martedì 1 marzo 2016

FENOMENOCULOGIA DI VITTORIO SGARBI



Odi et amo. Offesa o sinonimo della perfezione. Certamente espressione frequentata e familiare.
Anche poche ore fa, con un post su Facebook, Vittorio Sgarbi è tornato alla carica sul «culo».
L'ATTACCO A VENDOLA. «Non può essere, quello appena nato, il figlio di Vendola. Dal culo non esce niente», ha attaccato con tono perentorio il critico d'arte. «Vendola ha un marito ed è contemporaneamente padre. Due persone dello stesso sesso non generano. Ma di cosa stiamo parlando?». E, ancora: «I bambini devono essere concepiti, educati e evoluti sulla base di ciò che la natura consente. Di bambini bisognosi è pieno il mondo, e si possono aiutare in tanti modi. Quel bambino è una persona che si sono costruiti a tavolino, come un peluche. È insopportabile».
RIFIUTO PER IL FASCINO MARXISTA. Sgarbi, entrando nel dibattito - e chiamarlo dibattito è un eufemismo - sulla paternità di Nicki Vendola non poteva certo cedere al fascino polveroso di espressioni dal sapore marxista come «mercificazione del corpo femminile» et similia.
Così ha optato per una espressione volutamente volgare, offensiva, neorealista (?): «Dal culo non esce niente».
Un attacco (dai toni incivili) alla maternità surrogata.
MEGLIO DUE PADRI, CHE UNO SOLO. Sulle adozioni, infatti, aveva concesso qualche apertura alle adozioni. Visto che a tasti freddi, aveva ammesso: «Prendi un ragazzo dell'Etiopia che è messo in un orfanotrofio senza nessuno, dopo che la madre vera l'ha abbandonato: chiunque si occupi di lui, che sia maschio o femmina, anche Giovanardi che ha un cuore di pietra capirà che è meglio che nessuno».
LA LOTTA CONTRO I «CULIMONI». Una carezza, che però nasconde un pugno se l'oggetto della discussione diventano i matrimoni omosex. Non che Sgarbi salvi quelli 'tradizionali', va detto. Ma sulle nozze gay arrivò a dire che, secondo la sua logica, dovrebbero essere definiti «culimoni perché non c'è maternità possibile».
L'ode al culo di Vittorio
Eppure il culo per Sgarbi è anche fonte di ispirazione. Come lo era per il maestro Tinto Brass. Forse perché, come sosteneva il regista in una intervista del 2007, «sul piano etico il culo è più onesto della faccia, non inganna, non è maschera ipocrita».
Nell'ottobre 2015, Sgarbi su Chi commentando la copertina di Paper con le opulente grazie di Kim Kardashian in bella mostra, dedicò al lato B una vera e propria ode.
«PURA FORMA, MUSICA». «Il culo è pura forma. Il culo è musica», procedeva nella sua dissertazione. «Il culo è potere».
Non per caso, «la formula che indica la fortuna è legata al culo e alla sua dimensione».
Le prove sono intorno a noi, nel linguaggio quotidiano. «Si dice di chi vince, di chi ha successo, di chi ha buona sorte: 'Ha avuto culo'; 'ha un gran culo'. E, ovviamente, il culo è il più universale obiettivo erotico. Lo documentano tutti i film di Tinto Brass».
ABBONDANZA E BONTÀ. Ma il lato B non simboleggia solo la fortuna.
Perché il culo «evoca l’abbondanza. Anche i suoi derivati, come il culatello, richiamano una sopraffina bontà. In ambito musicale, poi, oltre alle forme di strumenti – viola, violino, contrabbasso, violoncello, mandolino (da cui la vezzosa formula, “culo a mandolino”) – non si dovrà dimenticare che la rappresentazione più alta del potere, in assoluto, è quella del direttore d’orchestra, costituita da un uomo che sta in alto e volta le spalle a chi lo guarda, mostrandogli il culo: energia, slancio, fisicità accompagnano il suo gesto imperioso».
La ragione è semplice: «Il culo è maschile e femminile, in natura è il doppio dei singoli organi sessuali, ha il pubblico più vasto di amatori».
«EFE BAL? MEGLIO DELLA PIETÀ RONDANINI». Non a caso, scriveva sempre Sgarbi su Facebook: «Efe Bal, da dietro, è meglio della Pietà Rondanini».
Il culo dunque come opera d'arte. Anzi, meglio di un'opera d'arte.
Del resto, come Kim Kardashian, «anche la Venere Callipigia del Museo Nazionale di Napoli punta tutto sulla ostentazione della sua parte posteriore, con tale convinzione da voltare la testa essa stessa per guardarsela in una irresistibile attrazione».
Altri esempi? Dall'«Ermafrodito del Louvre apoteosi del culo, la sintesi suprema» alla Venere del Velazquez che posa di spalle.
Calambour anti partiti
I toni aulici rappresentano però una felice parentesi. Il triviale, infatti, è dietro l'angolo.
E così il culo, sintesi della perfezione, torna a essere offesa volgare. Arma per dileggiare in un crescendo teatrale avversari politici di qualsiasi sponda.
Meglio se da un salotto televisivo.
E così nel febbraio 2015, Sgarbi ribattezzò Scelta civica «Scelta del buco del culo».
Nel 1998 non era andata meglio a Italia dei Valori. «Vergogna!», attaccò il Nostro. «Altro che valori! Valori del buco del culo, questa è la storia! Ci sarà forse una querela per questo? Non credo. Il buco del culo ha dei grandi valori. Perché no? Si può negare? Sicuramente ci sarà una querela: si dirà 'Ecco Sgarbi...'. Ma perché la parola 'valori' è di qualcuno? La parola 'Italia' è di qualcuno? O sono sequestrati per sempre da parte di uno che ha stabilito, senza sapere niente di letteratura, di arte, di civiltà, di grammatica... niente, e pensando di comandare l'Italia!? Ma andate... no, niente da fare».
In tempi ben più recenti, alla Gabbia difendendo l'insindacabilità delle opinioni dei politici Sgarbi rispose ai critici con una summa delle sue espressioni favorite: «Deficienti e capre, fanno le belle fighe col culo degli altri!».

