Ci si domanda sempre più
spesso, almeno per chi è credente, se e fino a che punto è
plausibile assoggettarsi alla moltitudine di comandamenti e precetti
predicati dalla Chiesa di Roma e metabolizzati dai tempi del
catechismo. Ora, da una lettura accurata dei Vangeli, sappiamo che i
comandamenti prescritti da Cristo sono pochi e precisi. Ama il
prossimo tuo come te stesso, anzitutto. E' questa l'indicazione che,
probabilmente, contiene tutte le altre. Il ripudio dell'ipocrisia,
dell'ostentazione del bene per fare bella mostra di sé, l'assenza di
avarizia, cupidigia, la protezione dovuta ai più piccoli, per
preservarli, in un momento delicato del loro sviluppo, dalla violenza
delle cose adulte, l'abbandono alla Provvidenza, inteso come slancio
fiducioso verso un avvenire che, pur celando le sue inquietudini,
sarà prodigo di bontà e di buone novelle. L'esempio, la condotta,
le parole del Cristo non fanno che rivelare, in ogni passo dei
Vangeli, la presenza di un tenero e misericordioso Padre Celeste,
che, pur nelle avversità e nella sofferenza della vita terrena, ama
dolcemente le sue creature, e prepara per loro un radioso avvenire
nel mondo che verrà. L'osservanza puntuale e farisaica dei precetti
predisposti nel corso dei secoli dalla chiesa Cattolica, viene
reputata dal figlio di Dio come “formalismo religioso”, non utile
alla causa del buon cristiano. Si tratta del famoso “legalismo spirituale” professato dal Sinedrio, il tribunale ebraico, che avrà,
nel cattolicesimo, la sua trista e criminale continuazione nel
tribunale della Inquisizione. Questo vuol dire fare di una fede viva
un insieme di norme morte. “Il giusto per fede vivrà”, la fede
nel Padre, nella propria salvezza e nella propria liberazione dalla
gabbia del proprio corpo, della propria anima, il ritorno alla “casa
del Padre”, inteso qui letteralmente, come l'assunzione dello
spirito dell'uomo nel principio della sua vita e della sua essenza,
questo deve essere perseguito dal cristiano. Non ci sono comandamenti
particolari, se non quello di amare il prossimo, facendo il possibile
per emanciparci dal tratto fondamentale della nostra natura:
l'egoismo. Sarà poi la fede a guidare le nostre azioni, sarà il
Cristo che abbiamo assimilato nella nostra anima a guidarci nel
nostro operare. Il cristiano è libero nella fede, è libero perchè
ha Dio dentro di sé, perchè nessuna azione è impura per un cuore
puro. Lasciamo ai cattolici la frequentazioni delle loro Messe, fatte
di formule vuote cui risponde meccanicamente il fedele laico,
lasciamogli i precetti come il digiuno, le elemosine, la confessione
dei propri peccati ad un uomo come noi, propedeutica all'Eucarestia,
la raccomandazione ai santi del paradiso, le preghiere per le anime
del Purgatorio, le indulgenze parziali o plenarie, il culto della
Madonna e tutto il seguito di atti esteriori non coincidenti con il
giusto sentire ed operare. Il cristiano non è vincolato a tutti
questi atti: è una concezione veterotestamentaria, farisaica, che si
nutre di idolatria e di superstizione ellennistica quella che spinge i cattolici
al compimento manierato e ripetitivo di questi gesti. Il cristiano è
libero, libero veramente, si nutre della propria fede, non ha bisogno
d'altro. Affrontiamo con slancio l'esistenza e le prove che ci
riserva: il Padre nostro che è nei cieli saprà osservarci con
indulgenza e sarà pronto ad accoglierci come il figliuol prodigo.
Non c'è nulla di più lontano dallo spirito cristiano che il
capitalismo: un recipiente senza contenuto utile solo a riempire i
nostri ventri, ad arricchire di cose materiali le nostre esistenze.
Ora sappiamo dove ci ha condotto la fede cieca e assoluta nel
primato del profitto, del trionfo dell'egoismo. Pochi uomini al mondo
posseggono ricchezze smisurate giocando con la finanza quasi fosse un
giocattolo nelle loro mani, tengono in pugno le sorti di una
moltitudine di propri simili. Il capitalismo è l'Anticristo, e la
finanza il suo braccio armato. Questo lo abbiamo da tempo compreso,
anche se con le nostre sole forze non possiamo modificare un ordine
planetario. Ma noi, nella nostra vita, possiamo e dobbiamo
abbandonarci a quello che ci detta la nostra coscienza, il giudice
più severo di qualsiasi confessore, cerchiamo di guardare
gioiosamente all'avvenire, non abbandoniamoci alle malinconie o alla
disperazione che tutto un giorno, magari molto presto, avrà fine.
Cerchiamo di sopportare il dolore e le sofferenze che spesso la vita
ci riserva, in previsione non di un compenso, che non meritiamo, ma
della vera liberazione finale, quella dalla materia e dalla morte.
Tutto quello che abbiamo accumulato i una vita, in termini di
affetti, amori, sentimenti, emozioni idee e percezioni non se ne
andranno in polvere come i nostri poveri corpi mortali, continueranno
e ci sopravviveranno nella dimensione celeste che il Padre ci ha già
predisposto. Sentiamoci liberi, allora, nutriamo questo sentimento di
libertà della nostra fede, che saprà ben guidarci non ai precetti
elaborati da altri esseri umani come noi, ma all'unico comandamento:
avere cura, attenzione e misericordia per tutti i nostri simili.
Questo è il cristianesimo in una parola, questo è quanto ci viene
richiesto dal Padre celeste. In questo consiste la "Buona Novella" di cui Cristo è al contempo oggetto e latore: la buona novella, la novità dirompente di cui è portatore non è una semplice "riforma" della legge farisaica, è la "notizia" che il Figlio di Dio è anche figlio dell'uomo, che si fa mediatore unico tra noi e l'onnipotente, che partecipa della nostra povera natura, fino al sacrificio estremo della croce. Ma il senso vero della novella è che in una dimensione ultraterrena, sovrannaturale il Padre nostro e di Cristo ci ama e sostanzia le nostre speranze, è il nostro inizio e il nostro fine, ci aspetta presso di lui al termine del nostro percorso terreno. La buona novella è che Cristo ci ha liberati, dalla legge, dai precetti degli uomini, dalla morte. La libertà del cristiano, per il segmento terreno della sua esistenza, è la vera rivoluzione che sovverte il rapporto tenuto sino a quel momento tra uomo e divinità, in tutte le religioni. La fede non viene più intesa come mera sottomissione, contrizione, espiazione. La rivoluzione della buona novella di Cristo è anche e soprattutto la nostra liberazione interiore, il nostro libero espanderci nella vita e nel mondo, procedendo diritti verso la nostra meta, la vita eterna, la comunione con il Padre.