martedì 5 gennaio 2016

SECONDO ALCUNI SCIENZIATI GAY O LESBICHE SI NASCE



Essere gay o lesbiche non è una scelta, ma una predisposizione biologica sulla quale solo successivamente intervengono fattori socioambientali, culturali ed educativi. Addirittura, esisterebbe una sorta di “gene gay” situato in una zona dell’ipotalamo che determinerebbe in maniera diretta l’orientamento sessuale di uomini e donne.

A sostenere la bandiera della biologia nella guerra culturale tra chi afferma che gay si nasce e chi invece crede che gay si diventi (e quindi l’omosessualità sia anche una condizione reversibile, o una patologia da curare) è uno scienziato statunitense, Simon LeVay, omosessuale e attivista del movimento gay.

Nel 1991, come racconta nel suo libro Gay, Straight, and the Reason Why. The Science of Sexual Orientation (appena tradotto da Cortina con Gay si nasce?, con una prefazione dello psichiatra Vittorio Lingiardi) LeVay pubblicò un breve articolo su Science intitolato “Una differenza nella struttura dell’ipotalamo tra uomini eterosessuali e omosessuali”, prendendo in esame campioni di ipotalamo di uomini e donne deceduti e sottoposti all’autopsia, di cui la metà gay (tutti deceduti per Aids).

All’interno di questa regione cerebrale si trova un insieme di cellule nervose della dimensione di un chicco di riso chiamato inah3 e di solito più grande negli uomini che nelle donne. LeVay riscontrò che l’area inah3 era significativamente più piccola negli uomini gay – al pari di quella delle donne – e interpretò questo risultato come un indizio del fatto che i processi biologici di sviluppo del cervello potessero influenzare l’orientamento sessuale maschile.

Né una scelta, né una patologia

Lo studio suscitò un’enorme attenzione da parte dei media d’oltreoceano. Da allora LeVay ha continuato a sostenere le sue tesi, approfondendo le ricerche sempre da un punto di vista preciso, e diverso – a suo dire – da quello di molti altri studi in parte simili al suo: e cioè che l’omosessualità non è un fattore anomalo da spiegare ma un dato naturale. “Io sono gay e sono felice di esserlo. Certamente ci sono alcune differenze tra noi e il resto dell’umanità: alcune di queste sono insignificanti, altre possono influenzare la vita delle persone in modo interessante. La patologia, comunque, non ha niente a che fare con tutto ciò”. LeVay racconta anche di aver ricevuto, nel corso degli anni, ringraziamenti da persone gay, come “se i dati della mia ricerca confermassero la loro sensazione di essere ‘nati gay’; percepivano cioè la mia ricerca come una cosa buona”. Gay, Straight, and the Reason Why. The Science of Sexual Orientation fa il punto su dove sia arrivata la scienza in materia di orientamento sessuale.

LeVay lo riassume così: le origini dell’orientamento vanno ricercate nell’interazione tra gli ormoni sessuali e il cervello in via di maturazione. Queste interazioni sono ciò che predispone lo sviluppo della nostra mente verso un certo grado di “mascolinità” o di “femminilità”. Più specificamente, lo sviluppo sessuale è regolato da una sequenza di interazioni, simile a una cascata, tra geni, ormoni sessuali e cellule del corpo e del cervello in sviluppo. Processi che non avvengono in completo isolamento dal mondo esterno, ma interagiscono con i fattori ambientali, sviluppandosi poi in maniera diversa nei diversi individui, portando a differenti orientamenti sessuali. Ma non è solo il cervello delle persone gay ad essere differente (e funzionare in maniera diversa): LeVay cita alcuni studi che sembrano aver individuato piccole differenze anatomiche, come la proporzione degli arti e del tronco. Differenze sottili, ma rilevabili, tra etero e omosessuali sono riscontrabili anche in comportamenti inconsapevoli come lo stile della camminata e le caratteristiche della voce.

