sabato 5 febbraio 2011

SPIACENTI, MARCHIONNE, SEI ARRIVATO SECONDO

Dobbiamo, nostro malgrado, dare un dispiacere al Dott. Marchionne, che con il cosiddetto “accordo di Mirafiori”, ha creduto di essere un innovatore e di avere introdotto nel nostro sempre più sfortunato paese un nuovo modo di lavorare, di gestire i rapporti con i lavoratori, di fare (o meglio non fare) più contratti collettivi. Caro dott. Marchionne, forse lei non se ne è neppure accorto, ma ha sfiorato il plagio. Molto tempo prima di lei, un signore che ho promesso dalle pagine di questo blog di non nominare più (per il semplice fatto che il suo nome non è neppure degno di menzione) ha applicato i suoi stessi metodi alla Pubblica Amministrazione. Vediamo nel dettaglio le convergenze e le pochissime divergenze tra le due metodologie. Il ministro della Pubblica amministrazione, ispirandosi al modello corporativo del fascismo (come vedremo non ha inventato nulla neppure lui) ha attuato, nel silenzio assordante delle organizzazioni sindacali, un sistema delle relazioni, dell’organizzazione e della disciplina delle sanzioni che nulla hanno da invidiare al modello Fiat. Vediamole punto per punto, con una avvertenza: quando confrontiamo le due modalità di approccio al problema ci riferiamo, ovviamente per omogeneità, al ceto impiegatizio. Non è paragonabile un lavoratore della catena di montaggio ad un impiegato amministrativo. Ricordiamo, peraltro, che il voto della Fiat è risultato favorevole a Marchionne proprio in forza dei voti portati al suo mulino dagli amministrativi.
1)      La restrizione o lo spostamento delle pause. Nella pubblica amministrazione, facciamo l’esempio della scuola, le pause dedicate al pranzo semplicemente non esistono. Non sono previsti, per tale personale, i buoni pasto, quindi ciascuno si ritaglia una pausa come e quando può, magari portandosi da casa un gamellino, dal momento che pagarsi anche il pranzo, con gli stipendi erogati dal MEF, sarebbe davvero troppo oneroso.
2)      La decurtazione dello stipendio nel caso di malattia. Nella Pubblica amministrazione è già operativa tale decurtazione, applicata per i primi dieci giorni dell’evento morboso. Tale decurtazione, è bene precisarlo, è incostituzionale, in quanto un lavoratore non può essere penalizzato a motivo della sua salute. Il presidente Napolitano, quando ha firmato questa castroneria, era probabilmente distratto.
3)      La disciplina delle visite fiscali. E’ più favorevole ai lavoratori del settore privato, in quanto le fasce di reperibilità sono due, di due ore ciascuna. Per i lavoratori pubblici sono sempre due,  ma  di sette ore complessive. Si tratta di un altro provvedimento incostituzionale, data la disparità di trattamento, altra distrazione del Capo dello Stato.
4)      La premialità della produttività. La disciplina della riesumazione del “cottimo” esiste già nella pubblica amministrazione, benché, a rigore, risulta in tal caso di più difficile applicazione rispetto al privato. Un operaio Fiat può essere premiato per avere prodotto in un giorno 50 pezzi oltre la media giornaliera, la misurazione è facile, mentre un impiegato della P.A. è sottoposto al giudizio del dirigente, che valuterà motu proprio, l’eventuale accrescimento della sua produttività. Serpeggia il timore, anche tra le anime più candide, che tale dirigente, non disponendo di criteri oggettivi di  misurazione, utilizzi criteri, per così dire, “personalistici” di valutazione, a seconda che il dipendente in questione sia un amico o un nemico, un uomo o una donna, un parente o un affine ecc.
5)      L’estinzione dei contratti collettivi. Anche in questo caso il ministro in questione ha già previsto tutto. Nella Pubblica amministrazione i contratti nazionali sono stati svuotati di significato, ne rimane la sola impalcatura, dal momento che la parte più significativa degli argomenti oggetto di contrattazione saranno regolati non più dalla concertazione con le OO.SS. ma dal vecchio sistema di leggi e leggine che arrivano sul capo dei dipendenti direttamente dai singoli ministeri. Basterà una semplice circolare a spostare gli assetti normativi, come negli anni cinquanta, anzi  negli anni trenta.
6)      L’istituzione dei sindacati aziendali. Si tratta, in questo caso, non di una innovazione del ministro, ma di una conseguenza dell’estinzione dei contratti. Con la sola eccezione della CGIL, gli altri sindacati (CISL, UIL, UGL ecc.) si sono modificati progressivamente in “sindacati aziendali”, come nella Italia delle Corporazione di Bottai nel ventennio fascista. Sono dei simulacri di sindacato, che in realtà invece di cercare di far la propria parte nella logica di una dialettica che dovrebbe essere ovvia in uno stato di diritto, fanno gli interessi dell’amministrazione, cercando di gettar un po’ di fumo negli occhi dei lavoratori. Anche in questo caso Marchionne è arrivato secondo.
7)      Il sistema delle sanzioni. Il piccolo ministro ha partorito, ancora una volta (ispirandosi a diversi regi decreti e al codice “Rocco”) un sistema sanzionatorio smisurato, articolatissimo, noioso fino alla pedanteria. Sono previste sanzioni disciplinari anche per delle emerite scemenze, in un numero infinito di pagine si parla di come colpire questo o quell’altro, non una riga è dedicata a come contribuire a motivare il dipendente, a come cercare di renderlo orgoglioso (ammesso che ciò sia possibile) di quello che sta facendo. L’unico pensiero dominante è quello di bastonare, di piegare il dipendente con la logica della schiavizzazione non quella dell’appartenenza.

