Sempre più persone ormai, hanno
capito (finalmente!) che non ci si può
fidare delle banche e dei loro venditori, ma dopo questa
considerazione ne segue subito un’altra: “i miei risparmi da qualche parte
dovrò pur metterli, se non mi posso fidare del bancario o del promotore
finanziario, come faccio a scegliere?
Questo interrogativo, più o meno
direttamente esplicitato, ce lo sentiamo formulare ormai da anni quasi
quotidianamente.
Sul piano sistemico, occorre una
profonda revisione dell’intero comparto: Una riforma
radicale per una vera tutela del risparmio.
La domanda però richiede una
risposta nel qui ed ora, anche perché è abbastanza evidente che una riforma
come quella che noi proponiamo ha zero possibilità di realizzarsi nel breve
termine perché gli interessi del sistema finanziario sono troppo forti.
Nell’immediato le possibilità sono
solo due: 1) accrescere le proprie competenze finanziarie e fare da soli o 2)
rivolgersi ad un consulente finanziario indipendente.
La scelta di fare da soli è meno
complessa di quanto la maggioranza delle persone ritenga. La sfida principale,
come sempre, è di natura psicologica.
Dal momento che il sistema bancario
propone nell’80-90% dei casi strumenti pensati esclusivamente per far
guadagnare la banca a scapito del cliente, fare meglio è relativamente facile
sul piano tecnico. Basta fare cose estremamente semplici, prive di quei costi e
rischi inutili. Il problema non è tanto la parte di “studio”, quando quella di
resistere alla tentazione che vengono dalle sirene del guadagno facile.
In questo articolo abbiamo trattato
questi aspetti: Perché tante
persone intelligenti perdono soldi in borsa?
Ci rendiamo perfettamente conto che
la scelta di fare da soli, concretamente, è praticabile da una percentuale
ridotta della popolazione, e ci rendiamo conto che la maggioranza delle persone
non si sente in grado di fare scelte in autonomia.
Se la strada di una riforma
normativa a tutela dell’investitore è una chimera e del sistema bancario è
ormai chiarissimo che non ci si possa fidare, la strada dei consulenti
finanziari indipendenti sembrerebbe un’opzione valida, ma come sceglierli?
Quando vale la pena pagare un professionista per farsi dare consigli su come
investire?
Nel resto di questo articolo vorrei
fare alcune considerazioni un po’ scomode sul mondo della consulenza
finanziaria in Italia.
Consulenza o
vendita?
Il termine “consulente finanziario”
è già molto ambiguo e lo diventerà sempre di più in futuro dal momento che con
un colpo di mano parlamentare la lobby dei promotori finanziari (ovvero agenti
di commercio che sono retribuiti dalle reti di vendita degli intermediari
finanziari) sono riusciti a far passare una norma la quale prevede che vengano
denominati, all’interno dell’albo, come “Consulenti Finanziari abilitati
all’offerta fuori sede”, mentre i consulenti finanziari indipendenti (cioè i
liberi professionisti retribuiti esclusivamente dalla parcella) dovrebbero
essere chiamati “Consulenti Finanziari Autonomi”. E’ ovvio che questo renderà
ancora più difficile l’orientamento dell’investitore non esperto.
Sia chiaro: non c’è assolutamente
niente di male nell’essere agenti di commercio e sarebbe sbagliato
generalizzare sostenendo che tutti i promotori finanziari fanno danni per i
loro clienti mentre basta essere indipendenti per essere utili agli
investitori. Personalmente conoscono promotori finanziari che sono persone
veramente oneste e preparate e conosco consulenti finanziari indipendenti che
erano promotori finanziari ed in larga parte lo sono rimasti sia come
formazione professionale che come forma mentis.
Il problema è che, in finanza,
l’attività di vendita implica maggiori distorsioni rispetto a molti altri
campi. Chi vende in finanza, vende servizi/prodotti che i clienti non sono
minimamente, ma proprio minimamente, in grado di valutare.
