giovedì 5 gennaio 2012

UN FASCISTA A BUDAPEST

Non ci mancava che l’Ungheria. Per cominciare bene l’anno, non bastavano i problemi che affliggono l’area dell’euro, con la crisi dei debiti sovrani, le banche sull’orlo del fallimento, lo spread sempre intorno ai 500 punti base, la manovra depressiva del governo Monti. Ci voleva anche la nascita del primo governo fascista in Europa dopo la seconda guerra mondiale. Il governo in carica, guidato dall’estremista di destra Viktor Orban, sta apportando modifiche alla Costituzione del paese in senso illiberale e restrittivo. Limitazioni alla libertà di stampa e di pensiero, la chiusura di una emittente da sempre considerata “scomoda”,  i continui appelli al nazionalismo, il bavaglio alle opposizioni, il controllo politico della banca centrale (contravvenendo ad una clausola fondamentale dei trattati europei), la tentazione di trasformare l’assetto istituzionale dello stato. Le intenzioni di Orban, neppure troppo velate, consistono nella istituzione di un governo fascista, con un partito unico. E’ ovvio che se l’opposizione e la piazza non prevarranno, l’Ungheria sarebbe di fatto fuori dall’Unione, essendo impossibile accettare  uno stato fascista in seno all’Europa. Ma ci sono anche due aspetti da valutare. Il primo: Intesa Sanpaolo e Unicredit sono rispettivamente la quinta e la settima banca del paese; secondo, l’abbandonare l’Ungheria al proprio destino significa condannarla automaticamente al default: il paese è già, in pratica, in bancarotta, con tutte le conseguenze e i riflessi che si scatenerebbero sull’Euro. Vediamo la situazione più in dettaglio.

Che cosa succede in Ungheria in questi giorni? Innanzitutto dal 1° gennaio non si chiama più Repubblica dell'Ungheria, ma semplicemente Ungheria. Cosa vorrebbe dire? Che forse la nuova destra che la governa - una destra non proprio democratica - è intenzionata a stravolgerne le fondamenta trasformandola lentamente in una dittatura (i provvedimenti che si stanno prendendo sulle libertà civili, in primis di stampa, fanno pensare a questa direzione). Il punto è che l'Ungheria è nell'Unione Europea da 8 anni (non ha ancora però adottato l'euro) e una dittatura ovviamente non è ammessa nell'Unione. C'era un tempo in cui la pecora nera dell'Unione europea era la Polonia dei fratelli Kaczynski. Oggi il ruolo spetta all'Ungheria del primo ministro nazionalista Viktor Orban. Non passa giorno ormai senza un botta-e-risposta tra Bruxelles e Budapest. Lo scontro politico giunge in un contesto economico delicato, e a pochi giorni dall'entrata in vigore di una discussa riforma costituzionale.
Ieri la Commissione europea ha nuovamente richiamato all'ordine il governo ungherese che ha presentato di recente un progetto di legge di modifica dello statuto della banca centrale ritenuto non in linea con i Trattati. Il presidente dell'esecutivo comunitario José Manuel Barroso «ha chiesto che il testo venga ritirato. Stiamo ancora aspettando una risposta dalle autorità ungheresi», ha detto il portavoce Olivier Bailly.
Il progetto di legge - che dovrebbe essere messo al voto del Parlamento la settimana prossima - è particolarmente controverso. Prevede tra le altre cose che i vice governatori vengano nominati dal primo ministro e non in seno all'istituto monetario e che il numero di membri degli organi direttivi vengano aumentati. Ieri a criticare il progetto di legge è stata anche la Banca centrale europea.
Un altro testo legislativo prevede la fusione tra banca centrale e autorità di vigilanza dei mercati, che potrebbe diluire i poteri del governatore. Il 1° gennaio poi entreranno in vigore modifiche alla Costituzione che secondo molti osservatori comportano una riduzione delle libertà fondamentali. Vi sono stati cambiamenti alle leggi che regolano la stampa e le attività religiose, così come riduzioni ai poteri della magistratura.
Il braccio di ferro che il primo ministro Orban ha deciso di avere con le autorità comunitarie sorprende. C'è evidentemente il desiderio da parte di Orban, a capo del partito populista Fidesz, di cavalcare i sentimenti nazionalisti dell'opinione pubblica in piena crisi finanziaria. Ma fino a che punto può durare il braccio di ferro? Il paese ha disperatamente bisogno dell'aiuto della comunità internazionale.
Dopo aver rifiutato per mesi il sostegno del Fondo monetario internazionale, l'Ungheria ha accettato di discutere con l'Fmi un pacchetto di aiuti. Le trattative a tre, con il Fondo e la Commissione, sono state però interrotte la settimana scorsa per decisione di Bruxelles proprio per protestare contro le scelte politiche di Orban. Non è chiaro quando riprenderanno formalmente.
Standard & Poor's ha annunciato mercoledì una nuova revisione al ribasso del voto sovrano ungherese, a BB+ (nella categoria junk, spazzatura, come già Moody's) citando una crescente sfiducia sulla politica economica del governo. Il fiorino ungherese si trova ai minimi sull'euro e un flop della domanda sull'asta di bond collocati oggi dal governo di Budapest non lascia prevedere nulla di positivo. In questo quadro cresce il rischio di default con il rialzo dello spread tra i titoli ungheresi e quelli britannici a 750 punti. In salita anche i cds, i contratti di riassicurazione in caso di fallimento, a quota 745. l franco è un punto di riferimento importante per l'Ungheria, dal momento che un'importante quota dei mutui in valuta estera contratti dai privati è denominato in tale valuta. Budapest vede poi nero anche sul fronte dei titoli di stato, il cui rendimento stamani è segnalato in ulteriore salita. Oggi i bond a 10 anni hanno un rendimento del 10,9 per cento. Solo ieri il rendimento di riferimento è stato fissato al 10,58 per cento. Si tratta del rendimento più alto degli ultimi 10 anni.
Fonte: “Il sole 24 ore”