venerdì 2 marzo 2012

LA SINDROME DI NIMBY


Già, “nimby”, sta diventando una parola alla moda, per molti di noi è già familiare, se ne legge sempre più spesso. Intanto che cosa significa l’ennesimo anglicismo col quale ci dobbiamo confrontare? E’ un acronimo, n.i.m.b.y. (Not In My Back Yard), significa “non nel mio cortile”. Il significato è lampante: vanno bene le riforme, vanno bene i sacrifici, le imposizioni fiscali, l’inasprimento della lotta all’evasione, le misure per lo sviluppo come le privatizzazioni e le liberalizzazioni, ma “non nel mio cortile”. I sacrifici è giusto che siano ripartiti equamente a seconda della propria condizione economica, le riforme delle professioni sono sacrosante, forniscono ai giovani una possibilità in più di inserimento in un mondo come quello del lavoro che si sta sempre più chiudendo, insomma va tutto bene, avete ragione non una, ma  mille volte,  purchè le riforme non riguardino “il mio cortile”. Vogliamo fare qualche esempio, tento per capirci meglio? Siamo tutti d’accordo che le discariche da qualche parte devono stare, se non vogliamo che i cumuli di spazzatura arrivino ai primi piani dei condomini. Il problema sorge quando occorre decidere non tanto il “quando”, mail “dove”. Le popolazioni dei siti individuati come più idonei sono pronte ad innalzare barricate, a bloccare la ferrovia, a sdraiarsi sull’asfalto delle autostrade, perché c’è sempre qualche motivazione, per esempio di ordine paesaggistico, che rende inattuabile l’opera in quel sito. I sindaci intervistati parlano di “scempio del territorio”, di impatto insostenibile”, di avvelenamento dell’aria e delle falde sotterranee, con ricadute in termini di mortalità e di morbilità per tutta la popolazione del luogo, soprattutto quella infantile. Qualcuno tira fuori dal cassetto una statistica sulle neoplasie, facendo notare l’incremento di un certo tipo di leucemia o di tumore al colon. Peccato che quelle statistiche siano perfettamente sovrapponibili a quelle nazionali.  Insomma, bisogna cercare un altro posto, dove ricominciare da capo l’intera sequenza sin qui illustrata, si ricomincia il giro di giostra. In conclusione le discariche sono indispensabili, ma nessuno le vuole a casa propria. E’ un sentimento umano, umanissimo, ma rimane il fatto che queste benedette discariche da qualche parte le dobbiamo pur fare, se non vogliamo esportare i nostri rifiuti all’estero, dove sono meno “ecologisti” di noi, e si fanno pagare a caro prezzo la presa in carico della nostra immondizia. La vicenda della Val di Susa è un altro caso di sindrome di “nimby”. Non avranno sicuramente tutti i torti i salutisti della “no tav”, ma volenti o nolenti abbiamo firmato un accordo con la Francia, che tra l’altro si accolla i due terzi del percorso e non è lontana dalla conclusione dei lavori: non possiamo tirarci indietro adesso, dire “Scusate, ci siamo sbagliati, non se ne fa più nulla, i valligiani dicono che gli roviniamo il paesaggio”. Chi glielo spiega ai francesi, che, tra l’altro, cominciano ad esaurire la loro pazienza. E sì che di pazienza bisogna averne tanta con noi italiani. Sulla sindrome di nimby abbiamo costruito la nostra (meritatissima) fama di cacciaballe, di parolai, di demagoghi, gente che parla per annunci, per dichiarazioni di intenti, ma, alla fine, non mantiene la parola data. Pensiamo davvero che il discredito, il mito della non affidabilità del nostro paese, l’incredulità dei mercati che ci siamo pazientemente costruiti in questi anni sia da imputarsi unicamente ai comportamenti di Silvio Berlusconi? No davvero. Noi italiani l’abbiamo nel sangue il nimby. Dai tassisti, ai farmacisti, ai notai, ora ai bancari, con le dimissioni di una indignatissima ABI, inorridita e sinceramente stupefatta dall’affronto subito dal governo Monti (composto, tra l’altro, per una metà da banchieri). A chi i privilegi? A noi! A chi i sacrifici? A loro! Questa in estrema sintesi, è la filosofia delle cricche italiane. Oddio, tutto questo accade anche nel resto dell’Europa, ma in misura sensibilmente minore. In ognuno di noi, alberga una sindrome di nimby, sta al legislatore cercare l’equità e la longanimità, e a ciascuno di noi spetta lo sforzo di accettare la condivisione di sacrifici ed imposizioni. Non è facile, anzi, è la cosa più