lunedì 28 maggio 2012

CRONACA DI UN SUICIDIO ANNUNCIATO


«Per due volte, nel XX secolo, la Germania con mezzi militari ha distrutto se stessa e l’ordine europeo. Poi ha convinto l’Occidente di averne tratto le giuste lezioni: solo abbracciando pienamente l’integrazione d’Europa, abbiamo conquistato il consenso alla nostra riunificazione. Sarebbe una tragica ironia se la Germania unita, con mezzi pacifici e le migliori intenzioni, causasse la distruzione dell’ordine europeo una terza volta. Eppure il rischio è proprio questo». Corriere della sera

Sono parole pronunciate dall’ex ministro degli esteri tedesco, Joschka Fischer il quale sceglie parole pesanti come pietre per lanciare un allarme fatto di passione e ragione…
«Mi preoccupa – spiega Fischer – che l’attuale strategia chiaramente non funziona. Va contro la democrazia, come dimostrano i risultati delle elezioni in Grecia, in Francia e anche in Italia. E va contro la realtà: lo sappiamo sin dalla crisi del 1929, dalle politiche deflattive di Herbert Hoover in America e del cancelliere Heinrich Brüning nella Germania di Weimar, che l’austerità in una fase di crisi finanziaria porta solo a una depressione. Sfortunatamente, sembra che i primi a dimenticarlo siamo proprio noi tedeschi. Certo l’economia della Germania è in crescita, ma ciò può cambiare rapidamente, anzi sta già cambiando». L’ex vice-cancelliere del governo rosso-verde invita a non farsi alcuna illusione: l’Europa è oggi sull’orlo di un abisso. «O l’euro cade, torna la renazionalizzazione e l’Unione Europea si disintegra, il che porterebbe a una drammatica crisi economica globale, qualcosa che la nostra generazione non mai vissuto. Oppure gli europei vanno avanti verso l’Unione fiscale e l’Unione politica nell’Eurogruppo. I governi e i popoli degli Stati membri non possono più sopportare il peso dell’austerità senza crescita. E non abbiamo più molto tempo, parlo di settimane, forse di pochi mesi».

Ma non è finita ascoltate cosa ci racconta Fitoussi … «Non c’è da sorprendersi: così come è strutturata oggi, l’Europa è destinata alla paralisi», ha spiegato a Lettera43.it Jean-Paul Fitoussi, economista e docente all’Istituto di studi politici di Parigi e dell’Università Luiss di Roma, nonché membro del consiglio d’analisi economica del governo francese. «Il Trattato di Lisbona prevede che le decisioni siano prese all’unanimità: impossibile. Il risultato è che non vengono mai prese. O che sono talmente addolcite da consegnarci al fallimento».

(...)  i tedeschi non voglio accollarsi il costo del debito degli altri. R. Questa è follia: la Germania ha goduto finora del fatto che gli altri si siano indebitati. D. Come? R. Più gli altri stanno male e devono pagare interessi alti sulle proprie obbligazioni statali, meno paga la Germania, considerata solida. Oltretutto, non è che i tedeschi abbiano poco debito: il loro è pari all’88% della ricchezza nazionale, non hanno niente da pontificare. D. Merkel però è inamovibile. R. Ripeto, la Germania non può dare lezioni. D. Perché? R. Ha giocato sporco: Berlino ha guadagnato perché ha fatto concorrenza fiscale e sociale a quelli che doveva aiutare. D. Cosa intende con concorrenza sociale? R. Semplice: le imprese hanno abbassato i salari e diminuito le tutele sociali. Hanno scelto una ricetta che fa male a tutti: ai lavoratori tedeschi e agli altri Paesi dell’Europa. (…)

Se vogliamo evitare la nascita di un “Quarto Reich” sarà meglio accelerare le procedure di dismissione dell’euro, la messa in disarmo dell’inutilissimo parlamento di Bruxelles, della BCE, filiale della Bundesbank e di tutte quelle istituzioni comunitarie come la Commissione Europea, l’Eurogruppo, l’Ecofin ecc. che non sono altro che costosissimi carrozzoni zeppi di imboscati di lusso, strapagati per fare nulla e decidere nulla. Se ognuno di noi torna alla propria valuta e alla propria banca centrale non saranno rose e fiori, ma lo strapotere della Merkel ci porterebbe comunque diritti verso il disastro. L’obiezione che si fa più spesso, in questi casi, è che la nostra moneta sarebbe troppo debole per attirare investimenti. In altra parole, avremmo forti difficoltà a raccogliere denaro nelle aste internazionali perché considerati pessimi pagatori. E’ vero solo in parte: fuori dal giogo della Germania l’Italia potrebbe ricominciare a crescere e a produrre per esportare, e il debito pubblico potrebbe avviarsi ad un primo contenimento. Non dimentichiamo, inoltre, che con una banca centrale con pieni poteri, potremmo scegliere le politiche monetarie che più si addicono alla nostra nuova situazione. Infine, con uno spread intorno ai 450 punti ormai stabilmente consolidati, siamo costretti a pagare comunque interessi da capogiro, che vanificano qualunque manovra finanziaria fatta di tagli e nuove imposizioni fiscali. Restare nell’euro non ci conviene in nessun caso. Ma non possiamo uscire da soli. Auguriamoci che i burocrati di Bruxelles si accordino (sarebbe la prima volta!) almeno sulla estinzione della moneta. Non ci crediamo molto, sono proprio loro a godere di vertiginose rendite di posizione, sono propri loro a vivere nel mondo dorato dove la crisi non è arrivata, non saranno dunque loro a fare la prima mossa. Tocca ai premier politici europei prendere la decisione. E prima lo faranno meglio sarà.
Da icebergfinanza