sabato 2 maggio 2015

NESSUN CONTROLLO SUGLI STIPENDI DEGLI EUROPARLAMENTARI



Margareth Thatcher diceva che «il denaro pubblico non esiste. Esiste solo il denaro dei contribuenti».
Ed è ai contribuenti che bisogna rendere conto quando quei soldi vengono spesi.
Per questo gli europarlamentari hanno deciso di avviare un'operazione trasparenza non solo sulle spese generali che il parlamento europeo affronta ogni giorno e che sono già pubbliche, ma soprattutto su quelle individuali dei singoli deputati.
RISULTATO DELUDENTE. È su questo ultimo punto però che il passaggio dalla teoria alla pratica è diventato difficile.
Perché quando si tratta di rendere conto del proprio operato la parola trasparenza assume mille sfumature.
Così, nonostante lo sforzo iniziale, il risultato è stato deludente.
CONTROLLO INDEBOLITO. Dopo tante premesse e promesse, infatti, il 29 aprile più dei tre quarti degli europarlamentari hanno votato un emendamento scritto congiuntamente da Ppe ed S&D che indebolisce la richiesta di un maggiore controllo sul modo in cui i deputati spendono la propria indennità.
INDENNITÀ DA 4.299 EURO. Perché pur non essendo sempre d'accordo, quando si tratta di tutelare i propri interessi gli europarlamentari del centrodestra e del centrosinistra sono uniti come una vera Große Koalition.
In questo caso si tratta di difendere la libera gestione della propria “indennità per spese generali” che ciascuno dei 751 deputati riceve per coprire i cosiddetti costi di ufficio (computer, telefoni e altri costi annessi).
In tutto 4.299 euro al mese. Un tesoretto che ognuno può gestirsi come vuole senza dover rendere conto al parlamento: sinora infatti non è mai stato fatto un controllo su come vengono spesi questi soldi.
Un emendamento cancella la parola 'obbligatorietà'
Un problema di trasparenza che la Commissione europarlamentare per il controllo dei bilanci ha cercato di risolvere mettendo al voto alcuni emendemanti all'interno del Rapporto sul discarico per il 2013, bilancio generale dell'Ue.
Peccato che al momento della votazione i deputati hanno preferito adottare un emendamento, il numero 21, che in pratica sostituisce due paragrafi che erano presenti nel Rapporto originale sul discarico per il 2013, e che non si limitavano a invitare i deputati a una maggiore trasparenza, ma chiedevano l'obbligatorietà della rendicontazione.
RESTA IL LIBERO ARBITRIO. L'emendamento 21, invece, adottatato con 576 voti a favore, 74 contrari e 48 astensioni, ha cancellato la parola 'obbligatorietà', lasciando ancora una volta ai deputati il libero arbitrio.
A scrivere l'emendamento sono stati per il gruppo S&D la spagnola Inés Ayala Sender e il francese Gilles Pargneaux (autore anche del rapporto originale, ndr), insieme con il tedesco Markus Pieper a nome del gruppo Ppe.
SI PARLA DI 'OPPORTUNITÀ'. Nel dettaglio la proposta di risoluzione si ferma al concetto di 'opportunità' della misura e «sottolinea la necessità di una maggiore trasparenza nelle indennità per spese generali dei deputati», si legge nel testo, «ritiene opportuno che a fine anno ogni deputato presenti una rendicontazione pubblica di tali indennità».
Si tratta soltanto di una manifestazione di intenti
L'emendamento 21 recita in pratica lo stesso concetto scritto anche nell'emendamento 12 contenuto nello Stato di previsione delle entrate e delle spese per l'esercizio 2016 del parlamento europeo, che comprende la 'lista dei desideri' del parlamento per l'anno successivo.
«REGOLE PIÙ PRECISE». In pratica la linea comune e condivisa è questa: l'emendamento 21 «sottolinea la necessità di una maggiore trasparenza nelle indennità per spese generali dei deputati; invita l'Ufficio di presidenza ad adoperarsi per definire regole più precise per quanto concerne la contabilizzazione delle spese autorizzate nell'ambito di tale indennità, senza determinare costi aggiuntivi per il parlamento».
OGNI SFORZO È VANO? Una manifestazione di intenti insomma, ben diversa dall'esigenza emersa all'inizio di rendere conto in maniera puntuale di ogni singolo euro dei contribuenti.
La modifica apportata e messa alla fine del testo tra parentesi rischia infatti rendere vano ogni sforzo di trasparenza: «(in caso di adozione, i paragrafi 43 e 44 decadono)».
«Preoccupazione», «stupore», «deplorevole»: brutte parole eliminate
Ma cosa dicevano di tanto scomodo i paragrafi contenuti nel rapporto originale che l'emendamento 21 ha cancellato? Condannavano senza se e senza ma la mancata rendicontazione delle indennità e invitavano a renderla obbligatoria. Una parola che ai parlamentari non è proprio piaciuta.
«43. Esprime preoccupazione per il fatto che non vengono effettuati controlli sull'indennità per spese generali, che viene versata in assenza degli opportuni documenti giustificativi».
DEPUTATI ALLE STRETTE. E ancora. «44. Deplora che l'indennità per spese generali sia stata finora considerata un importo forfettario e si rammarica per l'assenza di norme precise riguardo alle spese a essa imputabili; esprime stupore per il fatto che i deputati non siano tenuti a giustificare in che modo hanno usato l'indennità e che, per i deputati che desiderano farlo, il revisore interno del parlamento non possa verificare i loro conti; invita a chiarire in misura maggiore per quali tipi di spese debba essere utilizzata l'indennità per spese generali e a introdurre l'obbligo per i deputati di comunicare su base annua le spese da essa finanziate o, in mancanza di ciò, ad avviare quanto meno una procedura per la verifica dei conti dei deputati su base volontaria».
ORA LA GRAVITÀ È SPARITA. Due paragrafi che descrivevano il problema senza edulcorare la gravità di una mancanza di trasparenza finora passata sotto silenzio.
Ma a Bruxelles si è preferito ancora una volta rimediare a parole e avviare un processo di risoluzione del problema anziché affrontarlo subito.  (Lettera 43.it)