sabato 26 febbraio 2011

(Incredibile ma vero) MENO MALE CHE SILVIO C'E'


Ebbene sì, non ci saremmo mai aspettati di formulare le affermazioni che seguiranno, ma, nello stesso tempo, con le doverose turate di naso, cercando assoluzioni presso i nostri lettori, fatte le debite proporzioni e i distinguo di prammatica, ci accingiamo a dichiarare che, allo stato attuale, sic stantibus rebus, l’on. Silvio Berlusconi si è conquistato il diritto-dovere di governare questo sfortunato paese fino al 2013. Vediamo nel dettaglio, onde evitare lo sconcerto di parecchi di voi e l’accusa di cinismo da realpolitik. Il cavaliere non ha fatto nulla per meritarsi questo voto in pagella, questa è la premessa ed il presupposto del ragionamento che seguirà. Non solo non ha fatto nulla, anzi. Continua imperterrito ad infilare una gaffe dopo l’altra, una gag dopo l’altra, una stupidaggine dopo l’altra. Ha miracolosamente ritrovato un inaspettato rigore morale nel condannare le unioni gay e le adozioni da parte dei single (verrebbe da dire “da che pulpito”). Ma è il sottobosco (ormai il termine “mondo”  è fuori questione) politico che lo circonda che ha fatto tutto il resto. E’ pur vero che il Parlamento, da quando il centro destra  ha conquistato la maggioranza è stato svuotato, nella sostanza delle proprie prerogative legislative: si passa da un decreto all’altro, da un voto di fiducia all’altro, venendo a costituire, nei fatti, il sogno che da tempo accarezza Silvio Berlusconi: una repubblica semipresidenziale. E’ il governo a promulgare le leggi, il parlamento diventa un organo consultivo. Vediamo che ne pensa il Prof. Anais, celebre costituzionalista, dalle pagine del “Sole 24 ore”:
Sta di fatto che le nostre istituzioni parrebbero impegnate in una partita a rubamazzo, e che la partita dura da fin troppo tempo. Funziona così: il Parlamento ha smesso di legiferare, sicché legifera il governo per decreto. Ogni decreto viene presentato alla firma del capo dello Stato, che ne controlla i requisiti d'urgenza, la legittimità costituzionale, infine l'omogeneità dei contenuti, dato che una minestra di cavoli e carciofi ci resterebbe sullo stomaco. Dopo di che comincia il lavoro delle Camere, che hanno 60 giorni per convertire il decreto governativo in una legge. E in genere se li prendono tutti, come è avvenuto puntualmente anche in relazione al milleproroghe: 50 giorni soltanto per l'esame in prima lettura del Senato. Le leggi omnibus sono una frode alla Costituzione, perché si rendono oscure ai cittadini e perché confiscano la libertà di voto dei parlamentari, chiamati a pronunziare un sì oppure un no in blocco al momento della votazione conclusiva. Tanto per dire, a noi elettori non potrebbe mai succedere, non almeno da quando la Consulta (sentenza n. 16 del 1978) ha bocciato un referendum radicale contro 97 articoli del codice penale, e lo ha bocciato proprio per proteggere la libertà del nostro voto, per impedire che venga coartato.”
Ora, è di tutta evidenza che un simile premier non ce lo invidia nessuno: ha parzialmente trasformato le articolazioni del Parlamento, ha dichiarato una guerra alla Magistratura, altra istituzione indipendente dello Stato, da lui definita una accolita di “eversivi malati di mente”, è venuto meno all’art. 54 della Costituzione che impone una disciplina dignitosa a chi ricopre cariche pubbliche, insomma ha fatto tutto quello che un presidente de consiglio non dovrebbe fare. Ha stretto amicizie ed alleanze con i peggiori dittatori del mondo, da Putin a Gheddafi, se la suona e se la canta, divertendosi ad ogni conferenza stampa, facendosi le beffe dei suoi detrattori, irridendo la critica e la satira politica, facendo mostra di divertirsi un mondo. E ne ha ben donde. Ha modificato una democrazia in una plutocrazia: non è cosa da poco. E’ di tutta evidenza che l’uomo più ricco del paese, per il solo fatto di controllare i media non doveva e non poteva scendere in politica, il conflitto di interessi non è mai stato risolto, non per sua colpa, ma per l’ignavia e la collusione delle opposizioni. E qui veniamo alle dolenti note. Stante che Berlusconi non ha fatto nulla per non farsi cacciare, a fronteggiarlo scorgiamo un esercito composito e variopinto  in eterno conflitto con se stesso; una armata Brancaleone. Vediamoli uno per uno: l’”Italia dei valori”, con il suo esclusivo puntare alla sconfitta del tiranno, a lungo andare conduce un gioco che mostra la corda. Non ci sono programmi, non ci sono idee se non quella cieca e vana della caduta del dittatore, Di Pietro, ormai ridotto ad una macchietta, farnetica in Parlamento paragonando il nostro sistema al regime di Gheddafi. Non ci sono idee, c’è solo sete di vendetta e distruzione. Il Partito Democratico si dibatte da anni in faide interne e in dispute sul sesso degli angeli: lo strumento delle primarie ha rivelato la sola utilità di mettere a nudo un partito diviso e rissoso, frazionato in correnti l’una contro l’altra amate, sono più assetati del loro stesso sangue che di quello di Berlusconi. Bersani sembra un disco rotto, non ha idee concrete, soprattutto in economia, e le poche idee che trapelano concorrono solamente all’autodistruzione. Le gioie della “società multietnica” non