mercoledì 2 febbraio 2011

TUTTA LA VITA IN UN GIORNO


La notte, da queste parti, cade all’improvviso, con un crepuscolo che si tuffa nel mare nel breve volgere di un minuto, con l’ultimo bagliore (l’afterglow degli anglosassoni) che traluce nel raggio verde di Resnais. Dopo di che è buio. Io mi ritrovo a vivere in questo brevissimo spazio temporale, e per il resto non esisto. O meglio, il resto della nottata e la giornata successiva non sono che un dipanarsi di quello che in questo spazio è concentrato come in un buco nero. Ci sono, ma sono altrove, soprattutto dove ho lasciato un amore, un’amicizia, uno scambio anche frettoloso di abbracci e tenerezze. Ma anche dappertutto, in ogni luogo della terra, dei mari, dei corsi d’acqua dolce, nel vento che gira le banderuole e scarmiglia i capelli, negli occhi dei viaggiatori che riempiono la notti su convogli sferraglianti di timidi sorrisi e i giorni assolati di menzogne e sortilegi, nelle piazze dei mercati affollate di profumi e di brusii. La penombra è il mezzo attraverso il quale mi propago, come si propaga la luce nel vuoto: lo spettro dei colori mi appartiene così come il sogno sognato ieri diventa rivelazione di oggi e di domani. E’ un sogno senza trama, fatto solo di luce e colori, dove il non detto conta più delle parole sprecate durante il giorno, e tutto si consolida in un grumo spesso di colore. Ripercorro con la mente le vite che non sono state mie, ma potevano essere mie, e rivedo la tua figura stagliata contro l’aurora di qualche anno fa, rivedo i luoghi che abbiamo visitati, le persone che ci hanno parlato, e i nostri discorsi seduti sotto il pergolato a picco sul mare. Ricordi? Parlavamo di un piatto che tardava ad arrivare, già ebbri del vino rosso rubino, denso e forte. Io ti guardavo cercando di fissare quel momento, che si sarebbe dilatato nella mia memoria, restandovi una volta per sempre, come fissato su di una radiografia. Ma, ancora una volta, tutto quello che mi passa davanti agli occhi, in questo giorno freddo di febbraio, e che pure riesco a decifrare fino al particolare, è così rapido e silenzioso da tramutarsi in un solo colore: è l’indaco degli ibisco, è lo smeraldo delle colline dolci piene di lenzuola, è il magenta incerto degli specchi d’acqua, il viola intenso delle distese immense di ciclamini, è il turchese della porta della nostra camera, che aprimmo insieme e insieme lasciammo aperta. Nello spazio brevissimo di questo mio essere di adesso, che è l’intervallo fra il mio ora e il nostro allora, mi passa davanti agli occhi tutta le vita che ho trascorso e quella che mi resta, ma nella mia memoria non vedo una sequenza, non vedo i volti, le pianure, i viaggi, gli incontri e poi gli addii, riesco solo a distinguere i colori finalmente scomposti come in una lanterna magica. E allora tutta la materia si concentra e si condensa in questi colori, fatti solo di luce rarefatta, che tutto contiene e tutto porta via. In un giorno, questo giorno, ho visto per un momento tutto il mio tempo, ho ancora in bocca il sapore del pane appena sfornato e dell’olio appena versato. Chiudo gli occhi e ti aspetto, aspetto il tuo bacio e la mia carezza, tra le reti dei pescatori e le barche trascinate in secca. 
A Fiorella
Il presente post è liberamente ispirato a "Messaggio nella penombra" di Antonio Tabucchi