lunedì 29 novembre 2010

AFFRETTIAMOCI ALLA PORTA D'AVORIO

(Le Porte del Sonno sono le due uscite dall'Ade nel VI libro dell'Eneide; i Mani concedono anche l'invio ai mortali di sogni veri (dalla porta di corno) e falsi (dalla porta d'avorio). L'ombra di Anchise indirizza la Sibilla ed Enea, che stanno uscendo dall'oltretomba, alla porta d'avorio, dei sogni falsi.)

Le cose stanno procedendo, in economia come in finanza, e, purtroppo, come era fin troppo facile prevedere, progrediscono di male in peggio. In effetti, facendo un giro su internet (lasciamo stare i mezzi di comunicazione di massa per la loro assoluta inattendibilità) c’è da restare sconcertati per due elementi fondamentali: la discordanza pressocchè assoluta delle previsioni: si passa da un cauto ottimismo a scenari terrificanti da parte di un po’ tutti gli analisti indipendenti. E poi, e questa è la cosa più pericolosa ed inquietante, l’accelerazione improvvisa che ha preso la crisi, tale da divenire la componente potenzialmente più pericolosa della congiuntura. Il fatto di non fare in tempo a mettere mano a correttivi o a riforme del sistema perché i mercati stanno crollando troppo in fretta, rischia di essere il fattore decisivo del declino finale. Cerchiamo di fornire, anche se ridotto al minimo, qualche dato tecnico:  uno degli aspetti fondamentali della crisi attuale è il debito dei paesi sovrani. Il crollo dell'Irlanda toccherà presto il Portogallo e minaccia la Spagna. La velocità del contagio si può leggere negli spread (la differenza di interesse che si deve pagare per ottenere denaro) dei diversi Paesi rispetto al virtuoso bund, il titolo di riferimento della Germania. Per farsi prestare denaro, gli emittenti pubblici devono pagare ben più della Germania . Lo spread dell’Italia ha toccato i 201 punti, un record negativo assoluto.  Il primo rischio è quello di finire nel tunnel dei mercati, complice la crisi politica. Tutti gli operatori, tuttavia, concordano che al momento la tensione è in altre aree. Le ultime aste non sono state negative. La gestione del 2011 non è proibitiva. «Le emissioni saranno intorno ai 240 miliardi, circa 20 miliardi in meno di quest'anno – ha detto Maria Cannata, direttore generale del Debito pubblico, a proposito delle emissioni di titoli di Stato a medio e lungo termine.
Anche se la materia è complessa, il risparmiatore non può sottovalutare che l'Europa sta cercando nuove regole per gestire "in modo ordinato" le eventuali crisi dell'area unica. Proprio questa settimana il cancelliere Angela Merkel ha dato i brividi ai mercati. Sostiene che i bilanci dei non virtuosi non possono essere pagati da chi tiene i conti in ordine, che sottoscrittori di bond di ogni tipo devono accettare anche di gestire con perdite le crisi gravi. Quindi allungando i tempi di rimborso e, se non bastasse, tagliando gli interessi con riduzioni del nominale. Ma da quando? Dal 2014 o anche prima come era sembrato da alcune indiscrezioni? «La Merkel – sintetizza Alessandro Fugnoli nella lettera settimanale di Kairos sulle strategie di investimento – vuole assicurare tutto il debito in circolazione salvaguardando le banche tedesche e francesi. Un altro problema è quello del “debito ristrutturato”, cioè aiutato, coadiuvato dalle somme stanziate dalla UE per salvare stati e banche. Tale debito, come già detto, non potrà essere onorato in maniera impeccabile: quando la Merkel parla di partecipazione dei soggetti privati al salvataggio degli stati in crisi, parla di noi, di noi cittadini, non solo di banche. I tempi di rimborso dei capitali investiti sia in titoli di stato che in obbligazioni bancarie saranno differiti, e il valore nominale dei propri titoli sarà abbattuto, di quanto non si può dire, dipende dal grado di esposizione dei titoli in questione. E non dimentichiamo che la bolla dei derivati e delle facili cartolarizzazioni è sempre dietro l’angolo. Si stima che le banche europee posseggano titoli infettati per almeno 300.000 miliardi di dollari. Uno dei provvedimenti che prenderà il nuovo governo, di qualsiasi parte sia, sarà quello di tassare le rendite finanziarie fino al 25%, rispetto all’attuale 12%. Si tratta di un provvedimento impopolare, in un paese tuttora dedito al