Improvvisamente
sembra che i mercati finanziari assieme alle autorità sovranazionali europee si
siano accorti tutti all’unisono che la montagna di crediti in sofferenza che
detiene il sistema bancario italiano, ormai oltre i 350 miliardi di euro, è
diventata insostenibile e pertanto in pochi giorni si è dato avvia ad un
sell-off generalizzato sui titoli azionari italiani con punte di drammaticità
per due istituti di credito, Banca MPS e Carige. Questi ultimi considerati tra
i più rischiosi. Durante la seduta di borsa del 20 Gennaio Borsa Italia ha
subito una flessione di quasi cinque punti percentuali, la peggiore negli
ultimi tre anni e tra le peggiori nell’ultimo decennio. Solo MPS ha chiuso
con un teorico di oltre venti punti di flessione. Banco Popolare meno undici,
Unicredito meno otto, Intesa San Paolo meno sei e cosi via sino addirittura a
Saipem con un meno dieci. Vederete che cosa accadrà a Veneto Banca e Popolare
di Vicenza quando saranno quotate. Le sofferenze bancarie sono costantemente
e progressivamente aumentate dal 2009, non è una novità la loro dimensione.
Questa dinamica è conseguenza del costante deterioramento del tessuto
imprenditoriale italiano, sempre più aziende chiudono, sempre più
aziende vanno in affanno per l’oppressione fiscale, sempre più capitali e
risorse vanno al’estero cercando un rifugio dalla Morte Nera ossia il sistema
buro-partitico italiano. Il governo mediante il Ministero della Propaganda
continua la sua interrotta opera per preservare lo status quo mediante annunci
e proclami sul buono stato di salute del Paese. Addirittura adesso si parla non
più di crescita ma di ripresa. Penso immaginate di che presa stiamo parlando.
Da quando è esploso il bubbone finanziario con i subprime nel 2008 negli USA ed
il contagio si è diffuso in tutto il mondo, i media di regime e gli
interlocutori politici di allora si sono subito precipitati a rincuorare
contribuenti e risparmiatori italiani: tranquilli, tutto a posto, le nostre
banche non sono come quelle americane o inglesi, noi non rischiamo il
contagio. In un certo senso questo aveva una sua valenza di obbiettività, il
sistema bancario italiano non è stato più di tanto colpito dallo tsunami dei
subprime.
Per questo
motivo non ha fatto ricorso ai possibili aiuti allora percorribili dalle
autorità sovranazionali diversamente da quanto hanno fatto invece banche
spagnoli, olandesi, inglesi e germanesi, ognuna con proprie criticità
riconducibili proprio agli stretti rapporti con il mondo anglosassone. Nel
2009 i crediti deteriorati in portafoglio alle sei grandi banche italiane erano
meno di cento miliardi. Sono passati cinque anni e questo importo ormai è
quasi quadruplicato. Cosa è successo ? Semplice, l’Italia ha fatto i conti gli
effetti collaterali della crisi finanziaria ossia quella economica, quella
che ha colpito negli anni successivi le piccole imprese e le famiglie a
causa del credit crunch, dell’aumento dell’oppressione fiscale e dei fenomeni
di delocalizzazione sia esogena che endogena. Morale: il Paese si è
strutturalmente indebolito, ha perso risorse, capacità di produrre
ricchezza e molta di questa ricchezza è stata spesa per continuare ad esistere
o è stata trasferita altrove. Le banche pertanto hanno cominciato a
incassare insoluti e default patrimoniali ossia incapacità di sostenere i
debiti precedentemente contratti da parte di tutti: imprese, famiglie e
privati. Non basterà una bad bank per risolvere il tutto. Magari la bad bank
attenua per qualche semestre la pressione alle vendite e prova a far ritornare
il sereno in borsa. Ma nel lungo termine in assenza di una strategia
industriale per il Paese abbandonato ormai alla genialità di qualche
piccolo e grande imprenditore che continua a fare il Don Chisciotte, non vi è
altro che un lento e costante impoverimento generalizzato, affiancato
pericolosamente da un’immigrazione extracomunitaria povera e priva di mezzi
di sostentamento. Non ho dubbi chi pagherà tutto questo nei prossimi anni:
pensionati e risparmiatori. Solo levando a queste due tipologie di contribuenti
si potranno drenare velocemente e facilmente risorse (temporaneamente) per
sostenere il mostro famelico della spesa pubblica.
