domenica 3 aprile 2011

FENOMENOLOGIA DI VITTORIO SGARBI

Spero non consideriate una domanda anodina quella che mi pongo tutte le volte che mi capita di vedere in televisione un personaggio del calibro di Vittorio Sgarbi: il primo impulso è quello di cambiare canale perché, comunque, sappiamo tutti come finirà (in rissa), ma poi ha la meglio l’interesse psicologico o antropologico del personaggio, che, indubbiamente, considerata la sua popolarità, offre non pochi spunti di riflessione. Questo personaggio (poiché di personaggio si tratta), nasce a Ferrara nel 1952, consegue una banalissima laurea in filosofia, insegna, con una carriera universitaria, per la verità, un po’ troppo folgorante, Storia delle tecniche artistiche per tre anni all’Università di Udine.
Vittorio Sgarbi è celibe. Ha riconosciuto tre figli, dichiarando in merito: «Sono contrario alla paternità. Quella del padre non è una categoria a cui ritengo di dover appartenere. Ciò detto sono anche contrario all'aborto. Ci sono donne che hanno voluto figli da me, non io da loro perché non può esserci l'obbligo di diventare padre”. (sic!) Si tratta di una dichiarazione molto importante, mai smentita, che fornisce, già di per se stessa un quadro non troppo edificante del personaggio. Nel 2008 Sgarbi commise un atto di plagio intellettuale, copiando quasi testualmente, in una sua introduzione a un volume sul Botticelli, le frasi che la storica dell'arte Mina Bacci scrisse sul pittore quattrocentesco in un fascicolo dei «Maestri del colore» (Fabbri editore) nel 1964. Nel 2010 viene nominato Soprintendente della Soprintendenza speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo museale della città di Venezia e dei comuni della Gronda lagunare. La nomina è stata successivamente annullata dalla Corte dei Conti. E anche questa disavventura non getta una buona luce sul personaggio. Per completare il quadro, riportiamo di seguito le condanne subite da Sgarbi a vario titolo, ma in numero sufficiente da far suscitare qualche perplessità nell’ascoltatore, quando sciorina, con il suo linguaggio fortemente connotativo, le sue note invettive.
·        Condanna per diffamazione contro Caselli e Orlando
·        Condanna per assenteismo e produzione di documenti falsi
·        Condanna per diffamazione aggravata contro Caselli e il pool di Milano
·        Condanne per ingiurie contro Marco Travaglio
·        Condanna per diffamazione contro Roberto Reggi
·        Condanna per diffamazione contro Raffaele Tito
·        Condanna per ingiuria contro Gianfranco Amendola
Ora un laureato in Filosofia, senza master né dottorati, né ulteriori specializzazioni, con la passione della storia dell’arte, che diventa docente universitario, francamente lascia perplessi. Se a questo aggiungiamo la sua controversa carica di sovrintendente ai beni culturali del Veneto, le perplessità sono destinate ad aumentare. Diciamolo subito: il contributo alla storia dell’Arte da parte del “professor” Vittorio Sgarbi è semplicemente nullo. Non ha mai scritto nulla degno di nota, ha invece plagiato gli scritti altrui, ha inciso delle videocassette per una nota emittente (Telemarket) commerciale, indagata per la vendita di oli rivelatisi falsi di Michele Cascella. Consapevole della non indispensabilità della sua opera nell’ambito artistico, il nostro si getta nell’agone politico. Passa in rassegna una serie di formazioni politiche, compresa una che porta il suo nome, escludendo la sola sinistra, non brillando certo per coerenza e cambiando, di volta in volta, gabbana. Anche la sua esperienza di Assessore ai beni culturali del comune di Milano, non ha avuto fortuna: non appena resasi conto di quale flagello si era messa in casa, Letizia Moratti non ha esitata a sfiduciarlo. Considerato, dunque, che anche la politica non è proprio il suo forte, Sgarbi diventa polemista televisivo, un terreno nel quale non ha decisamente rivali. Lanciato in TV dal Maurizio Costanzo show, non ha mai abbandonato gli studi televisivi, distinguendosi, praticamente, per due soli aspetti: il primo, non essere mai d’accordo con la maggioranza degli astanti. Di qualsiasi argomento si dibatta, fosse anche la possibilità dell’esistenza dei marziani su Marte, se il pensiero comune depone per il no, Sgarbi è pronto a giurare e spergiurare che non solo i marziani esistono, ma che ha avuto egli stesso l’occasione di ospitarne uno (di sesso naturalmente femminile) nella sua casa ferrarese. Il secondo ha a che vedere con la sua “verve” polemica: Sgarbi non è uno che discute, che si confronta, tanto meno che dialoga. Non ascolta neppure le ragioni del suo interlocutore, parte in quarta con il suo monologo,senza interrompersi, senza interloquire, e grida, si dibatte, si contorce, e, alle ovvie obiezioni dei suoi interlocutori, risponde piccato ripetendo ossessivamente, con un atteggiamento ossessivo-compulsivo, la stessa frase per quindici, venti volte. Se, per esempio, vuole dire “vergognati” a qualcuno, lo ripeterà, urlandolo, una ventina di volte, cercando così di coprire, con le sue grida, le ragioni di chi gli risponde. Sono altresì noti i suoi vagheggiamenti di innumerevoli (si parla di migliaia di convegni carnali) incontri con donne di tutti i ceti, di tutte le età, di tutte le condizioni, ma tutte, dico tutte, con un unico