sabato 20 novembre 2010

UN'UTOPIA ANTICRISI: LA FINANZA ETICA

Pubblico il seguente articolo con un preciso intento: trovare una via d’uscita dalla crisi economico finanziaria, soprattutto, come si vedrà, con un occhio di riguardo al versante finanziario, tenendo, come sempre, presente, che economia e finanza sono le due facce di un’unica medaglia, ma mentre l’una può e deve condizionare l’altra, la finanza non deve mai influenzare pesantemente l’economia: non deve esserne asservita, ma essere funzionale ad essa. Se l’economia reale si serve della finanza per il raggiungimento dei suoi scopi (possibilmente a vantaggio della società che la ospita), allora è possibile dar vita ad un percorso virtuoso in cui la finanza, strumentale all’economia e non fine a se stessa, genera uno stato di equilibrio e benessere sociale. Se la finanza gioca da sola, un gioco svincolato dall’economia, cerca i virtuosismi truffaldini, trova espedienti fantasiosi ma di bassa lega (come i derivati e le cartolarizzazioni), si inventa speculazioni sempre più ardite nascondendosi nelle pieghe di un sistema sempre più lassista e deregolato, allora è possibile che anche un furbetto del quartierino, un operatore di mezza tacca, possa dare vita a fortune cospicue quanto effimere. Più volte abbiamo ribadito che il cammino della crisi è ancora assai lungo e tortuoso, che la luce alla fine del tunnel non si intravvede, che è impossibile, allo stato attuale, formulare previsioni di qualunque genere, eccetto quella dell’ingresso in una sorta di medioevo, di età di mezzo che ci farà attraversare una terra di nessuno al termine della quale è difficile comprendere quello che ci aspetta. Una volta entrati, dopo Portogallo e Spagna, nella bancarotta dello Stato (non quella delle banche!) ci attendono gli anni bui del caos e delle grandi incognite.
Ma se è difficile, per non dire, impossibile intuire lo scenario che farà seguito al tramonto del capitalismo (perlomeno come lo abbiamo concepito dal suo sorgere ai giorni nostri) è possibile cercare di proporre una soluzione, non diciamo a questa crisi, ma a tutte le possibili altre crisi che inevitabilmente il liberismo da ora in poi recherà con sé. Abbiamo tutti compreso che persino il presidente americano Obama, nonostante il fatto che la crisi presente sia partita, se non causata, proprio dal suo paese, non ha concretamente fatto nulla per modificare le presenti regole dei mercati e delle borse, ad onta dei suoi mendaci annunci. Ma se gli USA non hanno ancora capito che senza una introduzione di nuove regole e senza un consistente intervento da parte dello stato la finanza e quindi l’economia andranno di male in peggio, qualcuno, nella nostra Europa sta timidamente cercando di portare avanti un progetto di riforma del sistema attuale che potrebbe portare, se non ad una soluzione (per quella occorre attendere un tempo indefinito) almeno ad un miglioramento consistente delle condizioni economico finanziarie del nostro paese, con una parziale correzione del rapporto debito pubblico/pil, ed una certa stabilizzazione della volatilità, ormai cronica, dei nostri mercati finanziari. La soluzione che ci sentiamo di proporre si chiama “finanza etica” e non ha nulla a che fare con il comunismo (come penserebbe un tristo figuro come Brunetta), ma può costituire un punto di partenza per impedire la concentrazione di autentiche fortune nelle mani di pochi a scapito dei molti che non possiedono le capacità o le conoscenze per restare a galla. Non appaia fuorviante l’aggettivo “etica”: non si tratta di fare la morale agli speculatori della Borsa, ma solo di cercare di contenere i danni della finanza allegra, e di sollevare le sorti di una nazione intera, non di quell’uno per cento che dichiara al fisco di guadagnare oltre 100.000 euro, ma di quella moltitudine di contribuenti che da questa crisi usciranno con le ossa rotte, senza un lavoro e senza un euro (o una lira, che sarebbe molto peggio)

