martedì 20 giugno 2017

LA CHIAVICA DELLA CONSIP



L'inchiesta Consip si dipana ormai come un giallo di Agatha Christie dove non si capisce più chi dice la verità e chi mente. Indagati eccellenti, tra cui il braccio destro dell'ex premier Matteo Renzi e ora ministro per lo Sport Luca Lotti, improvviso azzeramento del management Consip, mozioni del Partito democratico che rincorrono affannosamente quelle di Gaetano Quagliariello e di Sinistra italiana e soprattutto l'ombra di un decreto agostano datato 2016, in apparenza con lo scopo di razionalizzare il Corpo forestale e in sostanza tale da modificare, in barba alla Costituzione e al codice di procedura penale, l'obbligo del segreto investigativo nei confronti dei vertici per gli agenti di polizia (provvedimento bocciato all’unanimità dal Csm): sono tutti ingredienti di una storia che potrebbe entrare nel vivo nell'autunno 2017, quando è prevista la fase dibattimentale, che rischia di vedere sul banco dei testimoni esponenti politici eccellenti, tra cui lo stesso Renzi. L'ex premier potrebbe essere ascoltato senza immunità parlamentare, che forse avrebbe avuto se si fosse andati a elezioni anticipate.
PRESUNTE BUGIE E FALSE INFORMAZIONI. Mentre cade il consiglio di amministrazione di Consip su spinta del Tesoro, mentre l'amministratore delegato Luigi Marroni resiste e promette vendette, mentre i bersaniani vogliono pure la testa di Lotti, nel vortice di presunte bugie a finire sotto inchiesta per false informazioni ai pm è stato l'ex presidente della Centrale acquisti della Pubblica amministrazione Luigi Ferrara, che secondo le indagini aveva raccontato di aver saputo dell'inchiesta e delle intercettazioni in corso dal comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette - anche lui indagato per fuga di notizie -: ora Ferrara invece ha ritrattato.
Per questo motivo, per capire chi è il colpevole e chi no, va evidenziata una mossa da parte dei pubblici ministeri romani che non è stata messa in risalto dai quotidiani, ossia la richiesta di giudizio immediato per l'imprenditore napoletano Alfredo Romeo e il dirigente Consip Marco Gasparri. Il sostituto Mario Palazzi e il pm Paolo Ielo l'hanno formulata a fine maggio 2017 e gli avvocati di Romeo hanno chiesto il rito abbreviato: il giudice per le indagini preliminari Gaspare Sturzo deve esprimersi a novembre.
DIFFICILE CHE SIA ACCOLTO L'ABBREVIATO. Difficile che il gip che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare per l'arresto di Romeo per corruzione sull'appalto da 2,4 miliardi di euro possa accogliere l'abbreviato, anche perché le prove a carico di Romeo e Gasparri sono molto solide, dal momento che il secondo ha confermato ai magistrati di aver ricevuto 100 mila euro dal 2012 al 2016 per aggiustare le gare a favore dell'imprenditore napoletano. In sostanza è stata raggiunta l'evidenza della prova.
PARALLELO COI PROTAGONISTI DEL 1993. La richiesta di giudizio immediato ricorda per certi versi la mossa che fece Antonio Di Pietro con Sergio Cusani nell'agosto del 1993, epoca Tangentopoli, filone tangente Enimont da 150 miliardi di vecchie lire. Di Pietro e il pool scelsero questa strada per dipanare la nebbia anche sui processi connessi, tanto che convocato a testimoniare fu pure il leader del Psi Bettino Craxi. Caso vuole che proprio in questi giorni vada in onda la fiction 1993 e il parallelo con Consip è venuto in mente ai tanti protagonisti di questa inchiesta che si muove ormai su quattro filoni differenti.
Il primo riguarda Romeo e Gasparri, accusati di corruzione e con un appalto che è appena stato revocato propio alla Romeo Gestioni. Il secondo filone è quello della fuga di notizie. Luigi Marroni, amministratore delegato di Consip, e Filippo Vannoni, ad di Publiacqua, municipalizzata di Firenze, amico personale del segretario del Pd Renzi, hanno messo a verbale di aver saputo dell’esistenza dell’indagine Consip della procura di Napoli da due alti ufficiali dell’Arma, il comandante generale Del Sette e il capo della Legione Toscana generale Emanuele Saltalamacchia, dal presidente di Consip Ferrara e dall’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio e ministro Lotti.
COINVOLTI PURE TIZIANO RENZI E BOCCHINO. Il terzo filone coinvolge Tiziano Renzi, padre del segretario del Pd, il lobbista fiorentino Carlo Russo, che ha partecipato anche a viaggi istituzionali in Iran, l’ex deputato Italo Bocchino, braccio destro di Romeo, per l’ipotesi di reato di traffico illecito di influenze: avrebbero cioè ricevuto la promessa di danaro in cambio dei buoni uffici presso Consip e l’amministratore delegato Marroni.
Chi mente? Chi dice la verità? L'inchiesta avviata dalla procura di Napoli con il pm Henry John Woodcock è lontana dall’essersi esaurita, come alcuni sperano
Infine il quarto filone contiene il sospetto che le indagini siano state inquinate proprio da chi le ha promosse e sviluppate: il capitano del Nucleo operativo ecologico (Noe) Giampaolo Scafarto è indagato per falso ideologico e documentale e il colonnello e vice del Noe Alessandro Sessa è accusato di depistaggio. Ma su quest'ultimo punto vanno capite ancora diverse cose. Del resto proprio Renzi il giorno in cui venne fuori l'indagine su Sessa "festeggiò" su Facebook la notizia insieme con altri renziani, senza capire che in realtà il vice del Noe era finito nel mirino per aver favorito gli indagati di Consip.
Chi mente? Chi dice la verità? L'inchiesta avviata dalla procura di Napoli con il pm Henry John Woodcock è lontana dall’essersi esaurita, come alcuni sperano. E l'ex premier è coinvolto anche per aver chiesto al padre di dire la verità sulle indagini. Quell'intercettazione pubblicata da il Fatto Quotidiano è parsa agli stessi investigatori come molto strana. Renzi sapeva che il suo babbo era intercettato? Forse lo racconterà ai pm. L'Enimont renziana rischia di spazzare via la Terza Repubblica ancor prima che sia cominciata.
Alessandro Da Rold – Lettera 43