denominatore comune: l‘ammirazione incondizionata, l’adorazione spinta fino all’idolatria, del maschio che le ha possedute, a tutte ha lasciato qualcosa, una sorta di marchio di qualità, tutte si dicono estasiate di aver incontrato cotanto amatore. Tiriamo qualche somma. Un laureato in Filosofia, dalle nostre parti, o fa l’insegnante o entra in banca. Diventare sovrintendente, giovanissimo, legittima qualche sospetto. Non parliamo della docenza universitaria. Un critico d’arte senza arte né parte, che si è improvvisato tale, praticamente autodidatta, lascia alquanto interdetti. Un politico che brilla solo per assenteismo e che cambia innumerevoli volte casacca, idem. Un “opinionista” che non ascolta mai gli altri, che non è in grado di parlare con gli altri come siamo tutti abituati a fare, ma è unicamente in grado di urlare le sue ragioni, dal momento che non ha ragioni, partendo ogni volta dal presupposto che gli altri hanno torto e lui no, costituisce uno spettacolo che sarebbe bene evitare. L’essere contrario “a prescindere” non è sinonimo né di intelligenza, né di sensibilità. Se fossi invitato ad una trasmissione televisiva e sapessi che tra gli altri invitati c’è anche questo personaggio, eviterei accuratamente l’invito, perché saprei già in anticipo come andrebbero a finire le cose. Se poi parliamo del bisogno, ancora una volta ossessivo, di sottolineare la proprio virilità, viene spontaneo pensare esattamente il contrario. Una persona soddisfatta della propria vita, anche sessuale, non sente il bisogno di magnificarla, infiorettandola ogni volta di qualche boccaccesco particolare. Si direbbe, viceversa, il prodotto di una frustrazione. Quanto a quello che Sgarbi pensa delle donne e della paternità, non ci curiamo neppure di commentarlo, le parole sopra citate si commentano ampiamente da sole. Il problema, viceversa, è: come mai una persona non brillante, critico e politico mediocre, non eccelso per originalità, dal momento che il suo pensiero deve, in ogni, caso essere contrario alla maggioranza, una persona che è perennemente aggressiva, che utilizza l’ingiuria e la diffamazione come armi naturali della sua dialettica, ebbene, come spiegare che un simile figuro è costantemente in televisione, è continuamente invitato, pur compiendo, ogni volta, il suo solito numero, a innumerevoli trasmissioni?  La risposta è fin troppo ovvia: perché quando Sgarbi fa le sue apparizioni, l’audience si alza, e lo share si impenna segnatamente nel momento dell’invettiva contro qualcuno degli altri ospiti. Dunque Sgarbi, con tutte le lacune e i difetti che possiede (e non sono pochi) funziona come personaggio televisivo, fa audience, sicuramente suscita anche l’ammirazione di un discreto numero di persone. E qui sta lo spunto di riflessione. Non abbiamo, come è ovvio, nulla di personale contro la persona di Vittorio Sgarbi, che riteniamo sia liberissimo di fare ciò che fa, ma il problema è riflettere su quali elementi muove, nell’animo del popolo italiano, questo personaggio, su quali istinti fa leva la sua personalissima maniera di fare polemica. Allora, se la televisione urlata va per la maggiore, se un personaggio poco più che mediocre (“un guitto con il dono della parola” come lo definì Roberto D’Agostino) ha ricoperto cariche importanti, sebbene per poco tempo, se il suo modo di pensare, monocorde, ossessivo, tipico del “bastian contrario” che non ha una personale opinione, ma attende l’espressione dell’altrui pensiero per poi modellare il proprio, insomma, se una persona sgradevole, che non discute ma litiga, che non è mai originale, che, in buona sostanza, non ha nulla da dire, riscuote un indiscusso successo, vuol dire che non ci siamo ancora fatti una idea abbastanza chiara di quello che è diventato il nostro gusto, di quello cui ci siamo abituati, di cosa è diventato quel tritacarne che si chiama televisione. Non è vero che la televisione è cambiata , che una volta era educativa ed ora è commerciale. E’ vero che siamo noi ad essere cambiati, siamo diventati onnivori, ingeriamo e metabolizziamo tutto, senza distinzione, senza critica, senza discernimento. Abbruttiti dalla pubblicità, ormai così pervasiva da costituire il vero palinsesto della TV, dove i programmi sono diventati delle interruzioni tra uno spot e l’altro, inebetiti dai reality, dai tronisti e da qualunque altro pattume televisivo, non siamo più in grado di capire che non ci si mette davanti alla TV per assistere passivamente a quello che emana il digitale terrestre: ci si piazza davanti alla TV cercando, scegliendo qualcosa che ci possa arricchire, anche nel divertimento. Si dovrebbe guardare al TV come si scegli un libro, i libri non vengono imposti, sono il frutto di una decisione. Da qualche sera “Blob” manda correttamente in onda una sequenza tratta da un format che si occupa, (con un cattivo gusto difficilmente eguagliabile) di “fenomeni”, di scherzi della natura, come li definirebbe qualcuno, quelli che un noto cineasta (Tod Browning) chiamava “freaks”. Si vede Jerry Scotti, un altro uomo per tutte le stagioni, che si intrattiene amabilmente con l’uomo e la donna più piccoli del mondo: a vederli ti si stringe il cuore, non per la loro condizione, ma per la cornice nella quale sono stati inseriti. Difficilmente in TV si è visto e fatto di peggio.