PER UNA FINANZA ETICA

La finanza e l'investimento sono sempre stati visti con i parametri del rendimento, del capitale, dell'interesse. L’attuale crisi evidenzia però la necessità, sempre di più di diffondere una nuova cultura che mira all'investimento con caratteristiche etiche, dove l'investitore mira non solo alla speculazione ma punta su attività che rispondano a certi requisiti di responsabilità sociale ed ambientale. Questa crisi ha raggiunto proporzioni allarmanti e  siamo in un momento in cui l’economia nel mondo si trova in estrema difficoltà, infatti ciò che era cominciato con prestiti concessi negli Stati Uniti è andato espandendosi a macchia d’olio sull’intero pianeta e minaccia oggi di trasformarsi in una nuova grande depressione di portata globale. Tutto ha avuto inizio con lo scoppio della bolla del mercato immobiliare americano nel 2004, dopo un lungo periodo in cui i prezzi delle case erano cresciuti costantemente. A un numero crescente di famiglie veniva data l’opportunità di accendere un mutuo, in maniera quasi indiscriminata. I creditori, infatti, si erano dati ad una pratica chiamata dei “prestiti subprime” concedendo prestiti a persone poco solubili, gente a cui normalmente non sarebbe mai stato accordato un mutuo per comprare casa. I mutui subprime prevedevano un tasso d’interesse molto basso per i primi anni e un brusco aumento nei successivi. Insomma una tecnica ben studiata per lucrare i profitti sulla concessione dei mutui senza curarsi della effettiva capacità di rimborso dei clienti.  Di solito i rischi non venivano spiegati nei dettagli, mentre i debitori venivano convinti con la prospettiva di poter rifinanziare il mutuo negli anni a venire per mantenere il tasso di interesse ai livelli iniziali. Alcuni economisti misero in guardia riguardo ai rischi che si correvano, ma la maggioranza non volle interrompere l’atmosfera festosa che regnava nel mercato immobiliare statunitense. Sembrava che tutti ci stessero guadagnando: compagnie di costruzione, agenti immobiliari, istituti bancari e produttori di materiali edili ed  i consumatori erano felici in quanto diventavano per la prima volta nella loro vita, proprietari di una casa. Il settore passò praticamente inosservato agli occhi del Governo americano, dopo anni di deregolamentazione costante ad opera del partito repubblicano. Nel periodo 2004-2006 arrivò il momento di ripagare. I tassi d’interesse sui mutui subprime schizzarono alle stelle. Molti debitori non erano semplicemente in grado di ripagare o rifinanziare. La crisi sarebbe potuta rimanere confinata agli Stati Uniti. Sfortunatamente le banche e i creditori di questi prestiti avevano venduto i debiti ad altri investitori. I debiti sminuzzati in azioni erano stati venduti a investitori stranieri e ad istituti bancari di tutto il mondo sotto forma di cavillosi pacchetti finanziari. Fu il panico: nessuno sembrava sapere di chi fossero questi debiti “senza valore”, sparsi nel sistema finanziario a tutte le latitudini del globo. Improvvisamente le banche non erano più disposte a farsi prestiti a vicenda, diffidenza che risultò in un cosiddetto “credit crunch” ossia un periodo in cui c’è poca liquidità (cioé soldi contanti) nel sistema perché nessuno presta denaro. Le perdite cominciarono ad accumularsi. A luglio 2008, grandi banche e istituzioni finanziarie a livello mondiale denunciarono perdite per circa 435 miliari di dollari. Oggi, banche e istituti finanziari non riescono a ottenere crediti e sono in fase di stallo con valori negativi nei loro libri contabili. Molti hanno dovuto dichiarare fallimento o sono sul punto di farlo. I governi sono stati obbligati a venire in soccorso di questi istituti per scongiurare un collasso dell’economia dalle conseguenze disastrose.