Se si vendono aspirapolveri,
pentole, macchine, computer, ecc. il cliente è in grado di avere almeno un’idea
vaga di cosa sta comprando e di come valutarlo rispetto alle proprie esigenze.
In finanza, nel 99% dei casi, chi
sta acquistando un prodotto/servizio finanziario - se non è un professionista -
non ha la più pallida idea di quello che gli serve e non è minimamente in grado
di giudicare se un prodotto/servizio è migliore di un altro e neppure se è
realmente ciò di cui ha bisogno.
Ecco perché l’attività dei promotori
finanziari (adesso ribattezzati “consulenti finanziari abilitati all’offerta
fuori sede”) è intrinsecamente molto pericolosa per gli investitori. Chiunque
abbia fatto dei corsi per diventare promotore finanziario sa benissimo che la
formazione tecnico-finanziaria è semplicemente risibile. L’esame di
abilitazione è sostanzialmente un esame volto a verificare alcune nozioni di
tipo giuridico sul Testo Unico della Finanza. La formazione che fanno gli
intermediari finanziari è sostanzialmente una formazione legata a competenze di
vendita (come fissare gli appuntamenti, come superare le obiezioni, come essere
convincenti, ecc.). Alcune società, poi, fanno anche corsi sull’asset
allocation e qualche nozione finanziaria, ma -in genere– sono sempre
nozioni molto basilari che comunque non devono rendere il venditore troppo
esperto semplicemente perché un venditore che conosce troppo bene la tecnica
perde di capacità di vendita.
La prima scomoda verità sulla
“consulenza finanziaria” in Italia, quindi è che nella quasi totalità dei casi,
quando un risparmiatore si trova davanti un “consulente finanziario” in realtà
sta parlando con un agente di commercio che ha lo scopo di vendere un
prodotto/servizio dell’intermediario che lo retribuisce.
Per questo la prima domanda nello
scegliere un consulente finanziario dovrebbe essere: come vieni retribuito?
Ma la
consulenza indipendente in Italia esiste?
Una verità scomoda, purtroppo, è che
in Italia, di fatto, la consulenza finanziaria indipendente è stata quasi
uccisa da circa 10 anni di blocco legislativo.
Il recepimento della direttiva
comunitaria che introduceva la figura del consulente finanziario indipendente è
del 2007. Si aspetta da allora l’istituzione dell’albo che avrebbe consentito a
chi voleva avviare questa professione di farlo.
Ad oggi, chi fa consulenza
finanziaria indipendente sono solo coloro che, dal 2007 usufruiscono di una
proroga. Si parla di pochissime centinaia di persone in tutt’Italia, quando i
promotori finanziari sono decine di migliaia di persone e gli sportelli bancari
sono circa 30 mila.
Trovare un consulente finanziario
indipendente è veramente un fatto raro.
Recentemente l’organismo dei
consulenti finanziari, ovvero il vecchio albo dei promotori finanziari che
dovrà trasformarsi nell’organismo che gestirà il nascente albo unico dei
consulenti finanziari, ha indetto un’indagine conoscitiva per sapere quanti sono
gli interessati a registrarsi nell’albo dei consulenti finanziari autonomi
(cioè indipendenti). L’indagine si concluderà il 30 Settembre prossimo, ma
sembra che le risposte siano veramente poche, nell’ordine di centinaia. Questo
è un risultato più che scontato dal momento che nessuna professione può
svilupparsi in presenza di un blocco normativo di 10 anni.
La seconda scomoda verità, quindi, è
che ci intende rivolgersi ad un vero consulente finanziario indipendente (cioè
non retribuito da un intermediario finanziario, ma direttamente dal cliente)
deve armarsi di santa pazienza e difficilmente lo troverà sotto casa, ma dovrà
essere disponibile a muoversi e/o usare la nuove tecnologie per una
comunicazione a distanza.
Quali sono
le competenze dei consulenti finanziari indipendenti?
