martedì 4 febbraio 2014

LA DURA LEZIONE DELL'UNIONE EUROPEA



I "legami tra politici, criminalità organizzata e imprese", e lo "scarso livello di integrità dei titolari di cariche elettive e di governo" sono tra gli aspetti della corruzione in Italia, che più preoccupano Bruxelles, secondo quanto rivela il primo report della Commissione sul fenomeno, presentato da Cecilia Malmstrom.
Per far fronte al fenomeno che secondo la Corte dei Conti italiana vale 60mld, pari al 4% del Pil nazionale, l'Ue suggerisce di rafforzare la legge anticorruzione, che così com'è "lascia varie questioni irrisolte", come prescrizione, autoriciclaggio, falso in bilancio, e voto di scambio; e di smettere di adottare "leggi ad personam", come quelle che in passato hanno ostacolato l'efficacia dei processi (dal legittimo impedimento alla depenalizzazione del falso in bilancio, dal Lodo Alfano alla ex Cirielli). Si raccomanda inoltre di mettere mano al conflitto d'interesse, garantendo un sistema uniforme, indipendente e sistematico di verifica, con relative sanzioni deterrenti.
E di rafforzare il quadro giuridico e attuativo sul finanziamento ai partiti, soprattutto per donazioni e consolidamento dei conti. Bruxelles rileva come "negli ultimi anni sono state portate all'attenzione del pubblico numerose indagini per presunti casi di corruzione, finanziamento illecito ai partiti e rimborsi elettorali indebiti, che hanno visto coinvolte personalità politiche di spicco e titolari di cariche elettive a livello regionale".
Scandali che hanno portato a dimissioni, anche di leader e di alte cariche di partito, a elezioni regionali anticipate in un caso, ed hanno spinto il governo a sciogliere alcuni consigli comunali per presunte infiltrazioni mafiose.
E se all'Ue piace la norma sull'incandidabilità ed il divieto di ricoprire cariche elettive o di governo dopo condanne definitive (applicata "nel caso della decadenza da senatore di un ex premier" anche qui si richiama Berlusconi senza farne il nome), non promuove le disposizioni sulla corruzione nel settore privato e sulla tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, e raccomanda di potenziare l'Autorità anticorruzione.
"L'Ue - afferma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi - riconosce passi avanti significativi dell'Italia. Diverse misure chiese dall'Europa, a partire da quelle sulla trasparenza delle dichiarazioni redditi, sono già in vigore". (ANSA – 4 febbraio 2014)

E’ una sanzione che ha il sapore di una beffa quella che potrebbe risolvere il pasticcio tributario di Angiola Armellini. La donna ha nascosto per anni di essere proprietaria di 1243 immobili di lusso evadendo il fisco per oltre 2 miliardi di euro, ma l’accusa della procura di Roma potrebbe risolversi con una sanzione irrisoria al confronto della gravità dell’evasione.
Il pm della Procura di Roma, Paolo Ielo ha accusato la donna per associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale, i tempi processuali saranno lunghi e se le cose dovessero andar male la signora si troverebbe condannata a pagare sei milioni di euro, dieci se la causa finisse in un vero disastro. Se avesse agito con onestà, avrebbe pagato 2 miliardi di euro, quindi in ogni caso Angiola Armellini ci ha guadagnato un bel po’ di soldi evadendo il fisco, facendo capire che la sanzione che paga è una vera e propria presa in giro nei confronti dei contribuenti onesti che le tasse le pagano con puntualità. (Investireoggi – 4 febbraio 2014)