risparmio, ma persino Fini ha rotto la sua consolidata prudenza affermando la propria volontà di mettere mano ad un provvedimento del genere. Inoltre c’è il rapporto tra debito pubblico e PIL, sempre disastroso per l’Italia, che cresce troppo poco, intorno all’1%. La conseguenza è che ci sarà una nuova manovra correttiva la prossima primavera. E il nuovo governo sarà obbligato, come chiede a gran voce l’UE, a mettere mano per l’ennesima volta alla spesa pubblica. Dal momento che si è tagliato tutto quello che si poteva tagliare, si penserà alle pensioni. L’età pensionabile (almeno per gli uomini) sarà portata a 67 anni, come in altri paesi UE. Si tratta, come è evidente, di provvedimenti ampiamente impopolari, anche considerato che l’unica manovra efficace sarebbe quella di far emergere la paurosa evasione fiscale di questo paese. Ma siccome non si può o non si vuole scovare i grandi evasori fiscali, a pagare saranno i soliti cittadini tassati ala fonte e piccoli o medi risparmiatori. Ecco perché Berlusconi non ha alcuna intenzione di approvare una simile manovra. Nella svenevole manfrina cui stiamo assistendo, l’unico cui non dispiacerebbe in fondo andare ad una nuova consultazione elettorale, sarebbe proprio Berlusconi, anche per passare questa dolentissima patata a qualche altro malcapitato. Per tornare al debito pubblico, vero tallone d’Achille dell’Italia, insieme alla scarsissima crescita, il Tesoro continua ad emettere titoli di stato con interessi appetibili per poter restituire il denaro avuto in prestito dai contribuenti, e avanti così in una spirale che ricorda da vicino quella degli strozzini. Si pagano interessi sempre maggiori per saldare i propri debiti, sino a finire strangolati. Ma torniamo alle crisi degli stati sovrani: potrà cadere il Portogallo, va bene, le borse crolleranno come non mai, ma se dovesse toccare a paesi come la Spagna o l’Italia, sarebbe la fine. La vera fine. Questo, paradossalmente, mi fa essere cautamente ottimista. La Spagna è un paese dall’economia vasta ed articolata, un suo crollo non sarebbe sopportato dall’UE, che non sarebbe assolutamente in grado di erogare un prestito adeguato. Non parliamo dell’Italia. Il nostro paese, per quanto da noi sottovalutato e bistrattato, rappresenta uno degli snodi fondamentali dell’Unione Europea. Se si dovesse verificare un default italiano il botto sarebbe grosso, tanto grande da avere conseguenze incalcolabili. L’Unione Europea, priva di Grecia, Spagna, Portogallo e Italia, sarebbe alle corde, per non dire finita, dal momento che il paese che segue l’Italia è la tanto amata Francia da parte della Merkel. Se l’UE si estingue si estingue anche l’euro, con il conseguente ritorno alle valute nazionali, che, nel nostro caso significherebbe la fine del paese così come lo conosciamo. Una lira svalutatissima manderebbe in fumo i risparmi dei cittadini, un’inflazione alle stelle ci manderebbe a fare la spesa con una borsa piena di banconote, e le speculazioni sulla nostra valute farebbero il resto. Con questo voglio dire che ritengo improbabile una bancarotta della Spegna e ancor più dell’Italia. Una volta che i cittadini, arrivati agli sportelli bancari si dovessero sentir rispondere che le banche non sono in grado di restituire loro quanto depositato o prestato, si scatenerebbe come minimo una guerra civile. E, a livello europeo o internazionale, un conflitto mondiale. Questo potrebbe essere il tanto temuto Medioevo che ci aspetta. Ecco perché ritengo che il sistema attuale, per quanto corrotto e banditesco (permette a 100, 150 uomini al mondo di reggere le sorti della speculazione) debba essere preservato il più possibile, cercando di gestire il trapasso ad un altro, inevitabile, sistema, nel modo più lento ed indolore possibile. Dandosi regole nuove e riformandolo, sapendo però, allo stesso tempo, che si tratta di un sistema giunto al capolinea. Il capitalismo, così come lo conosciamo ed abbiamo imparato ad odiare, ha esaurito il suo ciclo storico, ma dobbiamo temere i suoi colpi di coda. Per questa ragione più sopra menzionavo l’accelerazione impressa alla crisi come il fattore più preoccupante: impedisce di riflettere, e di prendere le giuste decisioni con le giuste motivazioni.
