lunedì 30 aprile 2012

LA LIBERTA' DEL CRISTIANO


Ci si domanda sempre più spesso, almeno per chi è credente, se e fino a che punto è plausibile assoggettarsi alla moltitudine di comandamenti e precetti predicati dalla Chiesa di Roma e metabolizzati dai tempi del catechismo. Ora, da una lettura accurata dei Vangeli, sappiamo che i comandamenti prescritti da Cristo sono pochi e precisi. Ama il prossimo tuo come te stesso, anzitutto. E' questa l'indicazione che, probabilmente, contiene tutte le altre. Il ripudio dell'ipocrisia, dell'ostentazione del bene per fare bella mostra di sé, l'assenza di avarizia, cupidigia, la protezione dovuta ai più piccoli, per preservarli, in un momento delicato del loro sviluppo, dalla violenza delle cose adulte, l'abbandono alla Provvidenza, inteso come slancio fiducioso verso un avvenire che, pur celando le sue inquietudini, sarà prodigo di bontà e di buone novelle. L'esempio, la condotta, le parole del Cristo non fanno che rivelare, in ogni passo dei Vangeli, la presenza di un tenero e misericordioso Padre Celeste, che, pur nelle avversità e nella sofferenza della vita terrena, ama dolcemente le sue creature, e prepara per loro un radioso avvenire nel mondo che verrà. L'osservanza puntuale e farisaica dei precetti predisposti nel corso dei secoli dalla chiesa Cattolica, viene reputata dal figlio di Dio come “formalismo religioso”, non utile alla causa del buon cristiano. Si tratta del famoso “legalismo spirituale” professato dal Sinedrio, il tribunale ebraico, che avrà, nel cattolicesimo, la sua trista e criminale continuazione nel tribunale della Inquisizione. Questo vuol dire fare di una fede viva un insieme di norme morte. “Il giusto per fede vivrà”, la fede nel Padre, nella propria salvezza e nella propria liberazione dalla gabbia del proprio corpo, della propria anima, il ritorno alla “casa del Padre”, inteso qui letteralmente, come l'assunzione dello spirito dell'uomo nel principio della sua vita e della sua essenza, questo deve essere perseguito dal cristiano. Non ci sono comandamenti particolari, se non quello di amare il prossimo, facendo il possibile per emanciparci dal tratto fondamentale della nostra natura: l'egoismo. Sarà poi la fede a guidare le nostre azioni, sarà il Cristo che abbiamo assimilato nella nostra anima a guidarci nel nostro operare. Il cristiano è libero nella fede, è libero perchè ha Dio dentro di sé, perchè nessuna azione è impura per un cuore puro. Lasciamo ai cattolici la frequentazioni delle loro Messe, fatte di formule vuote cui risponde meccanicamente il fedele laico, lasciamogli i precetti come il digiuno, le elemosine, la confessione dei propri peccati ad un uomo come noi, propedeutica all'Eucarestia, la raccomandazione ai santi del paradiso, le preghiere per le anime del Purgatorio, le indulgenze parziali o plenarie, il culto della Madonna e tutto il seguito di atti esteriori non coincidenti con il giusto sentire ed operare. Il cristiano non è vincolato a tutti questi atti: è una concezione veterotestamentaria, farisaica, che si nutre di idolatria e di superstizione ellennistica quella che spinge i cattolici al compimento manierato e ripetitivo di questi gesti. Il cristiano è libero, libero veramente, si nutre della propria fede, non ha bisogno d'altro. Affrontiamo con slancio l'esistenza e le prove che ci riserva: il Padre nostro che è nei cieli saprà osservarci con indulgenza e sarà pronto ad accoglierci come il figliuol prodigo. Non c'è nulla di più lontano dallo spirito cristiano che il capitalismo: un recipiente senza contenuto utile solo a riempire i nostri ventri, ad arricchire di cose materiali le nostre esistenze. Ora sappiamo dove ci ha condotto la fede cieca e assoluta nel primato del profitto, del trionfo dell'egoismo. Pochi uomini al mondo posseggono ricchezze smisurate giocando con la finanza quasi fosse un giocattolo nelle loro mani, tengono in pugno le sorti di una moltitudine di propri simili. Il capitalismo è l'Anticristo, e la finanza il suo braccio armato. Questo lo abbiamo da tempo compreso, anche se con le nostre sole forze non possiamo modificare un ordine planetario. Ma noi, nella nostra vita, possiamo e dobbiamo abbandonarci a quello che ci detta la nostra coscienza, il giudice più severo di qualsiasi confessore, cerchiamo di guardare gioiosamente all'avvenire, non abbandoniamoci alle malinconie o alla disperazione che tutto un giorno, magari molto presto, avrà fine. Cerchiamo di sopportare il dolore e le sofferenze che spesso la vita ci riserva, in previsione non di un compenso, che non meritiamo, ma della vera liberazione finale, quella dalla materia e dalla morte. Tutto quello che abbiamo accumulato i una vita, in termini di affetti, amori, sentimenti, emozioni idee e percezioni non se ne andranno in polvere come i nostri poveri corpi mortali, continueranno e ci sopravviveranno nella dimensione celeste che il Padre ci ha già predisposto. Sentiamoci liberi, allora, nutriamo questo sentimento di libertà della nostra fede, che saprà ben guidarci non ai precetti elaborati da altri esseri umani come noi, ma all'unico comandamento: avere cura, attenzione e misericordia per tutti i nostri simili. Questo è il cristianesimo in una parola, questo è quanto ci viene richiesto dal Padre celeste. In questo consiste la "Buona Novella" di cui Cristo è al contempo oggetto e latore: la buona novella, la novità dirompente di cui è portatore non è una semplice "riforma" della legge farisaica, è la "notizia" che il Figlio di Dio è anche figlio dell'uomo, che si fa mediatore unico tra noi e l'onnipotente, che partecipa della nostra povera natura, fino al sacrificio estremo della croce. Ma il senso vero della novella è che in una dimensione ultraterrena, sovrannaturale il Padre nostro e di Cristo ci ama e sostanzia le nostre speranze, è il nostro inizio e il nostro fine, ci aspetta presso di lui al termine del nostro percorso terreno. La buona novella è che Cristo ci ha liberati, dalla legge, dai precetti degli uomini, dalla morte. La libertà del cristiano, per il segmento terreno della sua esistenza, è la vera rivoluzione che sovverte il rapporto tenuto sino a quel momento tra uomo e divinità, in tutte le religioni. La fede non viene più intesa come mera sottomissione, contrizione, espiazione. La rivoluzione della buona novella di Cristo è anche e soprattutto la nostra liberazione interiore, il nostro libero espanderci nella vita e nel mondo, procedendo diritti verso la nostra meta, la vita eterna, la comunione con il Padre.