Questa crisi ci insegna che bisogna approfondire la sinergia tra economia ed etica e che il mercato è vero mercato quando non produce solo ricchezza ma soddisfa anche attese e valori etici. La borsa deve essere vista come un prezioso servizio all'economia di mercato in quanto gli investimenti non sono semplici speculazioni e manipolazioni individuali.L'economista, Amartya Sen, premio Nobel  sostiene che al valore della ricchezza, la quale rimane sempre un elemento base del mercato, debba essere aggiunta anche la felicità, che è un concetto diverso dal benessere. Una persona è più ricca di un'altra quando è più felice ed ha ottenuto una migliore qualità della vita. La qualità della vita diviene quindi una variabile algebrica nei calcoli economici. Il risparmiatore diviene così controllore delle conseguenze non economiche degli atti e delle azioni economiche. L’investimento etico consiste nella selezione e nella gestione degli investimenti (azioni, obbligazioni, prestiti) condizionata da criteri etici e di natura sociale, concetto racchiuso nell'espressione socially responsabile investment usata negli Stati Uniti, o ethical investment, espressione usata in Gran Bretagna. L'investitore etico è invece colui che non è unicamente interessato al rendimento delle proprie azioni, ma vuole conoscere le ragioni di fondo che realizzano questa redditività, le caratteristiche dei beni prodotti, la localizzazione dell'azienda e verificare come vengano condotti gli affari. Insomma la finanza eticamente orientata:
Ritiene che il credito, in tutte le sue forme, sia un diritto umano: non discrimina tra i destinatari degli impieghi sulla base del sesso, dell'etnia o della religione, e neanche sulla base del patrimonio, curando perciò i diritti dei poveri e degli emarginati. Finanzia quindi attività di promozione umana, sociale e ambientale, valutando i progetti col duplice criterio della vitalità economica e dell'utilità sociale.
Le garanzie sui crediti sono un'altra forma con cui i partner si assumono la responsabilità dei progetti finanziati. La finanza etica valuta altrettanto valide, al pari delle garanzie di tipo patrimoniale, quelle forme di garanzia personali, di categoria o di comunità che consentono l'accesso al credito anche alle fasce più deboli della popolazione.
Considera l'efficienza una componente della responsabilità etica: non è una forma di beneficienza: è un'attività economicamente vitale che intende essere socialmente utile. L'assunzione di responsabilità, sia nel mettere a disposizione il proprio risparmio sia nel farne un uso che consenta di conservarne il valore, è il fondamento di una partnership tra soggetti con pari dignità.
Non ritiene legittimo l'arricchimento basato sul solo possesso e scambio di denaro: il tasso di interesse, in questo contesto, è una misura di efficienza nell'utilizzo del risparmio, una misura dell'impegno a salvaguardare le risorse messe a disposizione dai risparmiatori e a farle fruttare in progetti vitali. Di conseguenza il tasso di interesse, il rendimento del risparmio, è diverso da zero ma deve essere mantenuto il più basso possibile, sulla base delle valutazioni sia economiche che sociali ed etiche.
E' trasparente: l'intermediario finanziario etico ha il dovere di trattare con riservatezza le informazioni sui risparmiatori di cui entra in possesso nel corso della sua attività, tuttavia il rapporto trasparente con il cliente impone la nominatività dei risparmi. I depositanti hanno il diritto di conoscere i processi di funzionamento dell'istituzione finanziaria e le sue decisioni di impiego e di investimento. Sarà cura dell'intermediario eticamente orientato mettere a disposizione gli opportuni canali informativi per garantire la trasparenza sulla sua attività.
Prevede la partecipazione alle scelte importanti dell'impresa non solo da parte dei soci ma anche dei risparmiatori: le forme possono comprendere sia meccanismi diretti di indicazione delle preferenze nella destinazione dei fondi, sia meccanismi democratici di partecipazione alle decisioni. La finanza etica in questo modo si fa promotrice di democrazia economica.
Ha come criteri di riferimento per gli impieghi la responsabilità sociale e ambientale: individua i campi di impiego, ed eventualmente alcuni campi preferenziali, introducendo nell'istruttoria economica criteri di riferimento basati sulla promozione dello sviluppo umano e sulla responsabilità sociale e ambientale. Esclude per principio rapporti finanziari con quelle attività economiche che ostacolano lo sviluppo umano e contribuiscono a violare i diritti fondamentali della persona, come la produzione e il commercio di armi, le produzioni gravemente lesive della salute e dell'ambiente, le attività che si fondano sullo sfruttamento dei minori o sulla repressione delle libertà civili.
Richiede un'adesione globale e coerente da parte del gestore che ne orienta tutta l'attività: qualora invece l'attività di finanza etica fosse soltanto parziale, è necessario spiegare, in modo trasparente, le ragioni della limitazione adottata. In ogni caso l'intermediario si dichiara disposto ad essere 'monitorato' da istituzioni di garanzia dei risparmiatori.