sabato 7 aprile 2012

IL BUIO OLTRE MARIO MONTI


Con evidente delusione, il prestigioso “Wall Street Journal” ritira il parallelo, considerato a quanto pare lusinghiero, tra Margareth Tatcher e Mario Monti. Lo diciamo con dispiacere, al Wall Street Journal, ma a noi poco ce ne cale del suo impietoso giudizio. Prima di tutto perchè farebbe bene a dare un’occhiatina a casa propria (mi risulta che la crisi abbia avuto inizio proprio da quelle parti)e in secondo luogo, come ha fatto notare in una nota lo stesso Monti, perché consideriamo la Tatcher un esempio da non seguire. La sua politica fu di una banalità quasi disarmante: tutto agli industriali e poco o nulla alla popolazione. Una retriva, conservatrice reazionaria. Ha sconvolto il mercato del lavoro in senso globalizzante, questo è vero, lasciando, però, parecchie vittime lungo il percorso. Non mi risulta che la Tatcher abbia preso il Nobel per l’economia, come pietra di paragone avremmo preferito John Maynard Keynes. Secondo il WSJ Monti avrebbe dovuto varare una riforma del lavoro che avrebbe certamente scatenato un conflitto sociale del cui esito non sarebbe stato possibile essere certi. Il lungo paziente lavoro di mediazione ha prodotto un risultato sicuramente migliorabile, ma è pur vero che fino a sei mesi fa una simile riforma sarebbe stata inimmaginabile. L’art. 18 è solo un simbolo, uno spauracchio che nella realtà concreta dei fatti non troverà quasi mai applicazione: il reintegro per motivi non economici è più teorico che pratico. Ma queste cose, queste sfumature gli americani del WSJ non possono comprenderle. Hanno sposato, a quanto sembra le tesi del “Fiscal compact” della Merkel, del rigore a tutti i costi , delle manovre fiscali depressive, i nostri analisti d’oltreoceano: peccato che se avessero vigilato un po’ meglio su quanto accadeva da anni sotto i loto occhi, forse ci saremmo evitati la catastrofe finanziaria mondiale. E’ ridicolo e tragico allo stesso tempo che gente come gli americani si permetta di dare lezioni all’Europa, dopo che, con Bush e Greenspan, il mondo sta andando in malora per colpa loro. Additare la Tatcher come un esempio da seguire è stupido ma soprattutto offensivo.
In ogni modo, il testo della riforma del mercato del lavoro è quanto di meglio si poteva spuntare, dopo una lunga, difficile opera di mediazione tra le posizioni, necessariamente diverse di PD, PDL e Terzo Polo, Confindustria e sindacati. Non sappiamo ancora, come dice Marchionne, come sarà accolta dai mercati, sappiamo che di più non si poteva fare. L’art. 18 non poteva essere abrogato tout court, per il semplice fatto che tra qualche mese, entro l’estate, sarà necessaria (per quanto pateticamente smentita) una nuova manovra di tagli e imposizioni. Non possiamo fare ingoiare troppi bocconi amari, tutti insieme, ad una popolazione già abbastanza provata. Non sappiamo se la novella Tatcher tedesca apprezzerà o meno, lei gradisce solo le riforme che fanno macelleria sociale, quelle che fanno grondare sangue dalle rape, non sappiamo se la quantità ematica che scorrerà sarà sufficiente a placare la sua sete di vendetta sociale: da buona rappresentante della destra teutonica, confidiamo che il massacro della popolazione greca le sia bastato. Come si fa, come si fa sa non vedere una realtà così evidente! Di manovra in manovra ci avvitiamo sulla recessione, le imprese chiudono, i consumi crolleranno del tutto e la depressione economica è dietro l’angolo.
Ma la preoccupazione vera, della UE e d’oltreoceano, è quello che accadrà dopo la parentesi di Monti. Non c’è capo di stato o esponente delle istituzioni europee che non gli domandi preoccupato se dopo di lui i partiti che governeranno non disferanno di notte la tela che Monti ha pazientemente tessuto finora, e non ha ancora concluso. E’ un fondatissimo timore, tutti noi lo condividiamo. Lo scandalo della gestione dei rimborsi elettorali alla Margherita e alla Lega non sono che l’inizio di una seconda “mani pulite”. Tutti noi abbiamo compreso che questo sistema è largamente diffuso presso ogni partito politico, nessuno escluso. I due casi, con impressionante analogia, non possono essere isolati. Il problema è che i partiti politici italiani sono delle associazioni a delinquere, colpevoli di falso in bilancio, truffa ai danni dello stato, corruzione, peculato, falso in atto pubblico. Fabbricavano persino diplomi e lauree fasulle. E’ il colmo: sembrano usciti da un film di Totò. I partiti, per loro natura, sono consorterie che coltivano i propri interessi privati, dei loro congiunti e affiliati, poi, se avanza qualcosa, pensano al paese legiferando comunque a favore dei loro accoliti e compagni di cosca. In più, come valore aggiunto, sono dilettanti, velleitari, inetti ed incapaci a svolgere il loro ruolo istituzionale. Il ritorno dell’iniziativa ai partiti politici è guardato dalla maggioranza degli italiani (più del 50% dei nostri connazionali non saprebbe chi votare alle prossime elezioni) con terrore, nel timore fondatissimo che possano modificare, se non sfasciare completamente quello che il governo Monti ha pazientemente messo in piedi, facendoci perdere definitivamente la fiducia dei mercati e degli investitori internazionali, risollevando lo spread a 600 punti, portandoci diritti verso il default. La politica è una cosa troppo seria (soprattutto in questo periodo storico) per essere lasciata ai politici di casa nostra. Diamo un’occhiata ai seguenti dati, per farci una vaga idea delle ruberie perpetrate alle nostre spalle e con i nostri quattrini:

