giovedì 21 febbraio 2013

UN VOTO INUTILE IN UN PAESE ALLA DERIVA



Mai come in queste elezioni politiche l’esito è ampiamente scontato. Con la legge elettorale peggiore del mondo, con un panorama politico estremamente frammentato, con le poche e confuse idee dei maggiori leader, non è difficile prevedere un pareggio in Senato, con conseguente ingovernabilità. Si potrebbe tornare al voto a giugno, ma cambierebbe qualcosa? Giusto il tempo di modificare l’odierno “porcellum”. Ma nei quattro mesi che intercorrono tra una consultazione e l’altra, i mercati ci bastonerebbero severamente, gli investitori si allontanerebbero ulteriormente dal nostro paese. L’instabilità politica è una delle maggiori insidie per la finanza. E a proposito di finanza, comprendo benissimo il malumore di molti, che sostengono che non può e non deve condizionare più di tanto la politica. E’ tutto vero, ma se vogliamo essere realisti, al momento è proprio così. Non possiamo non tener conto di quanto accade in Borsa e nei mercati. Il capitalismo, pur vivendo i suoi ultimi decenni di vita, sta dando il peggio di sé. Una finanza completamente sregolata, che domina e vince sull’economia reale, che condiziona pesantemente le scelte politiche. Se Berlusconi non si fosse presentato per l’ennesima volta, a 77 anni, tutto sarebbe cambiato. Ci sarebbe stata una netta vittoria del centro sinistra, si sarebbe presumibilmente costituita una aggregazione tra PD e centristi, ed il paese avrebbe avuto, nel bene e nel male, un governo stabile. Ma con la ricomparsa del Cavaliere, e di tutte le sue maniacali scorrettezze, tutto è possibile. La lettera ambigua sulla restituzione dell’IMU che ha inviato ai pensionati di mezza Italia, per quanto sia stato una autentica mascalzonata (si configura il reato di truffa), gli porterà i non pochi voti di quegli sprovveduti che non capiscono che, anche tecnicamente, una restituzione dell’IMU non è attuabile. Berlusconi è la rovina di questo paese da quasi vent’anni. Lo ha rovinato culturalmente  ed economicamente. Con lui e Tremonti al governo, se avessero atteso ancora un solo mese a dimettersi, il Tesoro dello Stato non sarebbe più stato in grado di pagare stipendi e pensioni. Questo molti sembrano averlo dimenticato. Non parliamo di Grillo che è diventato una specie di clown mediatico: dice tutto e il contrario di tutto, fantastica su innovazioni improbabili, di uscite dall’euro, di imprese mirabolanti per le quali non esiste la minima copertura. Abbiamo bisogno di un politico che capisca di economia e  finanza, non di un guitto che di mestiere fa lo sfasciacarrozze.
Monti, stesso, sceso (anzi, salito, come ama dire) nell’agone politico non ci ha risparmiato alcuna bassezza: la retorica più banale, l’enfasi più vieta, qualche accento di populismo. Il fatto è che Berlusconi ha obbligato i suoi “competitor”, come si dice oggi, utilizzando un inutile quanto assurdo anglicismo, a scendere al suo stesso livello, inseguendolo nel cattivo gusto e nella pirateria elettorale, facendo a gara a chi la spara più grossa. Il voto a Grillo non solo è inutile, dal momento che non ha intenzione di allearsi con nessuno e intende procedere imperterrito a colmare di contumelie tutti quelli che incontra, è anzi dannosa perché, alla fine dei conti, finisce con l’avvantaggiare Berlusconi. Il PD non ha, da parte sua, una personalità di spicco, che si destreggi nell’economia e nella finanza, che sia presentabile a livello internazionale. Il suo “esperto” in economia, Fassina, sembra che sia appena sceso dalla luna, non ha una sola idea chiara in testa, sembra che tutto e tutti gli diano il voltastomaco. Di gran lunga meglio di lui sarebbe il povero Oscar Giannino, che non sarà laureato, ma di economia ne sa più dello spocchioso Zingales che non appena ha appreso del master taroccato del suo presidente, si è dimesso al colmo dell’indignazione. Eh, caro Zingales, contassero solo i titoli accademici, avremmo risolto tutti i nostri problemi…fatti ci vogliono e non attestati di studi. Anche se facciamo finta di non saperlo l’agenda politico economica dell’Italia non sarà scritta a Roma, ma a Bruxelles, e alla perdita di sovranità ci dobbiamo rassegnare. Ma in fondo è meglio così, con la classe politica che ci ritroviamo, incapace persino di corregger una legge elettorale che non adotterebbe neppure la Repubblica Centrafricana, è meglio essere posti sotto tutela. E non facciamoci illusioni: con un quadro politico stabile avremmo avuto qualche possibilità di riscatto e la speranza di un timido inizio di crescita. Con l’ingovernabilità che produrrà il porcellum i prossimi mesi saranno di passione. Lo spread si impennerà con una pesante ricaduta sulle banche, alcune delle quali faranno la fine del Monte dei Paschi, con la differenza che non possiamo salvarle tutte; i pochi investitori rimasti in Italia taglieranno la corda facendoci sprofondare in una recessione del tutto simile a quella spagnola. A quel punto tra noi e il paese iberico non ci sarà più alcuna differenza. Ricordiamo sempre che le banche, con tutte le loro colpe, custodiscono i nostri risparmi, sono le nostre casseforti, se falliscono loro, falliamo anche noi. E comunque va in default il Tesoro dello Stato. A questo punto ci ha portato un solo uomo, il Cavaliere Nero, l’incarnazione stessa della malapolitica e del malgoverno.