venerdì 4 maggio 2012

QUEL POMERIGGIO DI UN GIORNO DA CANI


E' chiuso nel carcere di Bergamo Luigi Martinelli, l'imprenditore di 54 anni che ieri, armato, ha preso in ostaggio clienti e dipendenti dell'Agenzia delle Entrate di Romano di Lombardia (Bergamo) e si è arreso solo dopo sei ore, un intero pomeriggio. Ha passato la notte nella caserma dei carabinieri e poi è stato condotto al carcere dove dovrà svolgersi l'interrogatorio di garanzia.
E' ovvio che non solo casi come questo sono destinati a ripetersi, ma che si tratta di un primo campanello di allarme che dovrebbe muovere tutti noi ad una attenta riflessione. Le politiche suicide della Merkel e di Sarkozy ci hanno condotto, a livello europeo, ad un passo dal baratro. Monti deve chiudere in fretta il capitolo dei tagli alla spesa pubblica (cd. “spending review”) e procedere speditamente a politiche di investimenti pubblici per creare nuova occupazione. Le banche devono essere in grado di poter tornare a fare le banche e non strangolare i clienti, risparmiatori e imprese, con la stretta creditizia. Occorre però aggiungere, a questo riguardo, che gli istituti di credito sono giornalmente colpiti da formidabili ribassi nelle principali borse europee. La pioggia di vendite cui sono oggetto mette costantemente a rischio la loro patrimonializzazione e il livello di funding. Non è possibile, di conseguenza, scaricare ogni colpa sui gruppi bancari. Il gesto di Luigi Martinelli ci racconta di una Italia alla disperazione, il numero dei suicidi dovuti ad altrettanti fallimenti di impresa ci fa intravvedere uno scenario di conflittualità sociale cui siamo alle porte, e che, considerando che la forchetta tra classe ricca e classe media (che si sta livellando sulla povertà), è sempre più larga, si aprono scenari di aperta rivolta sociale. Non ci resta molto tempo. Tra non molto, terminati gli ultimi risparmi, qualcuno comincerà ad imbracciare il fucile e a sparare, senza sapere neppure bene a chi indirizzare le proprie munizioni. Il “pomeriggio di un giorno da cani” vissuto dal Sig. Martinelli non è che il preludio a quello che verrà.

Per l'ennesima volta, a costo di diventare noiosi, ci ritroviamo a parlare di crisi e di come uscirne. Tutti noi, anche i meno esperti in economia e finanza hanno la netta sensazione di un girare a vuoto, di essere entrati in un circolo vizioso senza uscita, di un continuare a stare a galla avendo perduto la barra del timone e andando alla deriva. Le cose stanno, più o meno così. Siamo entrati non in un tunnel, ma, per le politiche restrittive di fiscal compact della Germania, in un cul de sac che non prevede uscite. Non possiamo, unilateralmente, cambiare politiche monetarie, uscire dall'austerità, dotarci di una vera banca centrale. Vorremmo farlo, ma i trattati europei ci vincolano a non farlo. Solo un cambio di rotta dei governi francese e tedesco potrebbe modificare l'attuale, fallimentare assetto. L'auspicabile vittoria di Hollande in Francia e di una sonora sconfitta della Merkel in Germania potrebbero preludere ad un cambio di direzione delle politiche economiche europee. Ogni studente del primo anno di economia sa perfettamente che i provvedimenti di inasprimento della pressione fiscale, di tagli alla spesa pubblica, di rigore e sacrifico finalizzati ad un impossibile pareggio di bilancio sono controproducenti, generano solo recessione e depressione. Se l'Unione europea seguita su questa politica dettata dalla sola Germania perchè è la sola nazione a trarne profitto, scivolerà lentamente nella depressione economica (un PIL negativo senza limiti di tempo), tornerà comunque alle valute nazionali con tutti i riflessi catastrofici del caso. Le politiche restrittive hanno questo di bello: non possono andare avanti all'infinito. Si arriva ad un punto di rottura che rappresenta anche un punto di non ritorno, rispetto al quale i governi stessi non possono più fare nulla per  riemergere: è la bancarotta, il default. Ci si avvita sul debito pubblico sino allo strangolamento, dovendo pagare interessi sempre maggiori ai propri creditori, si arriva al punto che il tesoro dello stato non è più in grado di pagare stipendi e pensioni: o queste ultime o le cedole ai creditori che detengono i titoli di quello stato. Che cosa si può fare? Prima di tutto devono uscire di scena la Merkel e Sarkozy (e probabilmente, spiace dirlo, anche Monti) ed essere guidati da nuovi soggetti politici che trasformino la BCE in una vera banca centrale. Cosa fa un Banca Centrale? Può stampare moneta, iniettare liquidità, il quantitative easing necessario soprattutto alle banche, collassate dalle vendite continue in borsa e dai titoli tossici che hanno nei caveau. Diventare prestatore di ultima istanza, garante supremo che risponde per tutti i paesi membri, nessuno escluso, può attuare, di concerto con i singoli gruppi bancari, il deleveraging necessario per contrastare il credit crunch di cui siamo vittime, privati e imprese. Tutti ci siamo resi conto che non circola denaro, i capitali sono fermi, le stesse operazioni di LTRO (che assomigliano vagamente al QE) non hanno contribuito a movimentare denaro, perchè le banche, stremate da una sempre più scarsa patrimonializzazione, preferiscono depositare i quattrini ricevuti ad un tasso agevolato presso la BCE stessa. Ai governi nazionali spetterebbe il compito di attivare politiche vere di sviluppo economico, procedendo anzitutto a politiche di investimenti pubblici, nelle infrastrutture, nei servizi, nella valorizzazione del proprio patrimonio storico artistico. Più che privatizzare, è l'ora di nazionalizzare. Occorre istituire un unico Ministero dell'economia e delle finanze europeo, che regolamenti i mercati almeno per quanto è possibile fare: limitando al massimo i futures speculativi, le vendite allo scoperto, regolamentando i fondi hedge, introducendo la ben nota Tobin Tax,  cercando, nei limiti del possibile, di disintossicarsi da prodotti strutturati come derivati e cartolarizzazioni. Dalla riunione dell'Ecofin non è uscita una, una sola posizione univoca. E' un quadro desolante. Siamo divisi su tutto, si fanno vertici e summit a livello europeo non accordandosi su nulla, e continuando a navigare a vista, sperando che un bel giorno tutto questo finisca. Sembra incredibile che la classe politica europea sia così miope da non comprendere che continuando a vivacchiare, a galleggiare come stiamo facendo da mesi e da anni la nostra sorte, prima o poi, è segnata. Ci saranno paesi che ne usciranno maciullati, come la Grecia, altri che subiranno danni inferiori, ma dall'implosione dell'euro, ne usciremo tutti, nessuno escluso, malconci. Se Sarkozy dovesse prevalere, e soprattutto se la Merkel o il suo partito dovessero ottenere una nuova vittoria nel 2013, possiamo dirci perduti. Nessuno sarà più in grado di salvarci dalla catastrofe costituita dall'estinzione dell'Euro, e dal conseguente fallimento di uno stato dopo l'altro. Se le cose dovessero disgraziatamente andare così, l'unica soluzione percorribile per l'Italia sarebbe una uscita anticipata dall'euro, che gli altri siano o meno d'accordo. Ricordiamoci sempre che il primo ad uscire sarà anche quello che patirà i danni minori.