C'è un sottile filo
rosso che sembra collegare avvenimenti non altrimenti correlabili, la
catena di suicidi di imprenditori, l'attentato al dirigente
dell'Ansaldo Energia, le prime manifestazioni violente davanti a sedi
di Equitalia, l'ordigno esploso davanti alla scuola di Brindisi,
persino il terremoto emiliano. Non ci sono dei nessi precisi tra un
evento e l'altro, tuttavia, lo sentiamo epidermicamente, qualcosa si
sta muovendo, non sappiamo bene ancora in quale direzione, ma
avvertiamo che qualcosa di muto, scuro, orribile si sta spostando da
noi o contro di noi. E' quel lato oscuro di tutte le cose, l'altra
faccia della medaglia, il malessere che tutti ci percorre, i demoni
che si agitano nel nostro inconscio, l'aggressività per troppo tempo
repressa, la pulsione di morte e annientamento che si annida in
ognuno di noi, in un angolo nascosto. I Maya non c'entrano, la
contrazione economica mondiale, viceversa, c'entra eccome. Sapevamo
tutti che prima o poi, la recessione, i licenziamenti, la chiusura
delle fabbriche, l'erosione dei risparmi delle famiglie, l'accesso
precluso ai mutui, la cattiva politica, avrebbero prodotto delle
conseguenze anche sociali, avrebbero causato dei riflessi psicologici
in ognuno di noi. Sono passati quasi cinque anni dall'inizio della
crisi, cinque lunghi anni, e non solo non è cambiato niente, stiamo
anzi entrando nella parte peggiore, quella più acuta, di questa
contrazione mondiale che non potrà che durare diversi decenni. Non
parliamo dei non pochi stra ricchi che della crisi se ne fregano e
continuano a veleggiare sui loro panfili, ma della maggioranza della
popolazione che, ciascuno a suo modo, sulla base della sua vita
precedente, si trova ad affrontare un quadro del tutto inusitato per
il nostro mondo, mai conosciuto dal dopoguerra a questa parte: lo
spettro della miseria. Miseria in senso anche lato, povertà di
mezzi, scarso accesso al credito, rinuncia quotidiana a cose ritenute
sino a ieri normali, l'essere soggetto ad un costante bombardamento
mediatico fatto ormai solo di notizie negative, siano esse di borsa
come di cronaca. Ecco, uno degli aspetti che deprime l'umore, oltre
che i consumi, e uno dei tratti distintivi di questi aridi e incapaci
tecnici che ci governano, la totale assoluta, assenza di speranza. Fa
parte dell'arte politica (del tutto sconosciuta ai nostri politicanti
di mestiere, lanzichenecchi che si venderebbero per trenta denari) la
tecnica della comunicazione, l'arte del mediare e colloquiare con gli
elettori. Un buon politico è colui che non solo sa amministrare la
cosa pubblica, ma sa anche infondere speranza, non illusioni, traccia
un piano, un programma allo scopo di raggiungere un obiettivo, una
meta prefissata. Solo in questo modo l'opinione pubblica accetta
sacrifici e privazioni: solo quando ha la sensazione di marciare
verso qualcosa, di camminare nella direzione indicata dal premier di
turno che porterà ad un miglioramento, ad una crescita, ad una
condizione migliore. Quello che i tecnici non sanno e non possono
fare è anche questo. Si ha la sensazione di essere soli tra migliaia
di persone, di girare a vuoto, senza meta e senza rotta, di procedere
da una manovra finanziaria e l'altra, perchè l'obiettivo, anche se
sottaciuto, non è lo sviluppo economico e lo sgravio fiscale, ma il
pareggio di bilancio, una chimera irragiungibile, che Monti,
appartenente alla stessa scuola della Merkel, intende perseguire. E
questo è uno dei fondamentali errori di questo governo. Non ci si
può trascinare da una manovra all'altra, sempre più immiseriti,
sempre più poveri, sempre più scontenti. L'inserimento in
Costituzione del pareggio di bilancio è stata la più colossale
sciocchezza che questo sciagurato governo ha commesso. Non si mette
in Costituzione un'illusione. Non raggiungeremo mai il pareggio,
perchè se il denominatore del rapporto debito pubblico/PIL rimane
negativo, possiamo fare non una ma venti manovre, il saldo resterà
negativo. La crisi si riverbera in ognuno di noi, dicevamo, in
maniera diversa, a seconda della nostra natura, dei nostri trascorsi
emotivi. C'è chi reagisce con rabbia, aumentando gli sforzi per
tirarsi fuori dal pantano e restare a galla, c'è chi si chiude, si
ripiega su se stesso, deprimendo sé e la sua famiglia, c'è chi
manifesta la violenza latente che alberga in ognuno di noi. I
conflitti armati, lo abbiamo ripetuto più volte, si sono trasferiti
sul piano dell'economia e della finanza, e l'Italia raramente è
uscita vittoriosa da qualche conflitto. Ancora una volta, come una
nemesi storica, la Germania ci sta trascinando in questo bagno di
sangue, macellando prima la Grecia, cercando adesso di fare la stesa
cosa con Portogallo , Spagna e Italia. I tedeschi hanno sempre
perduto i conflitti che hanno scatenato, ma prima della sconfitta
hanno lasciato parecchie vittime lungo la strada. In definitiva, come
largamente preannunciato, siamo entrati a pieno titolo in quella che
si definisce “instabilità sociale”, che fino a che si manifesta
con qualche sporadico attentato, con qualche azione isolata o qualche
colpo di testa è ancora controllabile, quando, se le cose dovessero
peggiorare e dovessimo andare incontro ad una “ellennizzazione”
potrebbe sfociare in aperti moti rivoluzionari, in guerra civile, qualsiasi forma di controllo risulterebbe assai difficile.
