lunedì 16 maggio 2016

IL PAPA HA TOCCATO UN NERVO SCOPERTO: L’AMORE PER CANI E GATTI STA DIVENTANDO UNA OSSESSIONE, E CI FA DIMENTICARE IL NOSTRO PROSSIMO



«Quante volte vediamo gente tanto attaccata ai gatti e ai cani che poi lascia sola e affamata la vicina. No, per favore no!».
È questo il grido d’allarme lanciato da papa Francesco nell’udienza giubilare in piazza San Pietro scatenando le ire degli animalisti.
Comunque la si pensi, non c’è dubbio che fasce sempre crescenti della popolazione preferiscano l’affetto (spesso morboso) verso gli animali rispetto ad altre persone che avrebbero bisogno di amore, siano essi i figli, i genitori soprattutto se anziani, gli amici o - come dice il papa - il vicino o la vicina di casa.
SOCIAL ORMAI INVASI. Anche per i media la dignità degli animali ha spesso il sopravvento su quella degli uomini.
Ormai i social network “tracimano” di storie e attenzioni verso “gli amici a quattro zampe”.
La stessa sensibilità non si ritrova per storie più strettamente umane.
Sembra quasi di assistere a un processo di umanizzazione degli animali e di disumanizzazione delle persone.
Ho delle amiche che definiscono il proprio cane «un figlio con il pelo», espressione che a me personalmente fa inorridire, ma che invece si sta diffondendo con una certa rapidità.
I CANI NON SONO FIGLI. In proposito, recentemente, un giudice del tribunale di Como ha bacchettato una coppia che stava divorziando sentenziando che «il cane non è un figlio» criticando anche il lessico da «relazione genitoriale».
In queste circostanze infatti l’accordo in tribunale non è dissimile da quello per un figlio: con chi deve stare l’animale nei weekend?
Chi deve pensare (anche economicamente) alla sua alimentazione e provvedere alle spese veterinarie?
Per il magistrato in questione paragonare un cane ad un figlio è «una caduta di stile a livello culturale».
Immagino le ire degli animalisti: se la prendono per una dichiarazione del Santo padre, figuriamoci cosa possono fare con la sentenza di un magistrato.
SCOMODATO SAN FRANCESCO... A Trieste, dove si registra una fortissima presenza di animali domestici con circa 20 mila cani e 22 mila gatti ufficialmente registrati, hanno preso molto male le parole del pontefice e la reazione ha avuto un fortissimo effetto mediatico: si è arrivati a dire che anche San Francesco d’Assisi non approverebbe le parole di Bergoglio, accusandolo inoltre di frasi «irresponsabili e fuorvianti».
La polemica è quindi accesa, a conferma che il tema esiste e che è stato toccato un nervo scoperto nell’ambito dell’evoluzione sociale della nostra società e dei nostri costumi.
Chi chiede più rispetto impari a mettere il guinzaglio al cane
La mia personale preoccupazione è che argomenti simili dovrebbero essere trattati con pragmatismo ed equilibrio, non con il consueto e italico tifo da stadio.
Nel nostro Paese su 57 milioni di abitanti esistono circa 60 milioni di animali domestici di cui 34 milioni tra cani e gatti.
Sono numeri che dovrebbero far riflettere non solo le aziende che stanno pesantemente investendo nel settore (cosa che ritengo assolutamente normale, tanto per essere chiari), ma anche per le implicazioni organizzative che questo comporta oltre ai temi etici già accennati.
IMPORTANZA INDISCUSSA, MA... Credo che nessuno possa mettere in discussione il ruolo sociale, relazionale e simbolico degli animali da compagnia, come confermato anche da una ricerca di Gfk nel 2013.
La stessa ricerca ipotizzava che la crisi avesse favorito questo vissuto.
Nel lungo freddo delle difficoltà economiche e di welfare, il cane o il gatto funzionano come attori che donano di più rispetto a ciò che ricevono instaurandosi uno scambio positivo quantomeno sul piano della relazione e dell’economia degli affetti.
AI GIARDINETTI SENZA REGOLE Ci sono comunque alcune contraddizioni che dovrebbero essere risolte.
Un animale domestico che aiuti a stare bene e che aiuti la famiglia anche a crescere ed educare meglio i figli necessita per i proprietari un ulteriore livello di coerenza nei comportamenti quando porta l’animale al giardino: dovrebbe tenerlo rigorosamente al guinzaglio avendo rispetto anche per coloro che possono aver paura degli stessi.
In ogni caso non tutti amano i cani o altri animali domestici per cui è buona regola rispettare anche le altrui esigenze.
COLPO AL DECORO DELLA CITTÀ. Nessuno può negare che il decoro di molte città paga pesantemente la mancata educazione (ecco una delle contraddizioni) dei loro proprietari che permettono ai cani di lasciare i propri bisogni ovunque: sia per strada sia nei giardini nelle aree adibite ai giochi dei bambini.
Si parla sempre dei diritti, meno dei doveri
Oggi parlare degli animali domestici è diventato molto abituale su tutti i media.
Sarebbe bello che da un lato dedichino sempre più spazio ai diritti degli animali, ma anche altrettanto doveroso che parlino dei doveri e dei compiti dei proprietari e al rispetto che si deve a chi con gli animali potrebbe avere qualche problema.
ESISTONO GLI ALLERGICI. Oltre al rispetto per chi ha paura in quanto anche questo è un diritto che va rispettato e di cui ho già detto, va ricordato che la percentuale di persone allergiche al pelo degli animali è in aumento crescente.
Se da un lato è giusto dare agli animali domestici la possibilità di seguire i propri padroni in aereo, in treno, in albergo, al ristorante eccetera, è altrettanto giusto dare alla persona allergica il diritto di frequentare gli stessi ambienti senza problemi per la propria salute.
SI FACCIA UNA RIFLESSIONE. In sintesi, chi considera un cane «un figlio con il pelo» dovrebbe avere nei confronti dello stesso gli stessi doveri educazionali che ha appunto con i propri figli.
Io spero che il sasso (o se volete il macigno) gettato nello stagno da papa Francesco possa stimolare una riflessione utile sul tema da un punto di vista etico (toccando sensibilità diverse), ma anche sociale, urbano e di sensibilizzazione agli obblighi di un buon proprietario senza che si scateni una guerra “di religione”.
E chi deciderà che la dignità di un animale è superiore (o anche uguale) a quella di un essere umano (o viceversa) potrà farlo in un contesto di rispetto della altrui sensibilità.