martedì 28 marzo 2017

POLETTI E’ INCOMPATIBILE CON LA CARICA DI MINISTRO. DEVE ANDARSENE UNA VOLTA PER TUTTE



Sono talmente tante le sciocchezze che si sentono ogni giorno che non verrebbe neanche più voglia di controbattere. Ma, mentre leggo basita le parole del ministro Poletti, penso che no, sui ragazzi no, non si può scherzare o sbagliare.
Leggo e penso, caro Poletti, che siamo in un Paese dove ai nostri ragazzi neanche si insegna a fare un curriculum decente da spedire. Penso che siamo drammaticamente di fronte a ragazzi ai quali andrebbe detto ben altro del fatto che il lavoro "si trova più su un campo di calcetto che spedendo curricula in giro" e che andrebbe presa coscienza, invece, che c'è un gap mostruoso fra i nostri giovani che andrebbe colmato.
Perché, oggi, chiunque viva in mezzo ai nostri ragazzi si rende conto che esistono quelli che non vedono nessuna luce in fondo al tunnel e magari neanche hanno i soldi per giocarci a calcetto, caro ministro. Quelli che si "infognano" nella ricerca di un ipotetico lavoro parcheggiandosi anni in questo stato senza che nessuno gli dica come fare davvero, come essere efficaci, senza demagogia o buone scuole teorizzate ma praticate su terreni assurdi dove mancano i fondamentali.
A questi, caro Poletti, è offensivo, mortificante, una truffa ignobile, parlare di "calcetto"! Sono strumenti che gli vanno offerti. Sono stimoli, incentivi a essere al meglio delle loro possibilità, sono confronti con quello che può accadere e accade nel mondo che devono conoscere, proprio per scoprirli nel nostro Paese dove esistano o attuarli se non glieli abbiamo già creati.
A questi ragazzi non si deve parlare di lavoro da trovare sul campo di calcetto! A questi ragazzi va detto che prepararsi serve e che se saranno preparati, specializzati, offrendogli la possibilità di proporsi con quel qualcosa in più che il mercato richiede e gli diamo la possibilità di avere, se faranno con passione qualcosa che amano e lo faranno presto e bene, il margine per il lavoro ci sarà.
Può esistere. Non si può offenderli illudendoli che una pacca su un campo di calcetto o quattro battute in uno spogliatoio prima della doccia, sostituiscano una professionalità da costruirsi, l'unica vera arma che possiamo regalargli noi adulti, e imparato sulla nostra pelle, per renderli liberi!
Poi, caro Poletti, ci sono gli altri. Gli altri ragazzi. Quelli che sulla sua battuta si fanno una risata e, magari, ci bevono su una birra brindando a loro e al fatto che qualcosa l'hanno intuita da soli, invece, senza i suoi mirabili consigli.
Solo che questa risata se la fanno davanti a una birra in pub inglese, o in Francia, in Europa o in una qualunque altra parte del mondo. Si fanno una risata perché sono quelli, fra i nostri giovani, che hanno ritenuto il nostro Paese non avere più speranza e sono andati "fuori". Ci sono andati proprio perché hanno visto gente che amministrava, descriveva e descrive il loro futuro in questo Paese con frasi come le sue.
Quelli che hanno capito che i curricula vanno spediti, tanti, e che vanno anche spediti fatti bene. Vanno spediti con risultati avuti, con elementi che contino, con esperienze che vanno da aver dato dei gadget pubblicitari per strada al conoscere bene una lingua o aver finito in tempo il proprio percorso, e neanche con voti massimi se c'è tutto il resto.
Sono quelli che hanno avuto possibilità in Paesi che li hanno sostenuti nello studio e nei quali si può ancora spedire proprio uno di quei curricula avendo una risposta onesta, anche senza giocare a calcetto. Sono ragazzi che hanno stage dignitosi, dove imparano e sono dignitosamente pagati. Ragazzi che sorridono alle sue battute e che per battute come queste continuiamo a perdere perché restano altrove.
Poco male se resteranno altrove, dirà "qualcuno"? Io non credo. Credo sia un disastro, invece, credo siano le nostre migliori energie che perdiamo mentre, oltretutto, offendiamo e mortifichiamo le altre rimaste qui.
Quelli che sono qui con noi, adulti sconcertati, ad ascoltarla, quelli che ancora neanche lo sanno che potrebbero esserlo, migliori. Mentre nostro dovere sarebbe dirglielo. Continuamente. In un Paese dove il nepotismo ancora la fa da padrone e dove si offrono ogni giorno esempi non proprio edificanti di posizioni di potere mantenute nonostante evidente impreparazione o mancanza di qualificazione adeguata, almeno il buon gusto di non offenderli, i nostri ragazzi io personalmente lo pretendo.
Da cittadina e da madre, soprattutto. Da madre che vede questi ragazzi, li vive e ascolta raccontarsi e troppe volte, ormai, non riesce più a trovare ancora parole per difenderlo davanti a loro, questo nostro, dannatissimo ma amato Paese.
Milena Mucci – Huffington Post