La crisi ha un padre
remoto ed uno più vicino a noi. Quello remoto è la finanza creativa
degli USA, che concedevano allegramente mutui a messicani che non
avevano un soldo, quello più vicino a noi è costituito dal ministro
dell'economia tedesco Schaeuble e la cancelliera Merkel. Questa è la
terza guerra mondiale che stanno perdendo, trascinando con sé tutta
l'Europa. Ci auguriamo ardentemente che la sua posizione diventi
minoritaria ed il suo ruolo di dirigente di fatto dell'Unione Europea
volga al termine, ma intanto ci siamo rassegnati allo spostamento a
Berlino della capitale d'Europa. L'immobilismo della Germania, il suo
ostinato dire di no a qualsiasi proposta che non contenga la
disciplina di bilancio, l'ossessivo richiamo al rigore e
all'austerità hanno portato i paesi economicamente più deboli
sull'orlo della depressione economica. Ci vuole slancio, un “new
deal”, un “piano Marshall”, serve uno spirito diverso, rivolto
tutto alla sviluppo economico e alla creazione di nuovi posti di
lavoro, uno spirito fatto di interventi pubblici nell'economia, di
nazionalizzazioni se necessario, insomma, l'opposto di quello che sta
facendo la cricca di Berlino. Il nostro Monti, per quello che può
contare, con i suoi 2.000 miliardi debito pubblico sulle spalle, non
sembra aver assunto una posizione netta. Niente di più sbagliato in
frangenti come questo. La terza economia dell'Europa deve assumere
una posizione decisa, senza se e senza ma. Basta col rigore fino a se
stesso, basta con i fiscal compact e le letterine da Berlino. O si
emettono eurobond, spalmando il debito su tutti i paesi europei, o si
stampa moneta a costo di veder accrescere l'inflazione, oppure,
signori cari, vi piaccia o meno, l'Italia esce dall'euro. Al solo
sventolio di una simile minaccia, la Merkel e il suo ministro
farebbero un passo indietro. Loro sanno bene quello che hanno
guadagnato con l'Euro, e sanno altrettanto bene che con il loro marco
non andrebbero lontano. L'uscita del nostro paese dall'euro
comporterebbe l'immediata esplosione della moneta unica che
cesserebbe di esistere. Monti deve abbandonare il suo maledetto
aplomb e la sua parlata soporifera: deve battere i pugni sul tavolo,
se non è capace di farlo, se ne torni alla sua amata bocconi. Ci
troviamo in un passaggio molto delicato, tutti sappiamo bene che non
si arriverà mai agli stati uniti d'Europa, ma dobbiamo adottare, se
non altro, strategie comuni volte alla crescita, non al rigore.
La violenza può prendere
molte forme, può restare dentro di noi, e allora ci distrugge piano
piano, può restare nello stretto ambito familiare, e allora diventa
il carnefice della famiglia, qualche volta esonda i confini dei
propri cari e sfocia in ribellione aperta. Allora tutto è possibile.
Come abbiamo visto i conflitti si sono spostati dal piano della
guerra guerreggiata, all'economia e ai mercati. Ci siamo dati un
fisco che, con il nobile intento di snidare l'evasione fiscale, è
diventato cieco, invasivo ed opprimente. Non contro i veri grandi
evasori, nei confronti dei quali ci si guarda bene dal fare una patrimoniale, ma nei confronti del bersaglio più facile, più a
portata di mano. La tedesca “Bosch” aveva una pendenza con
l'Agenzia delle entrate di circa un milione di euro. Ha patteggiato
ed ha ottenuto di pagarne solo trecentomila. E gli altri
settecentomila? Andati in cavalleria. Con la Bosch si usa il guanto
di velluto, con il contribuente italiano si pignora e si sequestra.
Non ci lamentiamo se il cittadino sull'orlo del fallimento, invece di
suicidarsi si scaglia contro l'Agenzia delle entrate, forte con i
deboli e debole con i forti.
Ci stiamo avviando verso
una stagione difficile, di forti tensioni e conflittualità sociale.
Abbiamo visto chi sono i maggiori responsabili di questo stato di
cose e quello che devono fare. Se non lo faranno, ci dobbiamo
abituare a sentire, ogni tanto, poi sempre più spesso, degli spari
sulla strada. Ciascuno di noi ha una carica di violenza che reprime
perchè inquadrato e cresciuto in un consorzio civile, in una
collettività organizzata, ma nelle congiunture emergenziali, nelle
fasi più acute di una crisi, i confini delle convenzioni sociali si
allentano fino a spezzarsi. E allora la violenza che è presente in
ciascuno di noi ha libero corso, può individuare un bersaglio
purchessia, scelto magari a casaccio, e liberarsi verso questo
obiettivo, raggiungendo il duplice scopo di colpire un innocente e
distruggere la propria esistenza. Ci riflettano i Soloni che sono al
governo, nelle segrete stanze, che ad ogni loro azione corrisponde
una reazione eguale e contraria.