mercoledì 15 marzo 2017

TRAMONTO DI UN CAMERIERE



Tre anni fa arrivava a Palazzo Chigi dalla porta principale, con l'amico Matteo Renzi. Era il 2014. Giorgio Napolitano, all'epoca presidente della Repubblica, aveva deciso di sostituire Enrico Letta con il premier rottamatore. Luca Lotti, da Montelupo, ci entrava da sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio con delega all'editoria e al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica), incarico di spessore che prima di lui (anche se con deleghe differenti) aveva ricoperto uno come Gianni Letta, massima espressione del potere negli anni del governo di Silvio Berlusconi.
STRETTO TRA PROCURA E PARLAMENTO. Oggi la situazione è cambiata. Da ministro dello Sport deve difendersi sul caso Consip, sia nelle aule di giustizia, dove è indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento, sia in parlamento, accerchiato dalla mozione morbida degli scissionisti di Mdp e da quella più dura, la sfiducia, dei grillini. C'è chi chiede un passo indietro, chi pronuncia la parola magica: dimissioni. Certo, dicono ai piani alti del Nazareno, supererà entrambi gli scogli. Ma il doppio gancio di procure e politica rischia di lasciare strascichi pesanti, soprattutto sulla sua tenuta all'interno del Partito democratico, perché anche a lui, oltre che al vice di Renzi Maurizio Martina, spetta tenere ordinate le truppe in vista del congresso di fine aprile contro Andrea Orlando e Michele Emiliano.
Il doppio gancio procure-politica rischia di lasciare strascichi pesanti, soprattutto sulla sua tenuta all'interno del Pd
Vero è che la sconfitta al referendum costituzionale, oltre al ridimensionamento di Renzi, ha causato anche il crollo del "Lampadina", il soprannome datogli per i capelli. Se tre anni fa fu lui a gestire il delicato dossier sulle nomine nelle partecipate, da Finmeccanica a Eni, in questi giorni di rinnovi, il suo ruolo appare ridimensionato. A Palazzo Chigi al dossier stanno lavorando soprattutto Luca Bader, storico consigliere del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni sin dai tempi del ministero degli Esteri e l'attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi. L'ex ministro per le Riforme ha ricominciato a parlare in questi giorni, è tornata in televisione e sembra più forte di prima, nonostante la débâcle referendaria.
«LOTTI? UNO DI QUELLI CHE NON CADE MAI». Tra Boschi e Lotti, si sa, non corre buon sangue. Ma sulle nomine delle partecipate si gioca un capitolo importante della storia del renzismo. Un radicale cambio ai vertici di Eni, Poste, Finmeccanica o Terna, piazzati dall'ex segretario appunto quattro anni fa, rappresenterebbe una sconfitta del potere renziano. O, meglio, potrebbe rappresentare la nascita di un nuovo potere. «Certo non è un bel momento per uno che si crede Churchill ma che fino a pochi anni fa faceva l'amministratore in Toscana, ma Lotti è uno di quei personaggi che non cade mai», spiega una persona che lo conosce bene. Lui si difende. E parla di sport.
La tranquillità sfoggiata dal "Lampadina" in questi giorni potrebbe però essere più ostentata che reale. Leggendo le carte depositate dal Noe dei Carabinieri, infatti, il ministro dello Sport ha sufficienti ragioni per preoccuparsi. L'accusa di rivelazione di segreto d'ufficio, avere in sostanza spifferato dopo esserne venuto a conoscenza dell'inchiesta Consip e dei soggetti indagati e intercettati, emerge in maniera decisa dalle indagini. Lo scrivono gli investigatori a chiare lettere nell'informativa trasmessa alla procura di Roma: l'amministratore delegato di Consip Luigi Marroni «qualche settimana dopo l’installazione delle microspie nei suoi uffici ne ha avuto notizia (dell'indagine, ndr) dal Luca Lotti e infatti onde verificare la fondatezza dell’informazione dispone una bonifica esclusivamente degli ambienti a lui in uso».
MINISTERO IN BILICO. Insomma, la bonifica nello studio di Marroni che ha compromesso una parte dell'inchiesta potrebbe essere stata effettuata grazie al ministro in persona. Il che forse sarebbe sufficiente per far arrivare Lotti in giudizio nei prossimi mesi. E se la mozione del Movimento dei progressisti democratici al Senato chiede al governo di «valutare la necessità di sospendere le deleghe al ministro dello Sport Luca Lotti fino al chiarimento della vicenda che lo vede coinvolto», è logico che un eventuale rinvio a giudizio porterebbe ad allungare i tempi per il chiarimento richiesto portando il fedelissimo dell'ex premier lontano dal suo ministero di via Ferratella in Laterano.
MARRONI DIXIT. Nella vicenda Consip, centrale per Lotti non è tanto la vicinanza agli imprenditori Carlo Russo e Alfredo Romeo, ma lo sono le dritte date all'esterno su microspie e indagini in corso. Accuse che condivide con il comandante generale dei Carabinieri Tullio del Sette e il comandante della legione Toscana Emanuele Saltalamacchia. A inguaiare definitivamente Lotti è stato lo stesso Marroni che, dopo aver spiegato come fosse venuto a conoscenza delle indagini in differenti occasioni, ha riferito agli inquirenti romani: «Lotti mi informò che si trattava di un’indagine che era nata sul mio predecessore Casalino e che riguardava anche l’imprenditore campano Romeo. Delle intercettazioni ambientali nel mio ufficio l’ho saputo non ricordo se da Lotti o da Nicola Centrone, stretto collaboratore di Luca Lotti». Versione confermata ai pm di Napoli il 20 dicembre scorso, quando Marroni dichiarò che fu Lotti a dargli notizia di «operazioni di intercettazioni telefoniche e anche ambientali, mettendomi in guardia».
Alessandro da Rold e Luca Rinaldi – Lettera 43