Non è mia intenzione, spero che trapeli, essere catastrofico o cronicamente pessimista: penso anzi, come accennavo, che l’Italia non debba finire nell’abbraccio mortale con la Spagna. Come dicevo, credo che l’UE saprà trovare le soluzioni appropriate per scongiurare il pericolo di un naufragio del vecchio continente (Germania compresa, che da sola non va da nessuna parte), ma soprattutto, con l’aiuto degli Stati Uniti, allontanare la conseguenza di un conflitto sociale che, dall’interno dei singoli paesi, potrebbe sfociare in una guerra di ampie proporzioni. Credo che questo sia il pericolo e lo spauracchio dai quali dobbiamo guardarci. Chi non lo capisce, chi continua a pascersi nei TG di regime o nella stampa velinara, mostra di nascondere la testa sotto la sabbia, oppure vuole sentirsi dire quello che spera, o che desidera sentirsi dire. E allora niente panico, chi ha denari da investire lo faccia esclusivamente nel settore immobiliare (niente beni rifugio, anch’essi pericolosi), chi ha i denari già investiti può solo guardare alla finestra, mettendo in conto di vedersi limare il patrimonio dalle tasse o da una perdita del valore nominale, e sperare di contenere al massimo i danni. Ricordiamoci sempre che una classe politica, costituita da politicanti di ogni fazione, che non è stata in grado, o, peggio, non ha voluto, per correità o per convenienza personale, neppure di scalfire la spaventosa evasione fiscale, non solo non merita rispetto, merita disprezzo. So che questa consapevolezza genera un sentimento di impotenza, ma i margini di intervento, da parte del cittadino, sono estremamente esigui in questo frangente. Anche la possibilità del voto, francamente, serve a poco. Non si tratta di destra o sinistra, abbiamo visto tutti che, quando si tratta di attribuirsi diarie o prebende, i parlamentari diventano un sol uomo. Purtroppo le conseguenze, le ricadute di questa crisi non sono solo economiche, ma anche psicologiche, se non antropologiche. Resistiamo alla tentazione di chiuderci in noi stessi, nel nostro piccolo “particolare”. Apriamoci agli altri, impariamo sempre di più ad ascoltare, considerando che di questi tempi, le persone disperate sono sempre di più. Non chiudiamoci, dunque, ma cerchiamo di capire che cosa di buono può portare anche un evento calamitoso come una crisi economica; si può trarre un compenso anche dal male, si possono riscoprire risorse che sembravano sopite in un angolo della nostra anima. Guardiamo avanti, allora, affrettiamoci alla porta d’avorio, consapevoli che quello che ci aspetta potrebbe essere doloroso, senza per questo essere tragico, viviamo giorno per giorno, con la massima leggerezza possibile, senza essere superficiali, ma conservando una speranza che è solo nostra, di quelli come noi, senza farci illusioni su politicanti e amministratori che sono talmente somari da non meritare neppure uno sguardo, neppure un pensiero.