martedì 8 febbraio 2011

APOCALYPSE NOW A MONTECITORIO

Qualcuno, negli ultimi giorni, mi ha domandato quale sistema ritenevo idoneo alla rimozione del presidente del consiglio dall’esercizio della sua carica. Non è una domanda peregrina. La situazione politica italiana è bloccata da almeno un anno (tra lodi Schifani ed Alfano, legittimi impedimenti, processi brevi, riforme della giustizia sempre annunciate e mai approvate, case di Montecarlo, andirivieni di prostitute prezzolate, beneficenze a maggiorate, festini con avvilenti compagni di merende ecc.). La condizione economica dell’Italia, checchè ne dicano giornali e TV è talmente drammatica da rasentare l’emergenza. Non è purtroppo vero che cresciamo dell’1%. E’ vero che non solo il PIL non cresce, ma, udite udite, siamo entrati nella recessione. Questo significa che il segno del PIL non è positivo, ma è sotto lo zero percentuale. Questo non ce lo racconta nessuno, ma basta guardarsi intorno. Le attività commerciali chiudono una dopo l’altra. I pochi che resistono lo fanno perché hanno ancora risorse da spendere per coprire i passivi, non si consuma perché non si guadagna, i risparmi sono vigorosamente intaccati, un numero sempre più crescente di famiglie non riesce più ad onorare il mutuo della prima casa, si moltiplicano le pubblicità dei compraoro, (è di questi giorni una pubblicità che vede come testimonial una discutibile Maria TeresaRuta) attività, questa, che sfiora lo sciacallaggio, le casse integrazione sono terminate e i quarantenni o cinquantenni esclusi dal mondo del lavoro sanno perfettamente che ne sono stati esclusi una volta per tutte, i giovani un lavoro non lo cercano neppure più. E’ il ritratto di un paese allo sbando, alla paralisi, che non prende provvedimenti, non attua nessuna politica di sviluppo (il ministro Romani sembra non avere ancora capito bene quello che sta facendo), lo stesso Tremonti, in altri tempi stimabile, appare sbiadito, inerme, privo di iniziativa. La Lega non toglie l’ossigeno al governo Berlusconi per il solo motivo di conseguire il proprio obiettivo intermedio: il federalismo fiscale, ma con lo sguardo sempre fisso alla sua vera meta: la secessione incruenta. Se consideriamo l’immagine che passa dell’Italia in tutto il mondo, gli sberleffi, le satire, il dileggio quotidiano di cui siamo bersaglio, il quadro si completa. Si meraviglia tutto il mondo occidentale della nostra tolleranza, della nostra acquiescenza nei confronti di un premier che si comporta al di fuori di qualsiasi regola di decoro e dignità. Non è solo sotto accusa l’uomo Berlusconi, ma una popolazione intera che lo lascia al suo posto, con una alta percentuale di italiani che, nel caso di elezioni anticipate, non gli negherebbe il consenso. Tutto questo accade soprattutto perché il conflitto di interessi non è mai stato risolto, complice una sinistra alle corde, priva di finalità e di linea politica, divisa e rissosa, e di un D’Alema complice volontario o meno della non risoluzione di tale conflitto. Un uomo che controlla la maggior parte dei mezzi di comunicazione, che possiede una ricchezza personale smisurata, non può e non deve scendere in politica, per il semplice fatto che sarebbe per lui difficilissimo sfuggire alla tentazione di legiferare a proprio favore, tenendo in scacco un paese intero che mai come oggi ha bisogno di riforme strutturali che non si limitino ai famosi tagli lineari alla spesa. Grazie alla propria ricchezza personale, nonostante la fuoriuscita di Futuro e Libertà dalla compagine governativa, ha potuto reclutare parlamentari sensibili ad argomenti non propriamente politici per rafforzare la propria risicata maggioranza, e tirare a campare fino al 2013. Ora, il sig Berlusconi può sicuramente tirare a campare per un paio d’anni, l’Italia, viceversa, no. Siamo letteralmente sull’orlo di un precipizio, paradossalmente, proprio nel momento storico in cui dal mondo della finanza cominciano ad arrivare i primi, timidi, segnali positivi, è l’economia che ci sta trascinando nel baratro, contagiando, purtroppo, anche il nostro sistema finanziario.
