sabato 30 giugno 2012

SIAMO UN POPOLO DI INCONTINENTI


Non si dirà mai abbastanza male della pubblicità. Riprendo una battuta della Littizzeto per attirare la vostra attenzione sulla stupidità, l’inutilità, la mancanza di idee, l’insensatezza del messaggio pubblicitario. Da qualche tempo, circa un anno, abbiamo scoperto di essere un popolo di incontinenti. O meglio, le donne italiane si contraddistinguono per lo scarso controllo delle proprie necessità fisiologiche. Ora, l’incontinenza nella donna è un fatto relativamente consueto nelle ultraottantenni, eccezionale nella giovane e media età. Nonostante questo dato consolidato, sono almeno tre le marche di salvaslip, miniassorbenti, dispositivi insomma per assorbire tali presunte perdite e nascondere allo steso tempo il cattivo odore che sarebbe l’inevitabile conseguenza di questi fenomeni. Vediamo cosa accade a  livello fisiologico. In queste pubblicità (che andrebbero stigmatizzate come “ingannevoli”) sono ritratte donne di mezza età, a volte persino giovani, comunque mai anziane. Il meccanismo che i “creativi” delle perdite di pipì cercano di attivare è il seguente: sono una donna sulla quarantina o cinquantina, non ho mai avuto, che io sappia, problemi di incontinenza, tuttavia, se la pubblictà ne parla in continuazione (ultimamente è un vero tormentone), ci deve essere qualcosa dai vero. Allora è meglio prevenire il fenomeno prima che si verifichi realmente, prima che io possa trovarmi, che so, in ascensore con un bell’uomo dal palato e l’olfatto fino, pronto a captare qualsiasi vago sentore di orina. Sarebbe terribile. Che vergogna! La signora in questione si reca al supermercato ed acquista questo inutilissimo orpello, con le conseguenza di crearsi una irritazione locale che, alla lunga, potrebbe provocarle una cistite con conseguente dolore, ematuria, e lieve incontinenza. La medicina provoca la malattia. La pubblicità, in questo caso, non è solo insulsa e priva di qualsiasi fondamento, ma, in modo premeditato, produce l’effetto che dichiara di combattere. Tutte le donne sanno che una sana fisiologia femminile non necessità di alcun dispositivo tra monte di venere e slip. Se ci mettiamo un corpo estraneo, fatto di cotone misto a fibre sintetiche che agevolano l’assorbimento, ed essenze profumate che si potrebbero rivelare irritanti o mal tollerate, cagioniamo un danno sicuro alla signora che indossa un simile prodotto, perché di questo, in definitiva si tratta. Il meccanismo perverso della pubblicità, questa volta delle case farmaceutiche, è simile a quello della vendita delle benzodiazepine: dovrebbero curare per periodi brevissimi l’ansia grave o l’insonnia incoercibile, ma dopo un solo mese di utilizzo provocano tolleranza ma soprattutto assuefazione, obbligando, di fatto il paziente a continuare, anche per tutta la vita, ad utilizzare questa classe di farmaci, essendone divenuto completamente schiavo. Si crea, in parole povere, una tossicodipendenza da benzodiazepine, un fenomeno diffusissimo tra tutta la popolazione adulta. Mi auguro che sia ovvio per qualsiasi donna che un salvaslip va indossato solo nel caso di perdite di origine vaginale, ed in nessun altro caso. Indossare un assorbente, per quanto sottile, a scopo preventivo è pura follia, perché, con il tempo, diverrà il fattore irritativo che causerà il sintomo che voleva mascherare. La cosa migliore da fare ritengo sia allontanarsi dalla televisione durante gli spazi pubblicitari, ma se proprio si vuole guardare è indispensabile farlo in modo critico, rilevando le contraddizioni e le sciocchezze che non mancano mai nel messaggio pubblicitario. Può addirittura essere una attività quasi divertente: osservare la pubblicità criticamente, con distacco e razionalità sarà non solo istruttivo, ma anche esilarante. Alcuni spot sono ben confezionati e di buon gusto (specie quelli sulle autovetture) ma ve ne sono alcuni che rasentano la comicità involontaria, un vero boomerang per il committente. Se per pubblicizzare un banale pollo confezionato mi trovo a dover assecondare la voglia di apparire sullo schermo da parte del produttore, contro ogni regola di telegenia, farò una figura non bella. Il signore che rassicura circa la bontà e la sostenibilità dell’allevamento dei propri polli ha una tale faccia da stupido ed una parlata cosi poco intelligibile da suscitare la generale ilarità. Guardiamola, allora, la pubblicità, ma ricordiamoci sempre di possedere una volontà indipendente, una mentalità critica, ed un generale disincanto nei confronti di “creativi” privi di fantasia e ricchi di pessimo gusto.