sabato 2 giugno 2012

LIBERA NOS DOMINE


Non ho mai avuto simpatia per Fabio Fazio. La sua piaggeria verso tutto e tutti, le sue buone maniere ipocrite, la sua leziosità, la sua melensaggine mi hanno sempre procurato un certo disagio. Come recita il suo cognome, nonostante i modi manierati ed il suo falso garbo, Fazio è estremamente fazioso. Lo è nel senso più deplorevole del termine: maschera la sua appartenenza acritica al Partito Democratico con un buonismo di stampo veltroniano, divenendo così un uomo per tutte le stagioni, esponente, pure lui, del “maanchismo” che ha reso celebre Veltroni. Gli piace Bersani, Vendola e Di Pietro, “ma anche” Casini, La Russa e Alfano. Il suo modo di parlare, studiato a tavolino (a meno che non ci troviamo di fronte ad un caso di balbuzie felicemente risolto), con la ripetizione, all’esordio di ogni discorso, delle prime sillabe, la sua voce carezzevole, mai un tono più alto del sussurro, l’apparente calma olimpica, le sue maniere da gentleman un po’ agé, il suo essere sempre composto, le sue giacchette stazzonate e le sue cravattine strette, il suo sforzo continuo di sedare animi potenzialmente in rivolta, procedendo come un moderatore che inviti costantemente alla serenità i suoi ospiti, tutto insomma fa di lui un perfetto ipocrita. Il suo comprimario Roberto Saviano, scrittore fallito e predicatore finito, viene, consapevolmente o meno, utilizzato dal nostro Fazio solo per mettere in risalto la sua fioca personalità, e mettere in luce una personalità altrimenti perfettamente anonima. Saviano, scrittore per una sola stagione, incapace di produrre altro che non riguardi la camorra, la benedetta camorra che gli ha dato visibilità, stringe il sodalizio con il damerino Fazio per trovare una strada qualunque che possa, in  assenza totale di idee nuove, protrarre in qualche modo il suo mestiere di predicatore televisivo. Saviano non sa scrivere e non sa parlare. Il libro “Gomorra”, praticamente l’unico scritto, è di un tedio mortale, si fatica non poco ad arrivare all’ultima pagina. La sua scrittura è piatta e priva di originalità, come il suo parlare. Il film tratto dal libro dell’ottimo regista Garrone, non solo con il libro ha poco a che fare, ma è un’opera che surclassa di gran lunga il barbosissimo libro di Saviano. Raramente è accaduto che un film tratto da un libro faccia meglio di quest’ultimo: questa volta è accaduto. Si tratta di due personaggi sopravvalutati, specchio fedele della povertà assoluta della televisione di oggi. Giulietto Chiesa giudica l’85% della TV da buttare, credo non sia lontano dalla verità. Le tre serate di Fazio e Saviano, dall’elevatissimo tasso zuccherino, mi hanno procurato un paio di nuove carie dentarie. Un programma noiosissimo che affondava nella melassa dei buoni sentimenti, della più trita banalità, dell’ovvio, dello scontato, del più vieto luogo comune, ci ha fatto scoprire che, tutto sommato, il bene è da preferire al male. Bene, ottimo risultato, dopo la visione delle tre serate siamo maturati non poco. Saviano, che ha stufato la grande maggioranza dei cittadini, deve tutto a Fazio, ma presto non sentiremo più parlare di lui. Quanto a Fazio, qualcuno può liberarci di questa triste presenza? Il nostro rispetto va piuttosto a persone come Santoro, una persona discutibile ma autentica, sanguigna, che dice pane al pane e vino al vino, non si trincera dietro i modi da manichino di Fabio Fazio. I suoi duetti con Gramellini sono indimenticabili: quando il giornalista della Stampa accenna un minimo di indignazione per una notizia che farebbe venire i capelli diritti a tutti quanti, Fazio lo invita alla moderazione, a comprendere le ragioni degli altri, a moderare i toni e ritrovare la calma. Con quella faccia da prete, sarebbe stato un ottimo benedettino. Ma dietro le apparenze buoniste e caritatevoli, si cela una personalità che ha preso nettamente posizione, sebbene in modo puramente retorico: a favore sempre  e comunque degli immigrati, siano essi regolari o no, siano essi criminali o no. A favore delle donne, degli anziani, dei bambini, dei più deboli, degli ultimi. Il suo spirito caritatevoli non conosce limiti: è rivolta soprattutto agli esponenti del PD, anche quando sono indifendibili, come nell’occasione nella quale, in Senato, hanno in blocco votato per il mantenimento degli stipendi e della pensione basata sul retributivo dei manager pubblici, una vergogna incancellabile. La sua figura mi fa venire in mente una felice frase di Pasolini: “E’ talmente ipocrita che quando l’ipocrisia lo avrà ucciso, precipiterà nell’inferno e si dirà in paradiso”. Dispiace per i non pochi ottimi autori che hanno partecipato alla sua kermesse: non ci hanno fatto una buona figura in quel polpettone troppo dolce. Non ci troviamo quasi mai d’accordo con questo personaggio, è per questo che ne abbiamo fatto un quadro così poco edificante: è proprio grazie ai politicanti che lui ammira e adula sempre che ci troviamo in una situazione di disperazione mai vissuta dal dopoguerra a questa parte. Non abbiamo bisogno di narcisisti mascherati da seminaristi, abbiamo bisogno di intrattenitori veri, autentici da una parte, e di politici che sappiano il fatto loro dall’altra parte. Ma temiamo di essere costretti, in entrambi i casi, ad abbassare l’asticella delle nostre pretese. In ogni caso, tanto per fare tre nomi a caso, Lilli Gruber,  Lucia Annunziata  e Luisella Costamagna fanno il loro mestiere egregiamente,  senza cadere nella stucchevole banalità di Fazio. Strano, sono tre donne: che sia meglio, in politica come nell’intrattenimento, un po’ più di rosa, nella carta stampata come in televisione?