mercoledì 24 novembre 2010

UN INDOVINO MI DISSE

Ci sono delle circostanze, nel corso del tempo, in cui, per una volta, il solo fatto di essere smentito procura un certo piacere. Le previsioni a medio – lungo termine nella macroeconomia, per esempio, o la direzione che potrebbe prendere la protesta giovanile, soprattutto studentesca, sono due di questi casi. Qualche mese fa scrivevo l’articolo “Il medioevo alle porte”, quei pochi lettori che ebbero la compiacenza di leggerlo mi fecero notare che si trattava di una disamina della congiuntura ed una previsione della situazione troppo cupa e a tinte fosche, venata di un eccessivo pessimismo. Purtroppo oggi sappiamo che non è così. La svolta epocale che stiamo vivendo, non la sola Italia ma il mondo intero globalizzato, si sta a grandi passi incanalando verso un prossimo medioevo fatto di anni bui, dell’entrata di paesi come il nostro, ma, in fondo, di tutto l’occidente, nel famoso “secondo mondo” di cui faranno parte i paesi una volta ricchi e prosperi, ed ora in crisi strutturale. L’avanzata dei paesi, viceversa, del “terzo mondo”, detentori di materie prime, di manodopera a bassissimo costo, di beni rifugio come oro e diamanti (per non parlare del petrolio), sarà inevitabile, ancorchè progressiva. Stanchi di essere schiacciati dai paesi ex colonozzatori, ci presenteranno un conto piuttosto salato, e una nuova invasione barbarica arriverà a compimento. Non so se sarà cruenta, dipenderà dall’implosione del capitalismo, che si accartoccerà su se stesso come una palla di carta, dipenderà dall’avidità degli speculatori dei mercati e delle borse, dalle politiche di accoglienza o dalla chiusura in fortini ormai espugnabili, dalla possibilità o meno che avremo di trattare con questi paesi emergenti. Sarà quindi il tramonto dell’occidente (quello vero, non quello di Spengler), e dopo un lungo periodo, (anni? Secoli?) può anche darsi che si affacci nella storia un nuovo Rinascimento, con un sistema politico economico e finanziario del tutto diverso da quello attuale e difficilmente immaginabile. Ricordiamoci sempre che, nel malaugurato caso in cui Spagna, Portogallo e Italia arrivassero al default, e l’euro cessasse di esistere per un ritorno alle valute nazionali si sprofonderebbe in un caos difficilmente controllabile, che ricorderebbe da vicino gli ultimi giorni della repubblica di Weimar e potrebbe preludere ad un conflitto mondiale. So che si parla molto di questi benedetti speculatori, se ne favoleggia come di un pugno di uomini che tengono in scacco il mondo intero. L’accusa più facile, in questo caso, è che si tratta di una banale fantasia, tanto per trovare un capro espiatorio. Bene, non è così . Riporto di seguito il parere di un autorevole economista, Roberto Ruozi, ex Rettore della Bocconi:

 E in questo panorama, che cosa la fa essere ottimista?

"Sarà il buon senso che ci salverà. Intanto ci sono miglioramenti oggettivi: i sistemi bancari sono oggi in uno stato di salute migliore e non credo che ricadranno negli stessi errori. Sono state salvate una volta, con costi altissimi; sanno che non ci sarebbe una seconda volta. Quindi il problema del
moral hazard dovrebbe essere risolto. E io credo che questo valga anche per i comportamenti di quel gruppo abbastanza ristretto di persone che governo la finanza mondiale. Sranno 100-150 persone, quelle che contano davvero. Ora, le regole sono importanti, ma non decisive, perché abbiamo visto che si trova sempre il modo di aggirarle. Ma questo gruppo dovrebbe aver capito che in un orizzonte stabile di lungo periodo si può guadagnare lo stesso, senza gli sconquassi che abbiamo visto. Forse mi illudo, ma io penso che l'uomo non sia irrazionale. Io credo che siamo sulla strada della normalizzazione. Secondo me se ne esce".

Roberto Ruozi, economista, ex Rettore della Bocconi

Quanto alla direzione che potrebbe prendere la protesta giovanile, rimando al mio articolo “L’Autonomia possibile”, considerato anch’esso fuori tempo e fuori luogo, ma non troppo lontano dalla realtà. Le ultime notizie, di questi giorni, relative alle proteste studentesche contro la “riforma” Gelmini appaiono sempre più come prove di movimento giovanile. Un movimento che muove i suoi primi passi, che emette i primi vagiti, ma foriero di una potenzialità enorme di leva per svellere con un controriforma non solo il fallimento della scuola e dell’Università, ma anche per costituirsi come interlocutore  ad una classe politica che da anni ha ormai smesso di far politica, che considera la res publica come un fatto personale, un espediente per fare carriera e reddito, per risolvere problemi personali, che ha dato vita, in questi ultimi anni ad un indecoroso spettacolo che non è solo ridicolo, è anche avvilente. Altro che seconda repubblica. Qui c’è da rimpiangere persino Craxi. La criminalità organizzata che controlla non solo il mezzogiorno del paese, ma è ormai ramificata nel tessuto politico e amministrativo del nord. A questi  giovani manca un substrato ideologico, i presupposti filosofici e politici che possano sostanziare le loro prospettive di lotta. Sperando che non sbuchi da qualche parte qualche altro “cattivo maestro” (ne abbiamo avuti anche troppi), la speranza è che, escludendo la possibilità di riesumare ideologie ormai imbalsamate dalla storia, una parte illuminata di questo nascente movimento elabori una franca analisi politica, cerci la sinergia tra quanto di buono ci ha trasmesso il recente passato. Operare una selezione chirurgica degli elementi di quelle formazioni di destra e di sinistra che, pur fronteggiandosi negli ani settanta, possedevano un patrimonio comune di ideali e di programmi, alcuni denominatori comuni che, per un attimo, hanno fatto sperare nella chiusura del cerchio, nella nascita di un movimento che riunificasse i due estremi. Una “nuova Autonomia” non più operaia, ovviamente, che prendendo le mosse da alcune opere di Toni Negri e di Pino Rauti, possano farle proprie e superarle in una sintesi che vada ben oltre i concetti di destra o sinistra, ormai desueti. Se questi giovani saranno capaci di darsi una base politico-ideologica, saranno anche in grado di incidere sul dibattito politico a livello nazionale, e di incanalare, dopo anni di narcolessia, le energie vitalistiche, propositive e innovative tipiche di quell’età.