lunedì 8 febbraio 2016

IL PROBLEMA DELLE EMISSIONI? E’ STATO BRILLANTEMENTE RISOLTO DA BRUXELLES. RADDOPPIANDO I LIMITI CONSENTITI



A Bruxelles anziché il principio “chi inquina paga”, ne va di moda un altro: “chi inquina viene premiato”.
Dopo lo scandalo Volkswagen, infatti, le emissioni delle auto non saranno tagliate, ma addirittura raddoppiate.
Non è un racconto di fantapolitica, ma quello che ha deciso il parlamento europeo il 3 febbraio 2016: con 323 voti contrari, 317 in favore e 61 astensioni, la plenaria di Strasburgo ha bocciato una proposta di risoluzione della Commissione europarlamentare Ambiente che chiedeva di far rispettare finalmente i limiti fissati dalle norme comunitarie per le emissioni inquinanti emessi dalle auto Euro 6, ovvero 80 mg/Km di Nox.
SABOTATA UNA VECCHIA LEGGE. Quelli che secondo una legge approvata nel lontano 2007 sarebbero dovuti entrare in vigore per tutti i nuovi modelli a partire da settembre 2015.
Invece fatta la legge trovato l'inganno.
E a scovarlo questa volta è stato lo stesso legislatore.
Il 28 ottobre 2015 il Comitato tecnico permanente Ue per i veicoli a motore, formato dagli esperti rappresentanti dei governi e della Commissione europea, ha raddoppiato i limiti di ossidi d’azoto (Nox) emessi dai motori diesel e hanno anche ritardato di diversi anni l’entrata in vigore della legge.
IL TRUCCO DEI FATTORI DI CONFORMITÀ. Appellandosi ai “fattori di conformità” usati per dare il tempo all'industria di adeguarsi a una legislatura, che in questo caso era stata approvata otto anni fa, il Comitato tecnico ha aumentato i limiti a 168 mg/Km (fattore di conformità 2,1, più del doppio) fino al 2020, mantenendoli ancora a 120 mg/Km (fattore di conformità 1,5) oltre il 2020.
E non ha stabilito alcuna data in cui entrerebbe in vigore la norma del 2007 di 80 mg/km.
Attraverso un cavillo tecnico, il Comitato, aiutato dal parlamento, è riuscito così a ostacolare l'applicazione di tutta la legislazione Ue.
LA DOPPIA FACCIA DELLA COMMISSIONE. Il tutto mentre davanti all'opinione pubblica, ancora scossa dal dieselgate, l'esecutivo europeo assicurava di lavorare a una proposta legislativa per la riduzione dei limiti e garantire la salute dei cittadini.
Dietro le quinte invece cercava l'escamotage per ritardare l'applicazione persino della legge esistente.
Anche i sindaci italiani si erano appellati agli eurodeputati
Un colpo di mano che da mesi qualcuno aveva cercato di fermare: la commissione europarlamentare Ambiente aveva chiesto di bloccare la decisione del Comitato sui veicoli a motore, accusandolo di aver abusato dei propri poteri.
Il suo compito era infatti quello di definire le modalità di attuazione della legge, non di modificarla, cosa che possono fare solo i co-legislatori (Europarlamento e Consiglio Ue) con un nuovo atto legislativo.
A chiedere ai deputati europei di votare la risoluzione della commissione Ambiente erano stati anche alcuni sindaci: Giuliano Pisapia (Milano) , Luigi De Magistris (Napoli) , Giovanni Manildo (Treviso), Leoluca Orlando (Palermo), Massimo De Paoli (Pavia) insieme a Manuela Carmena (Madrid), Anne Hidalgo (Parigi), Marten Kabell (Copenhague).
L'AUTOGOL DI LA VIA (PPE). Ma l'appello non è stato ascoltato.
Così il giorno del voto in plenaria la realtà ha superato la fantasia: lo stesso presidente della commissione Ambiente, Giovanni La Via, ha votato contro, seguendo così il volere politico del suo gruppo di riferimento: il Partito popolare europeo (Ppe) che ha votato in massa contro il veto sostenendo l'aumento dei limiti.
Oltre al Ppe a difendere l'industria automobilistica invece che la salute dei cittadini sono stati anche i Conservatori britannici (Ecr), il gruppo dell’estrema destra di Marine Le Pen con tutti i leghisti italiani (Efn) e una parte dei Liberali francesi.
Verdi, Socialisti e democratici, Sinistra unitaria europea e la maggioranza dei Liberali hanno votato a favore del veto assieme a tutti i 17 eurodeputati del Movimento 5 stelle.