Ecco perché in Italia non è possibile non dico abolire, ma almeno contrastare il fenomeno della corruzione. Noi siamo il paese delle tangenti, delle bustarelle, del “dì che ti mando io”, delle raccomandazioni in luogo di regolari concorsi, del “do ut des”, io faccio un favore a te e tu mi vieni incontro…, dei boiardi di stato che guadagnano centinaia di migliaia di euro l’anno e ottengono buonuscite milionarie (non come i comuni mortali che devono attendere almeno un anno per percepire la sospirata liquidazione), del “cà nisciuno è fesso”, io cerco di fare fesso te prima che tu faccia  lo stesso con me, dell’attribuzioni di incarichi in cambio di favori sessuali, dei bilanci truccati, tanto il reato è stato depenalizzato dal “banana”, della strizzatina d’occhi e della gomitata d’intesa, dei sotterfugi, dei trucchetti, delle trappole e dei trabocchetti. Siamo uno dei paesi più corrotti al mondo in senso assoluto, compresi i paesi africani, dai quali ci distingue il solo colore della pelle. Nel nostro DNA è scolpito da sempre il germe della corruzione: siamo stati noi, dopo i cinesi, ad inventare mafia, ‘ndrangheta e camorra, l’abbiamo esportata con notevole successo anche negli Stati Uniti, tangentopoli ha solo scalfito un sistema che è connaturato, innato nelle istituzioni stesse di questa nazione. Che poi nazione non è, dal momento che le nazioni vere, come la Francia, il Regno Unito, l’Olanda e tutta la Scandinavia, sono riuscite ad arginare il fenomeno e a renderlo del tutto sporadico. Ma loro sono nazioni vere, con una storia di coscienza collettiva alle spalle, i cittadini di questi stati hanno un formidabile senso di identità e di appartenenza allo stesso popolo, alla stessa stirpe, per loro lo Stato è qualcosa di sacrosanto, da difendere e rispettare, perché parte integrante del consorzio civile. Da noi lo stato è vessatore e persecutore: affligge i propri sudditi con continue, reiterate molestie fiscali, tratta i suoi cittadini da sudditi, punisce il rubagalline e manda assolto il grande evasore. Se è vero che lo Stato siamo noi, allora quello cui assistiamo non è un gran bello spettacolo: una burocrazia macilenta e farraginosa, spesso contraddittoria, fatta di una giungla inestricabile di codici, titoli, paragrafi, commi e cavilli, che schiaccia il contribuente con crudeltà assassina (pensiamo ai tanti imprenditori suicidi), che inserisce il cittadino nel tritacarne dell’eccezione della regola, dell’ “a norma di regolamento”, sempre forte con i deboli e debole con i forti, inflessibile con i cittadini onesti che hanno tentato la sorte aprendo una partita IVA, lentissima ed indulgente con i ladri in grande stile ed i ricchi grassatori. Non è lo Stato che non merita rispetto o considerazione, siamo noi che, essendo italiani, non riusciamo a produrre una classe politica in grado di fare le riforme per progredire e restare in Europa, o semplicemente per amministrare la cosa pubblica senza intascare milioni in tangenti. I politicanti di casa nostra sono il nostro alter ego, ci guardiamo allo specchio. Se sono mediocri ed impreparati, inetti ed inefficienti è perché noi ci meritiamo simili pagliacci da circo. Senza il minimo senso del pudore, sfidando una realtà che la UE ci ha letteralmente sbattuto in faccia, il sottosegretario Patroni Griffi (che si tratti dell’autore di cabaret?) ha dichiarato che “sulla corruzione sono stati compiuti notevoli passi in avanti”. Notevoli passi in avanti, o dove?  Ma stava parlando della Germania o dell’Italia? Ma dove vogliamo andare con simili personaggi al governo? Che cosa possiamo aspettarci da figure che scivolano nella comicità involontaria? Rassegniamoci alla corruzione, non diventeremo mai la Norvegia, teniamoci questi politicanti che non saprebbero amministrare neppure un condominio e teniamo ben presente l’unica realtà che emerge prepotentemente: in questo paese bisogna essere ricchi: solo i ricchi possono compiere rapine in grande stile, grandiose, colossali rapine alla collettività: resteranno impuniti. Il ladro del supermercato (accade tutti i giorni in Italia) viene condannato a 9 mesi di reclusione e il pagamento delle spese processuali: aveva rubato una tavoletta di cioccolato.