Non si dirà mai abbastanza male
della pubblicità. Riprendo una battuta della Littizzeto per attirare la vostra attenzione
sulla stupidità, l’inutilità, la mancanza di idee, l’insensatezza del messaggio
pubblicitario. Da qualche tempo, circa un anno, abbiamo scoperto di essere un
popolo di incontinenti. O meglio, le donne italiane si contraddistinguono per
lo scarso controllo delle proprie necessità fisiologiche. Ora, l’incontinenza
nella donna è un fatto relativamente consueto nelle ultraottantenni,
eccezionale nella giovane e media età. Nonostante questo dato consolidato, sono
almeno tre le marche di salvaslip, miniassorbenti, dispositivi insomma per
assorbire tali presunte perdite e nascondere allo steso tempo il cattivo odore
che sarebbe l’inevitabile conseguenza di questi fenomeni. Vediamo cosa accade a
livello fisiologico. In queste
pubblicità (che andrebbero stigmatizzate come “ingannevoli”) sono ritratte
donne di mezza età, a volte persino giovani, comunque mai anziane. Il
meccanismo che i “creativi” delle perdite di pipì cercano di attivare è il
seguente: sono una donna sulla quarantina o cinquantina, non ho mai avuto, che
io sappia, problemi di incontinenza, tuttavia, se la pubblictà ne parla in
continuazione (ultimamente è un vero tormentone), ci deve essere qualcosa dai
vero. Allora è meglio prevenire il fenomeno prima che si verifichi realmente,
prima che io possa trovarmi, che so, in ascensore con un bell’uomo dal palato e
l’olfatto fino, pronto a captare qualsiasi vago sentore di orina. Sarebbe
terribile. Che vergogna! La signora in questione si reca al supermercato ed
acquista questo inutilissimo orpello, con le conseguenza di crearsi una
irritazione locale che, alla lunga, potrebbe provocarle una cistite con conseguente
dolore, ematuria, e lieve incontinenza. La medicina provoca la malattia. La
pubblicità, in questo caso, non è solo insulsa e priva di qualsiasi fondamento,
ma, in modo premeditato, produce l’effetto che dichiara di combattere. Tutte le
donne sanno che una sana fisiologia femminile non necessità di alcun
dispositivo tra monte di venere e slip. Se ci mettiamo un corpo estraneo, fatto
di cotone misto a fibre sintetiche che agevolano l’assorbimento, ed essenze
profumate che si potrebbero rivelare irritanti o mal tollerate, cagioniamo un
danno sicuro alla signora che indossa un simile prodotto, perché di questo, in
definitiva si tratta. Il meccanismo perverso della pubblicità, questa volta
delle case farmaceutiche, è simile a quello della vendita delle benzodiazepine:
dovrebbero curare per periodi brevissimi l’ansia grave o l’insonnia
incoercibile, ma dopo un solo mese di utilizzo provocano tolleranza ma
soprattutto assuefazione, obbligando, di fatto il paziente a continuare, anche per
tutta la vita, ad utilizzare questa classe di farmaci, essendone divenuto
completamente schiavo. Si crea, in parole povere, una tossicodipendenza da
benzodiazepine, un fenomeno diffusissimo tra tutta la popolazione adulta. Mi
auguro che sia ovvio per qualsiasi donna che un salvaslip va indossato solo nel
caso di perdite di origine vaginale, ed in nessun altro caso. Indossare un assorbente,
per quanto sottile, a scopo preventivo è pura follia, perché, con il tempo,
diverrà il fattore irritativo che causerà il sintomo che voleva mascherare. La
cosa migliore da fare ritengo sia allontanarsi dalla televisione durante gli
spazi pubblicitari, ma se proprio si vuole guardare è indispensabile farlo in
modo critico, rilevando le contraddizioni e le sciocchezze che non mancano mai
nel messaggio pubblicitario. Può addirittura essere una attività quasi
divertente: osservare la pubblicità criticamente, con distacco e razionalità sarà
non solo istruttivo, ma anche esilarante. Alcuni spot sono ben confezionati e
di buon gusto (specie quelli sulle autovetture) ma ve ne sono alcuni che
rasentano la comicità involontaria, un vero boomerang per il committente. Se
per pubblicizzare un banale pollo confezionato mi trovo a dover assecondare la
voglia di apparire sullo schermo da parte del produttore, contro ogni regola di
telegenia, farò una figura non bella. Il signore che rassicura circa la bontà e
la sostenibilità dell’allevamento dei propri polli ha una tale faccia da
stupido ed una parlata cosi poco intelligibile da suscitare la generale
ilarità. Guardiamola, allora, la pubblicità, ma ricordiamoci sempre di
possedere una volontà indipendente, una mentalità critica, ed un generale
disincanto nei confronti di “creativi” privi di fantasia e ricchi di pessimo
gusto.