lunedì 25 febbraio 2013

HA VINTO UN POPULISTA SETTARIO



Esulteranno gli unici vincitori di queste stupide, inutili elezioni. Il meno contento, c’è da scommetterci, è proprio Beppe Grillo. Un demolitore non sa costruire, il suo compito è quello di sfasciare, non di edificare. Gli italiani hanno votato nel solo modo che conoscono: con la pancia. Non con la testa o con qualsiasi altro organo del corpo. Ora che le loro budella sono sazie e soddisfatte, si presenta un piccolo problemino. E adesso? Adesso che succede? Chi lo governa il paese? Quale coalizione avrà i numeri nelle due camere per guidare il paese fuori dalle secche di una spaventosa recessione? Qui la cosa si complica. Chi glielo spiega agli osservatori elle opinioni pubbliche straniere che il secondo partito (di misura) è la formazione di quello stesso Berlusconi che è caratterizzato, in sostanza, dai seguenti aspetti: 1) incarna perfettamente il peggior conflitto di interessi del mondo. E’ l’uomo più ricco d’Italia, possiede più della metà delle televisioni italiane, è a capo, per la sua forza economica, di diverse logge e consorterie; 2) è un plurindagato, rimasto a piede libero per il solo fatto di aver fatto votare le famose “leggi ad personam” dal Parlamento. Buona parte dei procedimenti giudiziari a suo carico sono stati semplicemente prescritti. Certamente, in più di un processo è o è stato colpevole; 3) ha 77 anni, è mentalmente instabile a causa dei suoi stravizi a sfondo sessuale. Ha definitivamente lordato l’immagine del nostro paese, e, non avendo la minima idea di cosa siano economia e finanza, ha portato, lo scorso novembre, l’Italia sull’orlo della bancarotta. Vi basta? Eppure, dopo quasi vent’anni gli italiani continuano a votare un imbroglione che promette di restituire l’IMU. Mai sentita una idiozia più colossale. Per tornare a Grillo, i suoi lunghissimi monologhi senza contraddittorio, i soliloqui zeppi di ingiurie e parolacce, la sua avversione (che ha del patologico) alla televisione e alle interviste, la sua mania ossessiva per internet, il suo assoluto pressapochismo e faciloneria, la sua volontà di autosufficienza, senza indicare alcune possibile alleanze, ne fanno un guitto con il dono della parola. Il suo movimento è chiuso, settario, i suoi adepti giurano fedeltà al capo, che poi è a sua volta condizionato dall’eminenza grigia del gruppo, tale Casaleggio, guru informatico cui lo stesso Grillo non sa dire di no. Il movimento non esiste senza Grillo, chi non si adegua viene epurato. Come nelle migliori tradizioni del settarismo religioso. Si può affidare una nazione ad un nocchiero ubriaco, che naviga a vista? Grillo vuole indire un referendum per uscire dall’euro, non immaginando, probabilmente, che l’Italia fallirebbe nel giro di due mesi con la povera liretta. Il suo movimento ha delle caratteristiche che lo accostano pericolosamente a Scientology. Il movimento 5 stelle, una armata Brancaleone che raccoglie ex figli dei fiori, sbandati di ogni specie, ex tossici, una parte degli aderenti ai centri sociali, persone sprovvedute in perfetta buona fede, buoni cattolici con l’aspetto di boy scout. Hanno un solo denominatore comune: non sanno amministrare nemmeno un condominio, figuriamoci uno stato. Non si manda in Parlamento una simile accozzaglia di dilettanti allo sbaraglio. Ecco  perché, all’inizio, ponevo la domanda retorica: e dopo? Da queste elezioni non è uscito alcun vero vincitore, il paese è ingovernabile. Ma l’affermazione di Grillo e Berlusconi avrà alcune  conseguenze immediate, potete scommetterci: l’impennata dello spread, che causerà una immediata crisi delle nostre banche, i cui caveau sono pieni di titoli di stato, un aumento dei CDS, le polizze sui crediti a difficile esigibilità, un calo pauroso del PMI (il Purchasing Managers index), una fuga in massa di capitali verso lidi migliori, una fuga degli investitori stranieri cui l’ instabilità politica non è particolarmente gradita. Cominceranno a fallire altre banche, oltre al Monte dei Paschi, e poi altre ancora, fino a mettere a repentaglio non solo i nostri risparmi, ma la stessa tenuta del Tesoro dello Stato. La finanza condiziona fortemente l’agenda politica degli stati dell’eurozona, e con una recessione come la nostra, non possiamo permetterci un governo che non tenga fede ai propositi formulati a livello di Unione Europea, e che, anzi, vanifichi in pochi mesi tutti i sacrifici che ci ha imposto il governo Monti. Non so se andremo presto a nuove elezioni, ma so per certo, da un punto di vista di realpolitik, che presto avremo bisogno di un altro governo tecnico con una altro presidente del consiglio che ci salvi dal baratro della Grecia.