La crisi
bancaria trova comunque anche fondamento nella caratteristica strutturale
del tessuto della microimpresa italiana ossia la quasi fisiologica
sottocapitalizzazione. Il piccolo imprenditore di turno non appena si è trovato
in contrasto con la propria banca, che per anni gli ha fatto da unico soggetto
finanziatore, è andato in crash finanziario non avendo altri canali a
cui attingere risorse o capitale di rischio. In sostanza noi italiani stiamo
vedendo e vivendo una metamorfosi (letale) di quasi tutto il nostro tessuto
imprenditoriale. Non voglio pensare a chi ha figli in tenera età e a quale
destino occupazionale saranno catapultati. Il 2016 sarà l’anno horribilis
per tutto il sistema bancario italiano, sia per come si trasformerà, pensiamo
solo a operazioni di fusioni obbligate e forzate dagli organismi di vigilanza
bancaria o ai cambi di assetto proprietario che avranno alcune banche di
rilevanza nazionale, e sia per come verrà alla ribalta (se non addirittura
esploderà) il bubbone ancora nascosta del credito cooperativo. Ne abbiamo già
parlato anche in altre occasioni circa 1/3 dei crediti cooperativi avrà
necessità di una manovra di sostegno o di una super bad bank visto il suo stato
di salute attuale. L’Italia è priva di una cabina di regia, non naviga
nemmeno a vista, non c’è proprio nessuno dentro la sala di comando che faccia o
sappia fare qualcosa. Entro cinque anni ci renderemo conto che il torpore
fisiologico a cui ci ha condotto il PD grazie agli ultimi due governi
fantoccio ha dato avvio al saccheggio impunito ai danni di più parti sociali.
La classe
operaia che deve accettare ora una discesa indiscriminata dei salari a causa
della concorrenza (volutamente prodotta) di migranti economici disposti
a tutto pur di lavorare accettando qualsiasi forma di ristoro economico. Il
mondo della piccola media impresa destinato alla polverizzazione, niente
si è fatto e niente si farà mai per loro, rimarranno in vita solo pregevoli
eccellenze le quali tuttavia sul piano quantitativo non possono dare un
contributo sostanziale al Paese. Le famiglie italiane con prole in età
adolescente che vedono per la stessa solo l’emigrazione in altre nazioni
come l’unica opportunità di sopravvivenza economica. Il popolo dei
risparmiatori e dei proprietari di immobili spremuti oltre ogni limite e trattati
come un bancomat nella menzognera propaganda catto-comunista di colpire le
rendite finanziarie ed i grandi capitali. La stampa italiana, quasi tutta
asservita ormai al Ministero della Propaganda, non si sofferma in questo
momento a fare i conti al danno che è stato cagionato al Paese da un governo
immobile innanzi ad un’aggressione finanziaria verso una banca (derelitta)
in cui proprio lo Stato è diventato con il tempo il primo azionista di
riferimento. In altre nazioni si sarebbero congelate le quotazioni, nel
puro interesse nazionale, protetto l’asset in cui si è dovuto investire in
precedenza per evitare una Lehman italiana, anziché permettere il crollo
orchestrato delle quotazioni, unitamente anche a quello di altre banche
italiane, prese di mira nuovamente da raider e speculatori perfettamente a
conoscenza di come in cabina di regia non ci sia nessuno in grado né di
ostacolarli (caso mai il contrario) e tanto meno di comprendere ex ante
il loro operato.
Eugenio Benetazzo - eugeniobenetazzo.com