Se fossimo una repubblica presidenziale (e, di fatto, lo siamo diventati) e ci trovassimo in un altro scacchiere, come quello mediorientale, con ogni probabilità ci sarebbero i presupposti per l’esplosione di una guerra civile, tra i sostenitori del governo e coloro che vorrebbero la cacciata del tiranno. Gli elementi non mancano: la paralisi politica dovuta agli affari personali del premier, la considerazione della donna come merce di scambio, l’induzione alla prostituzione, una condotta incompatibile con l’art 54 della Costituzione che obbliga coloro che ricoprono cariche pubbliche all’esercizio delle proprie funzioni con dignità ed onore, il disprezzo per la Magistratura considerata come un’accolita di comunisti incarogniti, la chiusura nel bunker, asserragliato, sempre più solo, deciso a resistere fino all’ultimo. E’ pur vero che tutto questo accade nel quadro di una democrazia, per quanto drogata dalla enorme differenza di mezzi che divide il leader in carica da tutti gli altri partiti, che non hanno lo stesso potere di penetrazione mediatica, e la domanda che  sempre più spesso serpeggia in molti di noi è: fino a che punto è lecito sopportare tutto questo? Un governo che si regge per qualche voto di parlamentari indegni di questo nome, grazie ad una Lega che ha in testa una sola cosa, il federalismo, dopo di che tutto può franare, tutto si può sgretolare, fino a che punto può durare? Non sottovalutiamo la grande responsabilità dei leghisti: sembrano un disco rotto: non fanno che parlare del federalismo come della panacea per tutti i nostri mali, facendo finta di non capire che il federalismo fiscale non serve a nessuno, neppure a Lombardia e Veneto, moltiplicherà solamente i centri di spesa, metterà ancor più le mani nelle tasche dei cittadini, inventandosi le tasse municipali più disparate. Questo abbraccio mortale tra Berlusconi e la Lega produrrà appunto solo questo: una svolta epocale, secondo l’ottuso ministro Tremonti, che non farà altro che continuare ad impoverire un paese già allo stremo.
Insomma, il dubbio che circola sempre più spesso è: che cosa si può fare per far ripartire il paese e porre fine al potere di Berlusconi? Inutile attendere  dimissioni che non verranno mai, occorre pensare a qualcos’altro. Vanno bene le manifestazioni di piazza, ad Arcore, il sussulto d’orgoglio da parte di molte donne, ma tutto questo non basta, non può bastare. Occorre, parafrasando le parole, nel film “Apocalypse now”, del capitano Willard inviato nel cuore di tenebra del Mekong a caccia dell’impazzito Kurtz, “porre fine al suo comando”. Ribadiamo ancora una volta che la nostra, al punto in cui siano arrivati, è una democrazia camuffata, una tirannide allentata, più metaforica che reale, ma, insomma, il senso non cambia. Stiamo scivolando nel fango, giù, sempre più giù, internazionalmente l’Italia non ha più alcun peso specifico, abbiamo una crisi che potrebbe rivelarsi irreversibile, possiamo andare a nuove lezioni, il PDL conserverebbe un numero considerevole di consensi, ma Berlusconi, con i mezzi leciti previsti dal nostro ordinamento, andrebbe rimosso dalle sue funzioni, se non altro per evitare un conflitto istituzionale intollerabile in uno stato di diritto. La parola a questo punto potrebbe passare al Presidente della Repubblica che vede, tra i compiti a lui affidati, quello di garante di una armoniosa convivenza tra le diverse istituzioni delo Stato.