incantano più nessuno, e della “civiltà dell’accoglienza” ne abbiamo le tasche piene. Appiattire lo stato sociale verso il basso per livellare tutto, allo scopo di trattare tutti alla stessa stregua, cittadini ed ospitati, è un’idea, soprattutto di questi tempi, altamente impopolare. Aumentare la pressione fiscale, che da noi è alle stelle, scovare l’evasione fiscale (ma con quali strumenti, visto che con Prodi i livelli di evasione erano sovrapponibili a quelli attuali), insomma tutto fa pensare ad una sinistra senza idee, confusa e scompaginata, che difficilmente potrà conciliare Vendola con Rosy Bindi. Si tratta di un partito velleitario, che, perduti definitivamente i contatti con le sue origini, non è più in grado di produrre una ideologia che andava ripresa là dove si era interrotta quella del Partito Socialista: una vera, reale, pura e semplice socialdemocrazia. Ma Veltroni con il suo “ma anchismo” ha rivelato il vero volto del suo partito, un recipiente senza contenuto, incapace di essere propositivo al di là di un generico antiberlusconismo. L’UDC di Casini è una compagine troppo debole per impensierire il centro destra. Casini merita un certo rispetto, ma la sua proverbiale coerenza non ha pagato, e alla fine, è destinato a raccogliere pochi consensi. L’idea di riesumare una Democrazia Cristiana ormai stracotta in salsa nuova ha il fiato corto: non si resuscitano i morti, anche in politica. Non parliamo dell’API di Rutelli che finirà ancor prima di nascere: una partito che sceglie come leader un famoso bamboccio, simpatico, piacione, ma vago fino all’inconsistenza, non è destinato a fare strada. E infine, eccoci al caso Futuro e Libertà, il caso più emblematico di questo clima da basso impero. Un numero consistente di deputati e senatori fuoriescono dal PDL, nauseati dai comportamenti del premier e dal suo assoluto controllo del partito, che ha messo in ombra la componente di Alleanza Nazionale. Abbiamo tutti, chi più chi meno, salutato con piacere questo sussulto d’orgoglio, questo altissimo senso dello stato, che ha portato alle dimissioni (evento rarissimo in questo disgraziato paese), componenti di commissioni parlamentari, perfino ministri. Però, però…peccato che dopo la mancata “spallata” al governo del 14 dicembre, piano piano, lentamente, impercettibilmente, tra le fila di Futuro e Libertà, il dubbio di aver commesso un gesto troppo impulsivo, da irresponsabili, non tenendo in debito conto il bene comune e le esigenze di un paese in ginocchio, abbia cominciato a serpeggiare, dapprima in sordina, poi apertamente. Le sirene berlusconiane si sono fatte irresistibili, e l’armiamoci e partite è divenuta una parole d’ordine. Così, per nobilissimi motivi, si è costituito il “gruppo dei responsabili”, pronti a salvare la patria da una pericolosa deriva istituzionale. Se non fosse tutto vero si direbbe la sceneggiatura di una rivista di Macario. Questi signori che prima escono da un partito per dare vita ad una formazione antagonista al partito dal quale sono usciti, nel breve volgere di un paio di mesi si sono accorti di aver commesso una imperdonabile leggerezza : abbandonare una poltrona, rinunciare ad una prebenda, lasciare un posto di potere. E così, ad uno ad uno, lentamente, si sono letteralmente “sfilati” dal neonato partito, lasciando, peraltro, il povero Fini in brache di tela. Questi signori hanno tradito due volte, e per questo saranno d’ora in poi disprezzati e trattati come meritano da esponenti di primo piano come Lupi e Cicchitto che, se non altro, non hanno una simile faccia di bronzo. Un traditore rimane un traditore, se tradisce due volte sarà capace di farlo anche una terza. Questo lo sanno bene i notabili del PDL e Berlusconi stesso. Fatto sta che, paradossalmente, adesso è Fini che farebbe bene a dimettersi, dopo aver costituito un partito antagonista al premier che si è gia dissolto, dovrebbe prendere atto della sconfitta umana e politica e non occupare più la terza carica istituzionale. Da tutte queste vicende (come sempre in Italia tragicomiche) emerge un solo vincitore: lui, sempre lui. A questo punto prendiamo tutti atto che Berlusconi ha vinto ancora una volta, a lui il compito di pilotare questo paese fino al 2013. Se consideriamo che accanto a ministri di cui faremmo volentieri a meno come Brunetta e la Brambilla, ve ne sono altri come Tremonti, Frattini, Maroni  e finanche Romani (che sta cominciando a capire qualcosa del suo mandato), tutto sommato ci potrebbe andare peggio. Tremonti gode in Europa e non solo di una certa considerazione, e il suo, in questo drammatico passaggio economico, è il ministero chiave. Affidarlo ad un dilettante allo sbaraglio capace solo di applicare la patrimoniale sarebbe un tragico errore. Siamo così arrivati alla conclusione che Berlusconi, in questo frangente, è il male minore. Non è di grande consolazione, ce ne rendiamo conto, ma è tutto quello che abbiamo: dall’altra parte c’è solo confusione e assenza di idee. Prendiamo atto, allora, della ennesima vittoria del Cavaliere, teniamocelo, dal momento che non abbiamo di meglio, e stiamo pure allo scherzo che lui stesso ha fatto diventare un tormentone: accodiamoci pure, in buon ordine, al bunga bunga.