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Ma allora, che cosa ci attende, che cosa possiamo fare? Non possiamo, come vorremmo, sospendere le garanzie costituzionali (bisognerebbe emendare il testo della Costituzione)ed evitare le elezioni saltandone una tornata, per tornare alle urne solo tra cinque anni. Il problema appare insormontabile: dovremmo essere una repubblica presidenziale perfetta: il capo dello stato potrebbe decidere di saltare un turno elettorale e proseguire con il presente esecutivo. La nostra è una Repubblica parlamentare, ed ora, purtroppo, ne sentiamo tutto il peso. Non potendo cambiare la costituzione in quattro e quattr’otto, si prospetta un’unica soluzione. Un ulteriore settennato a Napolitano (ma occorre considerare le condizioni di salute del presidente), e la costituzione di un governo di larghe intese, o di salute pubblica, nel quale far convergere, come accade oggi, le maggiori forze parlamentari, e la designazione di un presidente del consiglio non politico, non necessariamente Monti, ma in ogni caso un tecnico esperto in economia e finanza che possa godere del rispetto internazionale. Con la disoccupazione che ci ritroviamo, il rapporto debito pubblico/Pil sempre peggiore, ci serve tempo, più tempo per mettere il paese al sicuro. Un solo anno non basta. In un quinquennio, se ben governati, possiamo sperare in una messa al sicuro dei nostri conti pubblici, e scongiurare definitivamente l a prospettiva del default, anche in presenza di paesi fortemente a rischio come Spagna e Portogallo. Non vediamo altre soluzioni possibili, lasciare l’iniziativa a personaggi stracotti come D’Alema, Rutelli, Cicchitto, Veltroni o La Russa equivarrebbe a bruciarsi le cervella. Con la sola eccezioni del sindaco di Firenze Renzi (personaggio comunque fortemente ambiguo) non ci sono volti nuovi all’orizzonte politico. Tra meno di un anno corriamo il serio rischio di ritrovarci un pugno di malfattori al governo. Cerchiamo di tenere presente che il governo Monti, comunque lo si giudichi, rappresenta uno spartiacque, c’è un prima di Monti e un dopo Monti. Le cose non possono tornare come erano a.m. (avanti Monti), l’intermezzo del suo esecutivo ci ha insegnato che senza un premier tecnico si riaprono per noi le porte dell’inferno della Grande Depressione.