lunedì 2 gennaio 2012

LE PAROLE CHE NON SERVONO

Abbiamo ascoltato il discorso alla nazione pronunciato la sera di S.Silvestro dal Presidente della Repubblica. Si trattava di un atto dovuto, se non altro per il rispetto doverosamente tributato al capo dello stato, che, comunque lo si consideri, rimane una figura di primo piano, che non ha deluso le aspettative nazionali e internazionali in uno dei passaggi più drammatici della storia repubblicana. Purtroppo, non per responsabilità di Napolitano, dobbiamo ancora una volta concludere che le parole non servono. Di generici buoni propositi, di banali prese di posizioni, di scontate dichiarazioni di intenti sono già piene le cronache economiche, politiche e finanziarie, soprattutto a livello delle istituzioni europee, tuttora sotto l’egida della Germania con il suo potere paralizzante. Ora, abbiamo più volte sottolineato che una delle poche nazioni ad aver sicuramente tratto giovamento dall’introduzione della moneta unica è proprio la Germania. Con un cambio alla pari, con l’occupazione da subito delle poltrone che contano, nell’Unione Europea e nella BCE, la Germania si è impossessata dei gangli vitali dell’eurozona, conducendo per dieci anni il gioco a sua misura, a suo uso e consumo. Ha nascosto un debito complessivo (il cosiddetto debito implicito) smisurato, pari, si calcola al 197% del suo PIL, ha condizionato la politica monetaria della BCE mantenendo tassi di interesse discretamente elevati (mentre la FED americana  ha mantenuto il tasso di sconto a livelli bassissimi), ha pilotato l’agenda dei provvedimenti comunitari con il solo scopo di perseguire i propri interessi e delle sue malandate banche. Ora che sta emergendo la verità sui conti tedeschi e sulle  prime banche che devono essere salvate dallo stato, esercita il suo potere di veto ad oltranza per congelare qualsiasi tipo di cambiamento. Se l’Euro rischia seriamente, nel 2012, di esplodere, lo si deve unicamente alla gestione suicida di questa nazione e della sciagurata che la sta guidando.

Molti di voi stanno pensando che sarebbe meglio tornare alla valuta nazionale, la vecchia cara liretta. Sarebbe giusto, se non fossimo sovrastati da un debito pesante come un macigno che, essendo stato contratto in euro, dovrebbe essere rinegoziato in lire, con il conseguente sicuro tracollo del Tesoro dello Stato, che mai potrebbe far fronte al rimborso di un debito in lire contratto per la maggior parte con l’estero (Francia e Germania soprattutto). Sul versante interno, una lira svalutata di circa un 50% non gioverebbe di sicuro ai nostri risparmi, buona parte dei quali se ne andrebbe semplicemente in fumo. La spirale inflattiva subirebbe una tragica impennata, facendo diminuire a vista d’occhio il potere di acquisto dei nostri salari, prima del fallimento sicuro le aziende, in un estremo tentativo di rimanere sul mercato, venderebbero i loro prodotti sottocosto per cercare di far cassa il più possibile prima della bancarotta, e così il fenomeno della deflazione chiuderebbe definitivamente il cerchio della depressione economica. La deflazione prelude alla paralisi produttiva, con la chiusura della aziende, la crisi del mercato del lavoro, livelli di disoccupazione altissimi, impoverimento generale fino all’instabilità sociale massima che potrebbe sfociare in un governo autoritario chiamato a mettere ordine nel caos che si verrebbe a creare. Gli unici aspetti positivi consisterebbero in un ritorno ad una banca centrale libera di svalutare, di costituirsi garante di ultima istanza, con il potere di stampare moneta, con risvolti positivi sulle esportazioni, ma la bilancia, purtroppo, penderebbe decisamente dalla parte della rovina economica. Il problema è che nell’euro non ci dovevamo entrare, almeno non a quelle condizioni, perché se ad un moneta non segue una unione fiscale e politica, quella stessa  moneta, prima o poi imploderà. Questo noi lo sapevamo anche nel 2000, nessuno credeva seriamente in una unificazione politica dell’Europa, e solo questo dato avrebbe dovuto suggerire a Prodi di entrare sì nella moneta unica, ma a ben altre condizioni. Il fatto è che ormai ci siamo, da un decennio, e, come sottolineato recentemente da Mario Draghi, “l’euro è pieno di difetti, ma è una moneta irreversibile”. Nulla di più vero.