Se è vero, come è vero, che l’esame
di promotore finanziario non è minimamente sufficiente a valutare le competenze
minime per poter fare una reale consulenza finanziaria (d'altra parte, il
promotore finanziario non fa la consulenza, ma vende il servizio di consulenza
offerto dall'intermediario) è anche vero che i consulenti finanziari
indipendenti oggi in attività non hanno svolto nessun tipo di abilitazione.
Questa è un’altra scomoda verità che
molti colleghi, consulenti finanziari indipendenti, non amano che venga
espressa in modo così netto. La verità è che ogni consulente finanziario
indipendente è un autodidatta. Le sue abilità tecniche derivano necessariamente
dall’esperienza e dalla formazione individuale.
Dopo aver fatto la prima domanda,
sul modo in cui il consulente finanziario viene retribuito, la seconda domanda
da porre è: come ti sei formato per fare questa professione?
Oltre alla sua formazione è
fondamentale informarsi anche sul suo approccio alla professione. Propende più
per la pianificazione finanziaria o l’analisi finanziaria? Si occupa di
gestire i patrimoni nel suo complesso oppure si occupa solo della parte
finanziaria? Collabora o è in società con altri professionisti affini alle
questioni patrimoniali o è solo? Che struttura organizzativa ha?
Cosa cercano
i clienti dai consulenti finanziari?
Ma la più scomoda verità nel settore
della consulenza finanziaria riguarda il rapporto cliente-professionista.
Spesso c’è un fraintendimento sostanziale al quale molti consulenti finanziari
(indipendenti o venditori che siano) sottostanno per mera convenienza
economica.
I clienti ritengono che il mestiere
del consulente sia quello, in parole semplici, di far rendere il gruzzoletto
sotto la loro consulenza. Il fraintendimento consiste nel fatto che il cliente
da per scontato che il consulente finanziario sappia cose che nessun consulente
può sapere.
Un buon consulente finanziario
indipendente può fare molto cose positive, la maggioranza delle quali rientrano
nella sfera di evitare aspetti negativi (costi e rischi inutili). Sul piano del
rendimento, ciò che può fare il consulente è cercare di adeguare il profilo
rischio/rendimento del portafoglio del cliente alle caratteristiche
economico-patrimoniali e psicologiche dello stesso.
Nessun consulente finanziario è in
grado di sapere come andranno i mercati in futuro. I mercati finanziari sono
impossibili da prevedere per chiunque.
Se un consulente finanziario
(indipendente o venditore che sia) focalizza l’attenzione sul possibile
rendimento, questo dovrebbe essere un indice di allarme per il potenziale
cliente.
Il problema è che questo è
esattamente quello che la maggioranza dei potenziali clienti vorrebbe sentirsi
dire.
L’ideale, per il cliente medio, è
trovare il consulente che sostenga di saper “far fruttare” i propri soldi al
meglio senza scocciare con il profilo di rischio, le necessità finanziarie,
senza imporre riflessioni, dover conoscere cose noiose, fare scelte ecc. “Se
vado da un professionista, dovrà pur essere lui a dirmi cosa fare, no? Altrimenti
facevo da solo.”
Purtroppo, quando parliamo di
finanza, parliamo del “regno dell’incerto”.
I consulenti possono eliminare le
inefficienze, cioè i costi ed i rischi inutili, ma non le incertezze.
L’ultima scomoda verità, quindi,
riguarda gli investitori. Gli esseri umani hanno una perniciosa propensione a
scambiare i desideri con le verità. E’ più facile credere ad una persona che ci
dice che può fare ciò che non può fare, ma che noi vorremmo che facesse,
rispetto ad una persona che ci dice una verità la quale implica per noi
qualcosa di sgradevole.
L’ultima scomoda verità, in sintesi,
è questa: se abbiamo dei risparmi da parte dobbiamo rimboccarci le mani ed
occuparcene, un bravo consulente finanziario indipendente può aiutarci, ma non
può fare tutto.