venerdì 6 novembre 2015

CRISI DELLA CHIESA: A CHE PUNTO E' BERGOGLIO



“Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone: non si può fare. Questa è la prima tentazione”. Questa la dichiarazione di papa Francesco a Straatnieuws, giornale di strada olandese, rilasciata il 27 ottobre e tradotta oggi dalla radio vaticana.
L'affermazione del pontefice, riletta alla luce dello scandalo Vatileaks 2 emerso nei giorni scorsi, suona più come una risposta alle critiche sul lusso in cui vivono cardinali e vescovi e alla corruzione e agli scandali finanziari all’interno della Santa Sede, piuttosto che un semplice richiamo ai valori del Vangelo. Pensiero ribadito nell'omelia di stamane a Santa Marta: " Ci sono questi, che invece di servire, di pensare agli altri, di gettare le basi, si servono della Chiesa, gli arrampicatori attaccati ai soldi. E quanti sacerdoti e vescovi abbiamo visto così".
"Dio ci salvi dalle tentazioni di una doppia vita, dove mi mostro come uno che serve e invece mi servo degli altri", il monito del pontefice. "Ci si chiede - ha proseguito Francesco - di metterci al servizio, ma c'è chi ha raggiunto uno status e vive comodamente senza onestà, come i farisei nel Vangelo. Mi commuovono quei preti e quelle suore che per tutta la vita sono al servizio degli altri". Sono questi preti e queste suore, ha sottolineato il Papa, "che rappresentano la gioia della Chiesa". "Nel Vangelo - ha ripreso Bergoglio - il Signore ci fa vedere l'immagine di un altro servo, che invece di servire gli altri si serve degli altri". E, ha sottolineato, "abbiamo letto cosa ha fatto questo servo, con quanta scaltrezza si è mosso, per rimanere al suo posto". Un'ambivalenza che non ci dovrebbe essere all'interno della Chiesa, ha concluso Francesco.
Nell'intervista a Straatnieuws, Bergoglio insiste sulla necessità di resistere alle tentazioni, due in particolare: "La chiesa deve parlare con la verità e anche con la testimonianza della povertà. Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone, questo non si può fare. Questa è la prima tentazione. L'altra tentazione è di fare accordi con i governi", ha sottolineato il Papa, a condizione che siano accordi chiari e trasparenti. "Noi gestiamo questo palazzo - ha portato ad esempio Bergoglio - ma i conti sono tutti controllati, per evitare la corruzione. Perché c'è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica. Sia politica, sia religiosa".
Papa Francesco ha raccontato una sua esperienza concreta: "Ricordo che una volta con molto dolore ho visto, quando l'Argentina sotto il regime dei militari è entrata in guerra con la Gran Bretagna per le isole Malvine, la gente dava delle cose, e ho visto che tante persone, anche cattolici, che erano incaricati di distribuirle, le portavano a casa. C'è sempre il pericolo della corruzione. Una volta ho fatto una domanda a un ministro argentino, un uomo onesto, che ha lasciato l'incarico perché non poteva andare d'accordo con alcune cose un po' oscure. Gli ho chiesto: 'quando voi inviate aiuti, sia pasti, siano vestiti, siano soldi, ai poveri e agli indigenti, di quello che inviate, quanto arriva là, sia in denaro sia in spesa?' Mi ha detto: 'Il 35 per cento'. Significa che il 65 per cento si perde. E' la corruzione: un pezzo per me, un altro pezzo per me".
Una storia che sembra ricalcare la vicenda dell’Obolo di San Pietro descritto nel libro di Gianluigi Nuzzi “Via Crucis”, che ha svelato come su 10 euro che nel 2013/2014 entravano in Vaticano per la beneficenza del pontefice, sei finivano a sanare i conti in rosso della Curia, due venivano accantonati in un fondo - che ormai ammonta a 400 milioni di euro - e solo due venivano rigirati al canale umanitario dedito alla beneficenza. "Ieri - prosegue il Papa nell'intervista - ho chiesto di inviare in Congo 50 mila euro per costruire tre scuole in paesi poveri, l’educazione è una cosa importante per bambini. Sono andato all’amministrazione competente, ho fatto questa richiesta e i soldi sono stati inviati”.
Poi spiega perché ha rinunciato all'appartamento del Palazzo Apostolico, optando invece per Santa Marta: "Dopo aver visto questo appartamento mi è sembrato un imbuto al rovescio, cioè grande ma con una porta piccola. Questo significa essere isolato. Io ho pensato: non posso vivere qua semplicemente per motivi mentali. Mi farebbe male. All'inizio sembrava una cosa strana, ma ho chiesto di restare qui, a Santa Marta. E questo mi fa bene perché mi sento libero. Mangio nella sala pranzo dove mangiano tutti. E quando sono in anticipo mangio con i dipendenti. Trovo gente, la saluto e questo fa che la gabbia d'oro non sia tanto una gabbia. Ma mi manca la strada".
Bergoglio sottolinea anche come non esistano tesori della Chiesa, poiché questi sono in realtà “tesori dell’umanità": "Se io domani dico che la Pietà di Michelangelo venga messa all’asta, non si può fare, perché non è proprietà della Chiesa. Sta in una chiesa, ma è dell’umanità. Questo vale per tutti i tesori della Chiesa. Ma abbiamo cominciato a vendere dei regali e altre cose che mi vengono date. E i proventi della vendita vanno a monsignor Krajewski, che è il mio elemosiniere. E poi c’è la lotteria. C’erano delle macchine che sono state tutte vendute o date via con una lotteria e il ricavato usato per i poveri. Ci sono cose che si possono vendere e queste si vendono”.
Francesco chiude l'intervista esprimendo un desiderio, una speranza: “Vorrei un mondo senza poveri. Anche se mi sembra un po' difficile immaginarlo. Noi dovremmo lottare per questo. Ma io sono un credente e so che il peccato è sempre dentro di noi. E la cupidigia umana c’è sempre, la mancanza di solidarietà, l’egoismo che crea i poveri. Non so se lo faremo questo mondo senza poveri, perché il peccato c’è sempre e ci porta l’egoismo. Ma dobbiamo lottare sempre”.