TRA GLI ASTENUTI CINQUE DEL PD. Ma i loro voti non sono bastati: per bloccare l'aumento delle emissioni serviva infatti la maggioranza assoluta, nessuno astenuto.
Invece non sono mancate le defezioni: tra i socialisti 30 deputati principalmente provenienti dalle delegazioni della Repubblica ceca e della Spagna si sono astenuti.
Tra questi anche cinque del Partito democratico italiano: Simona Bonafè, Caterina Chinnici, Silvia Costa, Luigi Morgano e Michela Giuffrida.
Astenuti tutti i britannici dell'Ukip che insieme con i grillini formano il gruppo Efdd: «Purtroppo sulle questioni ambientali siamo divisi», dice con rammarico a Lettera43.it Eleonara Evi, eurodeputata del M5s, «con la loro astensione», ammette, «hanno favorito la vittoria del partito delle emissioni».
IL PARTITO DELLE LOBBY E DEI GOVERNI. Un partito trasversale e transanzionale che al parlamento europeo si è messo in moto due mesi fa quando, racconta Evi, «la commissione Ambiente ha bocciato la proposta del Comitato sui veicoli a motore».
Da allora sono iniziati i contatti, le riunioni, le telefonate, le email, ma non delle lobby dell'auto, «quelle non si espongono in prima linea», spiega Evi, «anche perché sono già ampiamente rappresentate dai governi».
Denuncia M5s al Mediatore europeo e class action alla Corte di Giustizia
Così se la Germania ha fatto sentire la sua voce attraverso il voto compatto del Ppe, del quale la cancelliera Angela Merkel fa parte, non sono mancati i voti di sostegno da parte di europarlamentari di altri Paesi ancora molto legati al settore atuomobilistico: francesi, spagnoli e italiani.
«In questi mesi sono venuti a parlarci due esponenti del ministero delle Infrastrutture e trasporti e dello Sviluppo economico», racconta Evi.
«Ci hanno chiesto di cambiare il nostro voto adducendo tutta una serie di motivazioni industriali», riferisce l'eurodeputata della commissione Ambiente.
Tra questi il fatto che «l'industria italiana produce auto di cilindrata più piccola dove la tecnologia prevista è più difficile da applicare e non riesce quindi a raggiungere quei limiti prefissati dalla legge».
IL PRESSING DEL GOVERNO. Come se dal 2007 a oggi non ci fosse stato il tempo per adeguarsi: «Ci hanno messo davanti al classico ricatto occupazionale e ci hanno chiesto di fare marcia indietro».
Una richiesta esplicitata dallo stesso governo italiano, dice Evi: «La rappresentanza italiana per ogni voto in plenaria ci manda sempre una email dove esprime la sua posizione e chiede agli eurodeputati di sostenerla».
Come diceva il presidente degli Stati Uniti Harry S. Truman: «Se non riesci a convincerli, confondili».
Intanto nei palazzi dell'esecutivo europeo ci si muoveva ancora più direttamente: la Commissione europea, prima del voto, ha mandato una lettera agli europarlamentari nella quale assicurava il suo intervento «si impegnava a fare i controlli annuali e abbassare il fattore di conformità», riporta l'eurodeputata pentastellata.
In pratica prometteva - senza indicare però i tempi - di attivare una clausola di revisione per applicare il limite di 80 mg/Km.
I GRILLINI CI PROVANO. Ora a far rispettare quella legge vorrebbero provarci gli eurodeputati del M5s, che hanno deciso di presentare una denuncia al Mediatore europeo e capire quali sono i margini di azione per rivolgersi alla Corte di Giustizia europea.
«La Commissione europea ha cambiato le regole della legislazione del 2007 già approvata e l'ha fatto con un atto tecnico del Comitato sui veicoli a motore», denuncia Evi.
Insomma più che difendere il loro ruolo di co-legislatori i parlamentari europei e la Commissione hanno deciso di difendere le lobby dell'industria e i governi.
L'ULTIMO (SIMBOLICO) TENTATIVO. Il parere del Mediatore avrebbe però solo un valore simbolico ma nessun potere vincolante, per questo gli eurodeputati M5s mirano alla Corte di Giustizia.
E per farlo stanno valutando la possibilità di fare una sorta di class action «con altri partiti politici come i Verdi e tutti i cittadini che vogliono essere parte in causa».
Tutti quelli che non solo non hanno dimenticato le promesse fatte poche settimane fa dai vari governi alla Conferenza mondiale sul clima di Parigi, ma che soprattutto ricordano bene i dati dell'Agenzia europea dell’ambiente (Aea), secondo la quale in Europa l'inquinamento atmosferico continua a essere responsabile di oltre 430 mila morti premature.