Per salvare la produzione in Italia gli svedesi di Electrolux vogliono che gli stipendi calino da 1.400 a 800 euro al mese. Il costo del lavoro negli stabilimenti del Nord Est deve allinearsi il più possibile a quello di Polonia e Ungheria. Il Sole 24 Ore commenta serafico: "le multinazionali mirano sempre di più al taglio dei costi e all'aumento della produttività" e la colpa è tutta nostra che "non abbiamo fatto le riforme" per offrire migliori "condizioni di costo del lavoro, burocrazia e infrastrutture" (p. 35).
Sarà, ma ci sono altre due notizie che dovrebbero far riflettere: aumentano
i poveri e un italiano su sei vive ormai con meno di 640 euro al mese, mentre
la Bundesbank tedesca vorrebbe imporre una patrimoniale ai cittadini dei paesi
che rischiano il default.
Queste tre notizie, se messe insieme, spiegano molto. Siamo un paese che si
è svenato, si sta svenando e si svenerà sempre di più per restare nella moneta
unica. Abbiamo accettato l'idea tedesca che il debito pubblico sia il male
assoluto e ci siamo incaprettati con il pareggio di bilancio in Costituzione e
il fiscal compact. Non ci possiamo salvare perché non abbiamo sovranità
monetaria, non possiamo applicare dazi, non possiamo fare dumping fiscale, applicare
cioè una fiscalità agevolata a chi
investe nel nostro paese, (anzi, dobbiamo subirlo), non abbiamo più la
struttura industriale per vivere di esportazioni.
Siamo un paese profondamente impoverito, dove milioni di cittadine e
cittadini accetterebbero di corsa quegli 800 euro al mese dell'Electrolux
perché almeno non sono in nero e nei loro stabilimenti non ‘è il rischio di
morire bruciati. Chi vuole un posto di lavoro deve lavorare di più ed essere
pagato meno.
Se vogliamo mantenere una quota di produzione industriale - visto che non
possiamo vivere tutti di turismo e agricoltura se non altro perché abbiamo
devastato mezzo paese - il nostro posto è con Polonia, Ungheria, Bulgaria e
Serbia. E dobbiamo anche rincorrere, nel campionato del dumping sociale. Per
questo oggi bisognerebbe ringraziare i manager di Electrolux: con la loro durezza
ci stanno solo dicendo chi siamo e dove stiamo andando. Loro hanno una politica
industriale. I nostri governi neppure quella.
In effetti, “palle d’acciaio”
Letta, dopo il suo soggiorno messicano, è praticamente sparito dalla
circolazione. La riforma della legge elettorale, assai più importante, come è
evidente per tutti, della desertificazione dell’Italia, sta monopolizzando
l’attenzione del mondo dei politicanti di casa nostra. Il duo Renzi-
Berlusconi, ormai divenuto un’idra a due teste, il “renzusconi” furoreggia in
TV e su internet. Si scambiano cortesie
e pacche sulle spalle come due vecchi amici di bagordi. Il governo è
semiparalizzato o si perde in quisquilie come questa benedetta seconda rata
dell’IMU, mentre la casa prende fuoco. Letta, da par suo, continua a ripetere
come un disco rotto: “la ripresa ci sarà, avremo un PIL a +2%, ma solo nel
2015” (almeno ha spostato in avanti una ripresa del tutto inesistente). E’
talmente sbiadito dall’essere diventato quasi invisibile, a fatica lo salutano
a casa sua. Bisognerebbe andare alle urne e finirla con questa sospensione
della democrazia voluta da Re Giorgio I, che ha prodotto un disastro dopo
l’altro. Ma non sapremmo a chi dare il voto, con una classe politica come la
nostra c’è ben poco da scegliere. Per risollevare le sorti di un paese arrivato
al capolinea greco come il nostro ci vorrebbe un New Deal, ma i nostri
politicanti preferiscono baloccarsi con l’italicum, non conoscendo neppure le
basi dell’economia politica. Se andiamo avanti
di questo passo, la prossima fermata sarà Atene.