Il governo Monti ha cominciato male, facendo qualcosa di buono, ma soprattutto, non facendo qualcosa di indispensabile che andava assolutamente messo in opera, anche per dare un segnale preciso al paese e ai mercati. Mercati che non hanno affatto risposto bene alle misure prese da questo esecutivo, per il semplice fatto che si tratta, con la sola eccezione della riforma delle pensioni, di misure depressive, atte solo a peggiorare la presente contrazione economica. L’iniquità sostanziale della manovra non ha convinto gli italiani e neppure i mercati. Tutti si sono resi conto della debolezza di Monti di fronte alle cosche, alle caste, alle consorterie italiane: il secco “no” dei farmacisti ha impedito una liberalizzazione sacrosanta, il rifiuto di imporre una tassa patrimoniale, in un paese dove solo il 3% dei cittadini dichiara un reddito superiore ai 100.000 euro, la reintroduzione dell’ICI sulla prima casa, la mancata rivalutazione delle pensioni dopo il 2012, il grottesco rinvio dei tagli dei costi della politica, sono tutte misure chiaramente restrittive, destinate a scoraggiare i consumi da qui al prossimo decennio. Ma una cosa, in modo particolare, è risultata odiosa e inaccettabile: il mancato pagamento dell’ICI da parte del Vaticano sull’immenso patrimonio immobiliare sparso su tutto il territorio nazionale. Questa anomalia, tutta italiana, è dovuta anche al fatto che la città del Vaticano è uno stato estero, e quindi indipendente. Il potere secolare dei papi non si è concluso. E’ vero che il loro stato, una monarchia assoluta per i giuristi, si è ridotto a pochi kilometri quadrati, ma intanto le chiese cattoliche sono considerate, sempre dai giuristi, extraterritoriali, e le proprietà della chiesa, il patrimonio immobiliare che è persino difficile stimare, si trova sul territorio italiano. Ora, edifici adibiti al culto a parte, non si vede perché la chiesa dovrebbe essere esente dal pagamento di una tassa che colpisce indistintamente tutti i cittadini, ricchi o poveri che siano. Qui si tassa l’immobile, non il proprietario, che può essere anche uno stato indipendente. I sacerdoti sono cittadini italiani, non vaticani. Insomma, per farla breve, dal Vaticano abbiamo avuto solo dispiaceri. Si pensi agli insegnanti di Religione cattolica: sono regolarmente immessi in ruolo come gli altri, solo non devono seguire l’avvilente trafila del precariato, fatta di permanenza decennale nelle graduatorie ad esaurimento, di tirocini di formazione attiva, di faticosi concorsi pubblici. Sono immessi in ruolo con il solo titolo di accesso (un banale diploma in Scienze religiose, non una laurea in Teologia)e con il “nihil obstat” dell’ordinario diocesano. Stesso trattamento economico , stessa progressione di carriera dei colleghi con laurea e anni di precariato alle spalle. Il Vaticano, insieme a San Marino costituisce un vero e proprio paradiso fiscale, possiede una banca che, sebbene si richiami alle opere di carità è pur sempre una banca, con tanto di segreto bancario, come ogni istituto di credito che si rispetti. Non si potrebbe spostare il Vaticano che so, in Groenlandia?

Abbiamo apprezzato le parole del capo dello stato, nessuno lo nega, ma le parole adesso non servono più. Servono i fatti concreti, quelli funzionali alla famosa crescita. Come si fa una crescita ai tempi della crisi? Facendo l’esatto contrari di quello che ha fatto Monti e, soprattutto si appresta a fare. Ci attende una seconda manovra, cosiddetta “cresci-Italia”, dove, accanto a qualche provvedimento di facciata (nessuna liberalizzazione, qualche privatizzazione, qualche sgravio fiscale alle aziende, un timido tentativo di drenaggio fiscale)saranno ripresentati puntualmente altri tagli ed altre imposizioni fiscali, tanto per dare il colpo di grazia la paese. E farci fare la fine della Grecia. Non si rende conto, il sig. Monti,  che non solo non ci ha salvati, come va dicendo, dalla situazione greca, ma, paradossalmente, sono proprio le sue disposizioni a condurci sullo stesso percorso ellenico. Una sola cosa si può fare in una simile congiuntura, del tutto eccezionale e da considerarsi così rara da meritare il nome di “cigno nero”: adottare misure di tipo Keynesiano. Il che vuol dire far entrare sul palcoscenico un solo attore, l’unico risolutivo: lo Stato. Con le risorse drenate dai tagli alla spesa pubblica e dalle maggiori imposte, occorre far ripartire, roosveltianamente, le opere pubbliche, le famose infrastrutture. Con quanto racimolato, invece di metterlo in cascina continuando a ripetere che ci serve per ripagare il debito pubblico, si devono attivare investimenti, creare occupazione. Nessuna misura restrittiva (come i tagli e le tasse) in presenza di un PIL negativo è in grado di raddrizzare i conti dello stato. Non lo diciamo noi, è semplicemente una legge economica che il sig. Monti deve conoscere bene e praticare poco. A questo proposito, dal momento che non ne parla nessuno, ci piacerebbe sapere che fine fanno i proventi, che devono essere enormi, del gioco d’azzardo gestito dallo Stato. Come vengono impiegati e perchè nessuno ce lo viene a raccontare? Se riparte la macchina dell’economia reale (non quella della finanza creativa che ci ha portato alla catastrofe) si creano le risorse per ripagare anche il debito pubblico e, al contempo,  si crea occupazione, rimettendo in moto la macchina dei consumi interni. Non c’è, né ci può essere alternativa. Si dirà che in Italia un “new deal” di questo tipo è difficile praticarlo per via che una metà del territorio nazionale è controllato dalla criminalità organizzata. Anche questo è vero. Ma, anche in considerazione delle oggettive difficoltà che  si incontrerebbero nel mezzogiorno, si tratta di una strada che non contempla alternative. Se lo Stato non interviene con opere pubbliche, la recessione che stiamo già conoscendo si tradurrà in depressione, un fenomeno difficilmente reversibile. Un secondo fronte sul quale lavorare è sicuramente quello europeo. E’ ovvio per tutti che lo strapotere della Germania deve finire, e Monti o chi per lui, deve fare chiaramente intendere che la terza economia dell’Europa, la prima manifatturiera, con un sistema bancario di gran lunga più solido di qualsiasi altro paese del’’eurozona non accetta più ruoli subalterni, non accetta più letterine che dettano l’agenda politica ed economica, e che se i rapporti di forza, all’interno dell’UE , cominciano a pareggiarsi bene, altrimenti, lo sapete che c’è? Che dall’Euro, con tutto il rispetto, ce ne andiamo noi, senza tante cerimonie. La Germania, dinanzi ad una simile prospettiva, sarebbe disponibile a firmarci una cambiale in bianco, volete scommettere?

