesa nei confronti dei suoi principali competitors odierni. Per l'Italia invece sto aspettando l'uomo dei tagli, il vero uomo dei tagli, colui il quale dichiarerà guerra a quella parte elitaria della popolazione (circa 3,5 milioni) che con i suoi privilegi e poteri sta condannando a una lenta morte per agonia fiscale la restante parte della popolazione.
 Eugenio Benetazzo – eugeniobenetazzo.com


AGGIORNAMENTO


La crisi dell'eurozona si va sempre più aggravando e sempre più lontane sono le soluzioni al problema. La moneta unica, tanto osannata nel 2000, oggi si ritrova a subire una crisi mai vista prima, crisi che porta con se degli errori strutturali di un sistema economico basato sulla forza di poche nazioni " trainanti ", prima tra tutte la Germania, declassata dalla agenzia di rating Moody's a causa delle nuove tensioni provenienti dalla Grecia. Sono proprio queste tensioni che, unite a quelle provenienti dalla Spagna, che rischia le stesse sorti di Atene, hanno spinto Moody's a rivedere la solidità della Germania.
Oggi lo Spread punta a testare i minimi toccati ieri in chiusura ( 516 ), infatti, dopo l'apertura a 502,5 punti lo spread risale a 512. Il premier Monti non nasconde la sua preoccupazione, pur affermando che l'ultima asta dei titoli di stato è andata a buon fine e che questo aumento è solo virtuale. La situazione reale invece è ben diversa, con la Grecia che rischia l'uscita dall'euro entro settembre e la Spagna in profonda crisi, la nostra Italia è, a rigor di logica, la terza nazione destinata a chiedere aiuto all'Europa.
Siamo di fronte all'imminente crollo della solidità della moneta unica, solidità che sarà ulteriormente compromessa se la Grecia uscisse dall'euro, infatti questo evento, molto probabile e già scontato dai mercati, farebbe venir meno il concetto fondamentale dell'irreversibilità, presupposto che ha tenuto in piedi la nostra moneta sin dalla sua nascita. L'uscita della Grecia causerebbe un indebolimento della moneta tale da rendere impossibile il ritorno ad una precaria stabilità e, inevitabilmente, la Spagna e l'Italia seguirebbero le sorti di Atene.
Fonte: trend-on-line