Notizia secca: l'India ha annullato
il contratto da oltre 500 milioni di euro stipulato con l'Agusta per l'acquisto
di elicotteri. Motivo? Finmeccanica, che controlla l'industria aeronautica, è
sotto inchiesta in Italia per corruzione. Avrebbe sganciato, secondo l'accusa,
delle stecche a qualche autorità col turbante allo scopo di procacciarsi
l'affarone.
So che cosa pensa il lettore. Lo
pensiamo anche noi: per vendere prodotti all'estero, o ungi le ruote - di
nascosto - oppure non combini niente. Ma la nostra magistratura è rigorosa e
non sente ragione: le tangenti non si pagano neanche se conviene. Dura lex sed
lex.
Non è questo il punto. Nel nostro
Paese non è importante la legge, ma è importantissimo essere capaci di
aggirarla e farla franca. Finmeccanica - si dice- è stata beccata in fallo e la
giustizia non ha potuto fare a meno di mettersi in moto per incastrare chi ha
sgarrato. Il fatto che sgarrino tutti, e in tutto il mondo, non conta.
TERZI E MARO’
L'imperativo dei giudici è
giudicare. Nel caso specifico va a pallino una fornitura vantaggiosa per il
nostro Paese, ma cosa volete che gliene freghi alle toghe. Il loro stipendio è
garantito. Bisogna arrendersi. E rassegnarsi a perdere un pacco di denaro che, in
un momento di crisi quale l'attuale, ci avrebbe fatto comodo.
Qual è il problema? Ci stiamo
arrivando. L'India ce l'ha a morte con noi per via dei due marò che hanno
sparato ad alcuni pescatori in acque internazionali. I nostri militari sono
stati arrestati. Attendono il processo da un paio d'anni, e vedremo come andrà
a finire. Sicuramente male.
Qualcuno parla addirittura di pena
di morte. Facciamo gli scongiuri. Rammentiamo che gli indiani - bontà loro - un
annetto fa concessero ai marò di rimpatriare per le feste natalizie, a un
patto: che essi rientrassero in India al termine della vacanza.
Sennonché l'allora titolare della Camilluccia,
Giulio Terzi di Sant'Agata, decise che la coppia di militari dovesse rimanere
qui, sulla penisola, altro che ripresentarsi davanti a chi desiderava
condannarli. Sembrava fatta. Tanto è vero che il premier Mario Monti,
soddisfatto della soluzione, si fece fotografare accanto ai marò per celebrare
l'avvenimento.
Pochi giorni appresso, contrordine.
Il governo, subite le pressioni non si sa di chi, sconfessò il ministro Terzi,
facendogli fare immeritatamente la figura dell'asino e ordinò ai due povericristi
in divisa di ripartire per l'India. I quali povericristi non si ribellarono e
oggi sono ancora laggiù a rischiare la pelle per un delitto che non hanno
commesso.
Complimenti al governo bocconiano
che, probabilmente, agì in quel modo dissennato per salvare la commessa degli
elicotteri. Crepino i soldati, ma si salvino le palanche destinate ad Agusta. A
volte il cinismo serve alla Patria, ma in questo caso non ha giovato ad alcuno.
Abbiamo infatti ottenuto il risultato peggiore: i marò sono ancora in balia di
un tribunale di cui non ci si può fidare, il ministro Terzi è stato sputtanato
(tanto che si è dimesso) e gli elicotteri sono andati comunque a farsi
benedire. Fallimento totale.
ELICOTTERO AGUSTA WESTLAND
Eppure nessuno pagherà. Nessuno
spiegherà. Nessuno sarà chiamato a rispondere. La politica è specializzata
nelle autoassoluzioni. Finmeccanica era un'azienda florida e non lo è più,
incalzata com'è dalle Procure. I militari nostri compatrioti sono appesi a un
filo e hanno scarse speranze di cavarsela. L'Italia non incasserà un soldo
perché l'affare è andato in fumo. E l'ex ministro degli Esteri è passato per
fesso, pur essendo l'unico col cervello a posto in quell'esecutivo di
professori (o bidelli?).
Che intenzioni hanno Enrico Letta e
la sua banda dei «sifoi»? Al solito non muoveranno un dito coerentemente con la
loro idea di governo: nulla fare, nulla sbagliare. Se le grane non si possono
affrontare, non sono grane. Se non sono grane autentiche, si aggiustano da
sole, altrimenti qualche santo provvederà. Cambiano gli aguzzini, ma le vittime
sono sempre le stesse: noi.
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