SUGGERIMENTO SEMISERIO AL GOVERNO MONTI
Ci permettiamo un ultimo suggerimento al sig. Monti. Dal momento che i controlli fiscali diventeranno sempre più serrati, le banche dati di tutti i principali enti pubblici saranno incrociate, entrerà in gioco il famoso “Serpico”, il super sistema informatico capace di contare i capelli del nostri capo ma impotente davanti agli evasori totali, quelli con il panfilo intestato ad una società off shore depositata in qualche paradiso fiscale, bene, in questo clima di caccia alle streghe, bisogna aguzzare l’ingegno ed inventarsi qualcosa di nuovo. Dopo l’aumento della benzina, dei pedaggi autostradali, dell’energia elettrica, del gas, dei principali beni di consumo attraverso l’IVA, le tasse sui depositi bancari, i bolli sulle rendite finanziarie, l’ICI sulla prima casa, gli stipendi congelati da qui all’eternità, le pensioni non rivalutate, l’innalzamento dell’età pensionabile, nella speranza che il dipendente raggiunga prima dell’erogazione della pensione la pace eterna, ci vuole qualcosa di nuovo. Proponiamo la tassa sui “transiti”. E’ vero che esistono, almeno nel codice stradale i “divieti di transito”, ma qui si tratta di altro. I transiti di cui parliamo sono quelli intestinali. Potrebbe essere ribattezzata la “tassa sul corpo sciolto” in omaggio alla famosa canzone di Benigni. Evacuare è una liberazione, lo sappiamo tutti, è un atto fisiologico indice di benessere e buona salute. E allora, fermo restando il sacrosanto diritto di farla a casa propria, nel segreto delle proprie stanze da bagno, il cittadino che si dovesse avvalere di servizi igienici pubblici per l’espletamento di tale funzione, dovrebbe essere tenuto al versamento di un obolo, sotto forma di un gettone da inserirsi nell’apposita feritoia all’uopo praticata nel sanitario in oggetto. Il mancato inserimento del gettone (il cui valore potrebbe variare da situazione a situazione, di locale in locale) provocherebbe l’immediata ed irreversibile chiusura della porta del servizio igienico, facendo scattare un dispositivo di allarme che costringerebbe il malcapitato ad una indesiderata (e quanto mai scomoda) permanenza all’interno della ritirata, e, alla sua liberazione da parte del gestore del servizio, l’esposizione al pubblico ludibrio di colui che si configurerebbe come un “evasore fiscale”, come ben rappresentato in uno spot televisivo che sta passando in TV di questi tempi. Insomma, oltre alla multa l’evasore del corpo sciolto subirebbe anche l’onta di essere bollato come un “furbetto del quartierino” in questo caso sarebbe meglio dire “del vespasiano”. Sarebbero, ovviamente, esonerati i soggetti affetti da patologie che alterano il normale andamento dell'alvo, e coloro che sono costretti ad assumere drastici a scopo diagnostico o dietetico. Sarà sufficiente presentare una domanda online sul portale dell'ASL di appartenenza, corredata da un certificato medico in formato elettronico rilasciato da una struttura pubblica. Una volta acquisiti tali dati, sarà cura dell'ASL trasmettere il flusso documentale alla sede provinciale dell'Agenzia delle Entrate, la quale si attiverà per emanare i pertinenti controlli, da effettuarsi presso il medico curante del cittadino, al quale sarà richiesta una dichiarazione giurata circa le condizioni del proprio paziente. Insomma, per farla breve, conviene al cittadino dall'alvo irregolare pagare la tassa ugualmente, prima di restare strangolato dalla macchina burocratica, appositamente studiata per renderci la vita impossibile. Si tratta di un piccolo suggerimento, per carità, ma speriamo che possa essere utile al governo Monti, considerato che, di questi tempi, dal fisco ci aspettiamo di tutto, anche provvedimenti di questo tipo. Non dimentichiamo che siamo il paese che, in altri tempi, escogitò una "tassa sul celibato".