Ora, è ovvio che una persona della statura (è il caso di dirlo) di Marchionne non deve certo ispirarsi ad un ministro berlusconiano che vuole trasformare la Pubblica amministrazione in una corporazione, abbiamo capito tutti che l’attuale politica dell’amministratore della Fiat è solo un passaggio intermedio per cercar di rendere meno dolorosa la definitiva delocalizzazione della Fiat (come di tutte le altre imprese di Federmeccanica, del resto) dall’Italia a paesi più competitivi. Il ministro di cui abbiamo parlato viceversa, sarebbe felice di ispirarsi a Marchionne, affidando la Pubblica amministrazione ai romeni o ai polacchi, pagandoli, magari, 400 euro al mese.
Racconto, in conclusione, un piccolo aneddoto, cercando così di dimostrare che non sono solo parole quelle che ho scritto, ma hanno un considerevole riscontro con la realtà.
In seguito ad un intervento odontoiatrico compiuto da un signore che farebbe bene a cambiare mestiere, mi è esploso un dolore insopportabile ad un molare. La mattina in questione entro nel luogo di lavoro, ma dopo un’ora non riesco più a sopportare il dolore e mi reco al Pronto Soccorso odontoiatrico di un ospedale della mia città, il Galliera. Mi fanno passare come “urgenza”, mi visitano, dopo avermi fatto pagare venti inutilissimi euro, un paio di ragazzi specializzandi, che, pur  non capendo vistosamente nulla, mi propongono di aprire il dente, avvertendomi che, in questo caso, lo dovranno devitalizzare. Ovviamente mi sottraggo al ruolo di cavia, chiedo un certificato che rechi la prognosi di un giorno, dal momento che il dolore non è passato e non posso far intervenire due dilettanti. Mi si dice che non possono rilasciare prognosi me solo la dichiarazione del tempo trascorso presso di loro. Questo perché il ministro in questione ha stabilito l’invio telematico dei certificati medici sia per le strutture pubbliche che per i medici convenzionati con il S.S.N. Non avendo voglia di farmi il certificato, i sanitari del Galliera mi rimandano al medico di famiglia, che però aveva, a quel punto, già svolto l’orario di studio. Cerco di contattarlo ma, trovandosi in giro per la città e non avendo a disposizione un computer , non è in grado di produrre una certificazione medica con la prognosi di un giorno. Risultato: o rientro al lavoro con un dolore accecante, o prendo un feria per motivi di salute (che è una contraddizione in termini).
E’ capitato a me, sembra una sciocchezza, eppure rende l’idea di come, questo signore che ha riportato l’Italia indietro di sessant’anni, rendendo la normativa ancor più ingarbugliata e farraginosa, è un figlio prediletto del berlusconismo. Speriamo tutti che dedichi il resto della sua esistenza a cercare di conseguire il Nobel per l’economia, come lui stesso ha dichiarato. In questo caso, ponti d’oro, e tappeti rossi.