L’essere gay non si apprende
Ma lo studio contiene molte altre tesi, che confermano l’ipotesi di una predisposizione biologica all’omosessualità. LeVay fa una rassegna dei differenti orientamenti sessuali nella società occidentale contemporanea e nelle diverse culture ed epoche storiche e mostra come le persone eterosessuali, gay o bisessuali siano presenti praticamente in tutte le culture, pur ricordando come i modi di pensare l’orientamento sessuale delle donne e degli uomini influiscano successivamente sui modi in cui si esprime l’omosessualità nelle diverse società. Passa poi in rassegna le teorie non biologiche sull’orientamento sessuale (dalla tradizionale teoria freudiana basata sull’influenza di madri iperprotettive e padri assenti, alle teorie comportamentiste, che definiscono l’orientamento sessuale come l’esito di un apprendimento) dimostrandone l’incapacità di spiegare adeguatamente la diversità dell’orientamento sessuale delle persone.

Buona parte del libro è infine impiegata a spiegare empiricamente la tesi della differenza biologica. LeVay si chiede se esistano differenze tra persone gay ed eterosessuali durante l’infanzia e la risposta è positiva. “Sia studi retrospettivi che prospettici che seguono i bambini fino all’età adulta concordano: i bambini che alla fine diventeranno gay sono diversi, atipici e non conformi in un certo numero di tratti rispetto al genere” e il fatto che i bambini pre-gay soprattutto siano non conformi rispetto al genere è “coerente con un modello biologico dell’orientamento sessuale”. LeVay indaga anche il ruolo degli ormoni sessuali nello sviluppo dell’orientamento sessuale, analizzando una serie di esperimenti in cui i ricercatori hanno manipolato artificialmente i livelli di ormoni sessuali di animali durante lo sviluppo, ottenendo un mutamento dell’orientamento sessuale.

All’obiezione, infine, su come sia possibile, da un punto di vista biologico, che esistano persone omosessuali, in altre parole come si spieghi la trasmissione di fattori genetici che inducono un comportamento che può ridurre il successo riproduttivo dei loro portatori, LeVay e altri studiosi rispondono che questo sarebbe compensato da un aumento della fertilità delle femmine lungo la via materna. In sostanza, la maggior fecondità delle nonne e delle zie materne di maschi omosessuali bilancerebbe la trasmissione del “gene gay”.

Soltanto persone
Secondo il curatore, Vittorio Lingiardi, Gay, Straight, and the Reason Why. The Science of Sexual Orientation è “un avvincente tour de force nei campi della biologia, della genetica, dell’endocrinologia, della psicologia evolutiva, della psicologia evoluzionistica”, con il quale LeVay “tenta di riunire le varie linee di ricerca in una teoria coerente dell’orientamento sessuale, in contrasto con le credenze tradizionali che hanno ascritto l’omosessualità a dinamiche familiari, apprendimenti, esperienze sessuali precoci o libera scelta”. Una teoria che forse è un aiuto contro la discriminazione mai sopita verso gli omosessuali. Non più sodomiti peccatori da sottoporre a pratiche riparative, né uomini e donne segnati da una psicopatologia da stendere sul lettino, e neanche, o meglio non solo, soggetti di diritto ma semplicemente persone che differiscono dalle altre proprio come una persona con i capelli neri è diversa da una con i capelli biondi. Ma attenzione: affermare la forza della biologia non significa rivendicare l’esistenza di una causa-effetto lineare, come lo stesso LeVay ricorda più volte nel corso del suo studio. “Abbiamo a che fare con complessità inesauribili”, conclude Lingiardi, “e la verità è che ancora non sappiamo come esattamente le forze biologiche, la regolazione affettiva nelle relazioni primarie, le identificazioni, i fattori cognitivi, l’uso che il bambino fa della sessualità per risolvere i conflitti dello sviluppo, le pressioni culturali alla conformità e il bisogno di adattamento contribuiscano alla formazione del soggetto e alla sua sessualità”.