giovedì 14 gennaio 2016

LE TAPPE FONDAMENTALI DEL CASO MARO'



La Corte Suprema indiana allunga la permanenza in Italia per il marò Massimiliano Latorre, ma tra le autorità italiane e quelle di New Delhi il disaccordo continua a regnare sovrano. La proroga concessa dai giudici è valida infatti fino al 30 aprile, mentre il ministero degli Esteri italiano ritiene di avere le carte in regola per far restare in patria il militare «per tutta la durata del procedimento arbitrale internazionale», sulla base del recente pronunciamento del Tribunale del mare di Amburgo.
La posizione italiana resta radicalmente diversa da quella indiana.
LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DEL MARE. Latorre è tornato in Italia per curarsi dopo l'ischemia che lo ha colpito nel 2014. In assenza di una nuova proroga, il suo permesso sarebbe scaduto venerdì 16 gennaio. Per Roma, tuttavia, la sentenza del Tribunale del mare che ha ordinato «la sospensione da parte di India e Italia di tutti i procedimenti giudiziari interni» va interpretata nel senso che è «preclusa ogni decisione da parte della Corte Suprema indiana relativamente al fuciliere Latorre». E che quindi il militare possa restare in Italia «per tutta la durata del procedimento arbitrale internazionale». La vicenda, già complessa, si complica ulteriormente.
L'INTERNAZIONALIZZAZIONE DEL CASO. La competenza del Tribunale del mare a decidere sul caso marò, infatti, è stata stabilita quando Latorre si trovava già in permesso in Italia: l'ordine di «sospendere ogni procedimento» implica effettivamente che il militare possa restare qui? Oppure significa che dovrebbe tornare in India al termine della licenza concessa e relative proroghe, e attendere lì l'esito dell'arbitrato, senza che la giustizia indiana possa assumere ulteriori iniziative nei suoi confronti?
SCHERMAGLIE POLITICHE. Già martedì 12 gennaio il senatore del Partito democratico, Nicola Latorre, presidente della commissione Difesa, aveva anticipato che il governo italiano non avrebbe fatto rientrare il militare in India: «Stiamo anzi chiedendo che anche Salvatore Girone attenda in Italia il processo di Amburgo». «Chiederemo al primo ministro Narendra Modi di far tornare in India il fuciliere di marina Massimiliano Latorre nei tempi previsti dalla sua licenza», aveva replicato il governatore dello Stato meridionale del Kerala, Oommen Chandy.
I TRE FASCICOLI PENDENTI IN INDIA. L’udienza della Corte Suprema indiana che si è svolta mercoledì 13 gennaio ha riguardato tre diversi fascicoli, su cui i giudici hanno confermato l’impossibilità di procedere al momento.
Il primo è la causa-madre, con la richiesta italiana di rimuovere dall’indagine la polizia antiterrorismo Nia, poiché al processo non si applica la legge sulla repressione del terrorismo marittimo, il cosiddetto Sua Act. Il secondo è un’istanza in cui Latorre e Girone sollevano un’eccezione di giurisdizione per il loro caso. Il terzo, infine, è un ricorso firmato da un membro dell’equipaggio di nome Kilsariyan, in cui si chiede di reintrodurre nel processo «le principali disposizioni» del Sua Act e dell’Admiralty offences (Colonial Act).
Le dieci tappe princiali del caso marò
Il 15 febbraio 2012 due pescatori indiani, Valentine Jalstine e Ajesh Binki, vengono uccisi da colpi di arma da fuoco al largo delle coste del Kerala. Nello stesso giorno la Marina italiana diffonde la notizia del respigimento di un attacco di pirati contro la petroliera Enrica Lexie su cui viaggiano Massimiliano Latorre e Salvatore Girone in servizio antipirateria. Il giorno seguente il comandante della petroliera approda nel porto di Kochi. I due fucilieri vengono accusati della morte dei due pescatori, ma si difendono, chiarendo di aver sparato colpi di avvertimento. Il 19 febbraio i due vengono arrestati. Per l’Italia, però, l’India non ha giurisdizione visto che il fatto è avvenuto in acque internazionali. Inizia la vertenza legale.

Il 2 giugno 2012 i due marò vengono rilasciati su cauzione, dopo l'esclusione dell'accusa di aver compiuto un atto di terrorismo marittimo, ma rimangono in India. Nel frattempo l’Italia raggiunge un accordo extragiudiziale per il risarcimento alle famiglie dei pescatori.

Il 22 dicembre 2012 i due marò arrivano in Italia grazie al permesso speciale concesso dalla Corte del Kerala per le vacanze di Natale e il 4 gennaio tornano in India. Il 18 gennaio 2013 la Corte Suprema indiana stabilisce che il Kerala non ha giurisdizione sul caso e viene creato un tribunale speciale a New Delhi.

L'11 marzo 2013 è il giorno dell’incidente diplomatico. Il ministro degli Esteri Giulio Terzi annuncia che i due marò non torneranno in India dopo il permesso di quattro settimane concesso per le elezioni politiche di febbraio. La tensione è massima e il 18 marzo viene fermato l’ambasciatore italiano in India, Daniele Mancini. Per ottenere il rilascio dell’ambasciatore, il 21 marzo i due fucilieri vengono ricondotti in India. Il 26 marzo il ministro Terzi si dimette.

L'8 febbraio 2014 il ministro dell’Interno indiano, Rajnath Singh, autorizza la National investigation agency, la Nia, a sostenere l’accusa di terrorismo internazionale. La decisione si basa sul Sua Act, ma lo stesso ministro nega categoricamente che questo possa implicare la pena di morte per i due fucilieri, nonostante il tipo di accusa non lo escluda.

Il 31 agosto 2014 Massimiliano Latorre viene ricoverato a New Delhi per un’ischemia. Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, vola in India con i familiari, per accertarsi dello stato di salute del militare italiano.

Il 12 settembre 2014 Latorre rientra in Italia per quattro mesi, grazie al via libera della Corte Suprema indiana per motivi di salute. L’istanza presentata dalla difesa è stata accolta con la garanzia scritta che il marò farà ritorno in India dopo il periodo di permesso accordato, fornita dall’ambasciatore italiano Daniele Mancini.

Il 5 gennaio 2015 Massimiliano Latorre viene operato al cuore per un difetto congenito. Il sottufficiale dovrebbe trascorrere un periodo di convalescenza a casa, ma questo si scontra con la scadenza del periodo concessogli per curarsi in Italia. Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, attiva i canali diplomatici e il 14 gennaio 2015 la Corte Suprema indiana concede la proroga del permesso, sempre con la garanzia dell'ambasciatore Daniele Mancini.

Il 26 giugno 2015 l'Italia attiva la procedura di arbitrato internazionale rivolgendosi al Tribunale del mare di Amburgo. La Corte Suprema indiana, ad aprile, aveva ulteriormente prorogato il permesso per Massimiliano Latorre fino al 15 luglio. L'Italia chiede, oltre al prolungamento della permanenza in Italia di Massimiliano Latorre, il rimpatrio anche di Salvatore Girone, nell’attesa che si concluda la procedura arbitrale.

Il 24 agosto 2015, dopo che anche l'India ha accettato l'arbitrato, arriva la sentenza del Tribunale del mare. I giudici avocano a sé la competenza sul caso dei due fucilieri italiani, ordinano la sospensione dei procedimenti interni, ma non accolgono la richiesta italiana di far rimpatriare momentaneamente anche Salvatore Girone. Massimiliano Latorre, una volta terminato il periodo di congedo, dovrà tornare in India?