Siamo in piena campagna elettorale ed i punti chiave
su cui si discute sono l'IMU e la pressione fiscale in senso lato: abbiamo
potuto vedere come in Italia ci sia un virus nell'aria per cui chi si presenta
come un tecnocrate dopo pochi mesi si immedesima con gli altri e diventa un
politico a tutti gli effetti. Pensateci un attimo Mario Monti aveva
promesso di andarsene dopo il suo mandato temporaneo e adesso corre con una sua
cordata sgomitando e promettendo un mondo migliore proprio come tutti gli
altri. Nel silenzio della stampa e dei media televisivi l'Italia ha varato in
autonomia la sua Tobin Tax, la cosidetta tassa che deve colpire la
speculazione finanziaria, attraverso la Legge di Stabilità introducendo da Marzo
di quest'anno un'imposta dello 0,12% sulle transazioni finanziarie
(0,10% a partire dal 2014). L'istituzione di questo ulteriore prelievo, per chi
non lo sapesse ancora prende il nome da James Tobin, il premio Nobel che la
propose nel lontano 1981, ha conseguito più logiche di gradimento e consenso
popolare che di effettiva efficacia strumentale. Nell'immaginario
collettivo infatti la speculazione finanziaria è vista come la principale causa
di quanto sta accadendo secondo la percezione dell'uomo della strada.
Niente di più fuorviante, purtroppo. Ho già avuto modo
di scrivere a riguardo in precedenza per far luce su che cosa si intende
veramente con questo termine. Quello su cui voglio soffermarmi con questo
redazionale è la modalità di applicazione di questa imposta, infatti il
lettore non immagina nemmeno di come la
Tobin Tax italiana andrà ad impattare direttamente ed indirettamente sui propri
risparmi, mentre difficilmente verrà colpito il grande speculatore. Infatti
saranno colpite tutte le transazioni finanziarie che riguardano la compravendita
overnight di azioni ad alta capitalizzazione (oltre i 500 milioni), vengono
esclusi in ogni caso dall'applicazione dell'imposta i fondi pensioni, le
assicurazioni e gli intermediari market maker. Tralascio per ragioni di
tecnicismo l'applicazione dell'imposta sui derivati e mi limito solo ad
analizzare la compravendita di titoli azionari. La tassa colpisce solo le compravendite che presuppongono un
comportamento dell'investitore del tipo buy & hold (ovvero compra e
conserva, quindi ad esempio un classico comportamento da cassettista) mentre non si applica a chi effettua il
cosidetto hit & run (toccata e fuga).
Quindi per essere il più concreti possibile se
comperate ad esempio Enel a 3.20 e la rivendete dopo tre mesi a 3.50 allora
sarete soggetti sia alla Tobin Tax (0,12% del controvalore di vendita) e sia al
Capital Gain (20% sulla differenza tra prezzo di acquisto e di vendita).
Attenzione comunque che la Tobin Tax si paga anche se perdete ! Mentre se un hedge
fund delle Isole Cayman volesse effettuare una vendita allo scoperto sul
titolo Enel operando in ottica intraday con un controvalore di svariate
centinaia di milioni di euro, shortando il titolo alle 9:15 e ricoprendo la
posizione alle 17:15 non sarebbe gravato da nessuna imposta ! Nemmeno il
Capital Gain ! Questa sarebbe la fantomatica legge che il governo dei tecnici
ed accademici hanno pensato per l'Italia con lo scopo di colpire la
speculazione finanziaria ! La Tobin Tax colpisce solo il piccolo
risparmiatore e la sua gestione patrimoniale, non di certo i grandi
operatori finanziari che si sono già organizzati per continuare a negoziare
senza subire alcun aggravio. Rircodate che la Tobin Tax non ha alcuna valenza
significativa se non viene applicata in tutte le giurisdizioni del mondo.
Non entro
nel merito a spiegarvi come viene applicata la tassa sulla negoziazione dei
derivati e per le transazioni sui mercati non regolamenati (over the
counter) in quanto sono aspetti che solo chi opera li può comprendere sino in
fondo. Voglio portare tuttavia alla vostra attenzione l'ipotesi di gettito che
dovrebbe generare questa straordinaria imposta che colpisce i cattivi e
risparmia i buoni (nella realtà avviene il contrario): la stima più ottimistica
parla di quasi un miliardo di euro. Quindi bazzecole. Tanto per dire,
istituire la prostituzione in Italia potrebbe produrre un gettito annuo tra i
20 ed i 30 miliardi all'anno. Sostanzialmente si sono create le premesse per devastare
in via definitiva la borsa italiana sia nella quantità che nella qualità
degli scambi. La fuga di investitori dal nostro mercato avrà conseguenze
deleterie per tutti, Stato compreso, che vedrà ridimensionarsi anche l'afflusso
di fondi finanziari che verranno invece dirottati (sapientemente) verso altre giurisdizioni
più compiacenti, garantiste e sicure (Regno Unito, Malta, e Irlanda). La
storia è il nostro miglior maestro di vita, basterebbe vedere che cosa è
accaduto alla Svezia per rendersi conto della insulsaggine di questa
decisione: l'imposta introdotta nel 1984 venne poi revocata nel 1992 a seguito
dei danni e perdite cagionate non solo al proprio mercato finanziario, ma anche
per le conseguenze occupazionali.
Eugenio Benetazzo –
eugeniobenetazzo.com