difficile di tutte, ma se vogliamo comportarci da uomini e cittadini e non da cialtroni puerili ed egoisti, dobbiamo cominciare a prendere esempio dalle democrazie più progredite. Purtroppo, nel nostro caso specifico, le cose sono complicate dalla presenza di una classe politica totalmente incapace di affrontare la crisi economica e pronta a dare il buon esempio solo quando di tratta di sfuggire alla giustizia, di difendere una rendita di posizione, di corrompere o essere corrotti. La totale assenza di un buon esempio da parte di una classe politica inadeguata, in una popolazione già di per sé naturalmente incline alla sindrome di nimby, complica non poco le cose. Il dopo Monti viene vissuto da tutti i partiti come un incubo. Davanti alle riforme, giuste o sbagliate che siano, del premier sono attoniti e disorientati, come se non si trattasse di politica, di amministrazione della cosa pubblica, come se la cosa non li riguardasse. Votano i provvedimenti meccanicamente, domandandosi cosa faranno dopo. Monti li ha messi di fronte alla loro inettitudine, e così facendo li ha presentati al paese per quello che sono. Sono talmente impauriti di perdere lo scranno che pensano a ridicole ammucchiate, a governi di “unità nazionale”, fatti di un grande centro che ricorda molto da vicino quello che fu un tempo la Democrazia Cristiana. Ci pensa Berlusconi, ma anche Casini e i il terzo polo. Per adesso Bersani, un uomo per tutte le stagioni, rifiuta sdegnato, ma state certi che prima o poi cederà anche lui alla tentazione della grande ammucchiata. Poveri noi! Come dicevamo nell’articolo precedente, ci sarebbe da augurarsi un altro settennato a Napolitano e un’altra legislatura affidata a Monti, o ad un’altra figura che non sia scaturita dal cilindro dei segretari dei partiti politici. Non vorremmo ritrovarci una Nicole Minetti al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
Il complesso di nimby non prevede guarigione, si può solo, in determinate circostanze, curare. Non si tratta, ovviamente, di una patologia della mente, è un elemento insito, connaturato con la natura umana, un aspetto fondante dell'uomo stesso. L'egoismo è un tratto basilare della nostra personalità: emanciparsi dalle fondamenta della nostra natura è praticamente impossibile. Non esistono, dunque, terapie efficaci. L'unica, possibile, è quella di forzare la nostra anima, piegandola. Ma questo lo può fare solo qualche cosa che si trova al di fuori di noi, qualche cosa che ci viene imposto. Qui entra in gioco la legislazione che si dà una nazione. Chi possiede di più, vorrebbe arricchirsi ulteriormente, senza limiti, con avidità e cupidigia, ritenendosi invincibile e interpretando la propria ricchezza come un segno divino della propria potenza. Solo la legislazione, inventandosi lo "stato sociale", reinterpreta questa corsa senza fine all'accumulo: con una normativa perequativa, si cerca di fare in modo, anche attrraverso l'imposizione fiscale, di redistribuire il reddito, in modo che la forbice tra smisuratamente ricchi e smisuratamente poveri possa essere attenuata. Nasce la classe media, quella stessa classe che oggi sta per essere schiacciata, livellata verso la povertà. Dal complesso di nimby non si guarisce, perchè il contenuto fondamentale di tale complesso è costituito dalle cosiddette "rendite di posizione", il facile arricchimento conseguito  entrando a far parte di qualche consorteria, qualche loggia, qualche cricca o casta che dir si voglia, senza saper fare nulla di speciale. Da qui scaturisce il "fate pure tutte le riforme che volete, sono d'accordo, in linea di principio, basta che tali riforme non riguardino il mio "cortile". Non tutti i complessi di nimby sono uguali: esistono diverse gradazioni. I più "ammalati" sono disposti a cadere nel grottesco, pur di salvare i loro privilegi: è il caso dell'on. Melandri del PD, una delle pochissime esponenti di questo partito contraria al taglio degli stipendi dei deputati. Un caso di questo genere è disperato. Dal momento che non esistono terapie efficaci, la vittima della sindrome di nimby può solo essere costretta dalla legislazione a rinunciare ad una parte delle proprie ricchezze o dei propri rpivilegi. Non ci sono altre strade. Speriamo che lo tengano sempre presente gli esponenti del governo Monti.