Molti mi domandano come mai non
ho un profilo su Facebook, su Twitter o consimili. Una persona che gestisce
diversi siti o blog si dà per scontato che si avvalga di questo “indispensabile
strumento” per dialogare con i propri lettori o per condividere il suo pensiero
in maniera allargata e democratica. Confesserò quello che non ho mai detto:
detesto i social network. Vediamo perché. La prima ragione è del tutto
personale: dovendo seguire diversi siti internet non avrei assolutamente il tempo
di dialogare con amici e/o semplici lettori. E’ questo un argomento che ha un
carattere più generale: ci sono persone che, pur non pubblicando nulla su
internet, allacciano una tale quantità di “amicizie” sul web che, a conti
fatti, trascorrono delle ore intere per dialogare, spesso banalmente, con i
propri corrispondenti. Ora è chiaro che discorrere sul tempo atmosferico o sul
sesso degli angeli è una pura e semplice perdita di tempo. Questo è il primo
difetto dei social network: essendo di facilissima accessibilità e di
semplicissimo utilizzo hanno milioni di aderenti, che spesso conversano fra di
loro sul nulla. Ora, non penso che internet vada usato solo come strumento per dotte digressioni sul romanticismo
tedesco, ma banalizzare questo strumento discorrendo di niente non è solo una
perdita di tempo, trovo che sia altamente diseducativo. Non aiuta insomma a crescere,
a maturare, ad innalzare il proprio livello culturale e via discorrendo. In
questo senso i social network, proprio perché sono uno strumento democratico accessibile
anche a chi possiede un istintivo rifiuto per l’informatica, rischia di
diventare un luogo di chiacchiere da bar dello sport, con l’aggravante che la
futile conversazione avviene in modo virtuale e impedisce, di fatto, un
incontro reale magari davvero al bar dello sport. In secondo luogo, e anche
questo è un punto di vista personale, dovendo gestire diversi siti con
argomenti differenziati, sarei obbligato a trascorrere non poco tempo a
rispondere a domande spesso ridicole o inconsistenti: coloro che fossero
veramente interessati a quello che scrivo possono rivolgersi direttamente a me
attraverso il sito stesso, o avvalendosi dell’indirizzo di posta elettronica
che non manca mai dai siti o blog di cui mi occupo. Avviene così una selezione
naturale e solo le persone interessate o portatrici di domande pertinenti si
mettono in contatto con me. Se il mio profilo si trovasse su Facebook o Twitter
sarei obbligato a rispondere ad un mare di sciocchezze. In terzo luogo non
sappiamo di preciso quale utilizzo i social network fanno dei nostri dati
personali. Tutti ci garantiscono la massima riservatezza, ma siamo certi che,
come minimo, i nostri dati vengono venduti a società che sparano spam (posta
indesiderata) a tutti gli iscritti. Conosciamo bene l’invadenza ed il cattivo
gusto con i quali diverse aziende vendono i loro prodotti tramite internet, avvalendosi
di una pubblicità di pessimo gusto e comunque sicuramente invadente e
fastidiosa. Due esempi per tutti : Groupon e Spartoo. Uno legge un articolo su
di un sito istituzionale e, all’improvviso, viene reindirizzato (redirect) su
questi siti che vendono scarpe o bistecche a buon mercato. Un altro motivo è
più discutibile: ai social network , come abbiamo già detto, hanno tutti facile
accesso: è diventata una sorta di conformismo. Anche questo, che pure appare
come un aspetto positivo, mi ribello pacatamente: non è spocchia o sentimento
aristocratico, ma uno strumento usato spesso a sproposito finisce con l’omologare
una intera popolazione e allora un moto di anticonformismo può essere salutare,
soprattutto nella considerazione che chiunque avesse intenzione di mettersi in
contatto con me può farlo in qualunque momento. Il fatto è che i consumatori,
anche fanatici, di Facebook o Twitter, magari non sanno avvalersi neppure di un
client di posta elettronica, e allora la selezione, come dicevo diventa naturale.
In conclusione, come tutti gli strumenti, i social network non hanno una decisa
connotazione positiva o negativa: dipende sempre dall’uso che se ne fa. Se
vengono utilizzati per chiacchierare trovo che siano completamente inutili,
anzi dannosi, perché impediscono i salutari rapporti umani, se sono usati per
dialogare con istituzioni o personaggi di rilievo possono rivelare una grande
utilità. Molte persone, non possiamo ignorarlo, si sono ritrovate, a distanza di
molti anni grazie a questi strumenti, e questo non può che essere salutato con
favore. Senza contare il fatto che non è sempre vantaggioso essere reperibili
24 ore su 24. In barba alla nostra privacy, un po’ come accade con il
cellulare, ti tocca rispondere anche a molestatori o semplicemente a persone
che non sanno cosa fare e ti scrivono castronerie. Spesso, a dispetto delle
nuove tecnologie, è meglio non essere sempre reperibile e rintracciabile; una
salutare inaccessibilità, a volte, può rivelarsi un bene prezioso.