Destinazione ideale per le pale eoliche

Il culo diventa nella visione di Sgarbi anche destinazione alternativa di oggetti e manufatti.
Nel 2012, per esempio, se la prese con Moretti, Scaroni ma «soprattutto Conti».
«Conti lo odio», spiegò dai divanetti di Piazza Pulita, «perché mette le pale eoliche in tutta Italia».
Minacciando: «Io gliele do nel culo le pale eoliche!».

«Se non l'avete mai preso....votate il Partito della Rivoluzione»

Il culo, come si è capito, ha un ruolo fondamentale nel lessico sgarbiano.
Tratteggiando l'elettore ideale del suo movimento - Il Partito della Rivoluzione - fu infatti generoso di chiappe e dintorni.
«Se non vi siete mai drogati, se non l'avete mai preso nel culo e volete scopare ancora, votate il partito della Rivoluzione. Altrimenti votate l'udicciccì, il pipipì e tutte queste cagate di merda di nomi del cazzo di teste vuote...», disse nel 2012.
QUANDO NIKI ERA ESEMPIO. Nel programma la difesa del patrimonio artistico e l’art.9 della Costituzione. Prevista la presenza di liste civiche annesse. «Farò come Vendola», dichiarò alla stampa, «che si è scisso e ha preso più voti di Rifondazione Comunista».
Quando si dicono i corsi e i ricorsi.
Sempre nel 2012 nello studio de L'Aria che tira Sgarbi diede vita a un altro dei suoi soliti show. Con abbondanza di richiami «culosi» (chissà che direbbe la crusca...).
CALCI NEL DIDIETRO PER TUTTI. Fedele alla ferrea regola «un culo per tutti» definì Gianfranco Fini «Un personaggio spregevole, che appartiene a quella gentaglia da prendere a calci nel culo».
Poi passò, tra gli altri, a Isabella Bertolini: «Se non c’era Berlusconi questa cicciona andava a pulire i cessi, andrebbe presa a calci nel culo».
Ma l'apoteosi arrivò con Rutelli: «Uno che vale un po’ meno di Fini e che è il Fini della sinistra. Lui era un radicale cioè ateo, pannelliano e un po’ culattone, ma poi diventa cattolico e si sposa col Papa».
Amen.

Filologia sgarbiana di «culattone»

«Culattone» merita un'attenzione particolare essendo termine caro al critico che così definì - con l'aggiunta dell'aggettivo «raccomandati» - gli obiettori di coscienza. Sono «culattoni raccomandati», disse nel 2011 l'allora sottosegretario per i Beni Culturali alla trasmissione Le Iene.
Dura la replica della Conferenza Nazionale Enti di Servizio Civile. «Ci assale un enorme sconforto» , commentò la presidente Cristina Nespoli, «sia perché simili espressioni provengono da un rappresentante del governo, sia per il loro contenuto».
DALL'OFFESA AL LIBRO. Ma il primo utilizzo di «culattoni raccomandati» di cui si ha prova, risale al 2010. Ed era diretto contro il Trio Medusa delle Iene.
Com'è finita? Culattoni e raccomandati è diventato il titolo di un libro. E una sorta di marchio di fabbrica per i tre comici.
Come si dice, non tutto il culo viene per nuocere.
E su questo, Sgarbi e non solo, forse dovrebbe riflettere.