martedì 26 luglio 2016

RAI, LA NAUSEA INFINITA



È assurdo ritrovarsi in queste ore il canone Rai nella bolletta della luce mentre escono (e questo è un bene, gli altri anni era sconosciuto) i compensi dei vari giornalisti, dirigenti e collaboratori Rai che superano i 200 mila euro l'anno.
Qualcuno mi spiegherà meglio come si possono percepire cifre da 300, 400, 500 mila euro per dirigere parti della tv pubblica. È il mercato, ha detto la dr.ssa Maggioni, presidente Rai. Il mercato? Dove ha studiato il mercato il presidente? Se una tv, anche privata, paga cifre del genere ai propri manager vuol dire essere fuori dal mondo. Non c'è nessuno che ha tanto know how di competenze per percepire cifre così esose. Occorre scendere con i piedi per terra e capire "il valore" cos'è, perché se adottiamo la logica del rialzo si va senza limiti. Mai dimenticare che nessuno è indispensabile o insostituibile. Poi se parliamo del settore privato e degli stipendi stellari (ad esempio le banche) andiamo su un altro binario anche se pure lì va data una calmata.
Quel che è peggio del caso è la vastità di persone che s'intascano belle somme senza far nulla. Praticamente lavoratori di lusso. Possibile? Possibile entrare nella Rai, caro Renzi, e come primo atto o mandato ai dirigenti, nuovi, in ingresso, non aver dato l'ordine di sistemare queste nefandezze? Se non altro per rispetto dei contribuenti che si ritrovano a dover mantenere uno spreco assurdo. Ma niente di nuovo sotto il sole. La Rai si rivela per quello che è.
Tv di Stato? Non pervenuta. Zero Tv del canone. I televisionisti (?!), eletti più di un anno fa, che guidano il carrozzone Rai, infornano la tv pubblica di esterni provenienti dalla carta stampata. Come mettere il bravo Giletti direttore del Corriere della Sera. Non ci credono nemmeno i piani alti alla ri-nascita della tv pubblica se, tra 11-12 mila dipendenti Rai, non riescono trovare qualche Braveheart. I risultati non ci piacciono, sono da jeans e maglietta, come sempre avviene quando non c'è  chiarezza  sul prodotto che, per ora, va nella direzione della chiusura di alcuni programmi. Per carità, nessuna petizione lagnosa verso l'addio dei talk: la democrazia non è in pericolo e non c'è scritto da nessuna parte che il conduttore è un posto a vita. Finiamola su, con questa storia che ci vuole, a tutti i costi, la tv pubblica, la sola che riesce garantire equilibri superiori.
Non è vero. Eppoi sappiamo che una tv pubblica, fedelissima al suo brand, verrebbe vista dal duo Lumi Cino.
Se la Rai sta sul mercato, con decine di canali, deve fare, senza esclusione di colpi, programmi concorrenziali alla tv privata. Il servizio pubblico, in questo fantasmagorico mondo multimediale, non è né monomarca e nemmeno palpabile, è nell'aria: l'informazione, ad esempio, è "offerta" gratuitamente anche dalle private La7, Sky, Mediaset e dai siti internet. Tutto gira, cambia, evolve. Mesi fa, Fiorello è stato proclamato giornalista dell'anno. Fiorello non è giornalista e fa una trasmissione, Edicola Fiore,  con un telefonino, dentro un chiosco. I soloni hanno storto il naso: ma come? L'informazione è "esclusiva" di quelli con il tesserino, iscritti all'Ordine. Del tipo che il sapere è custodito solo in Università. Un format conservatore, e aventiniano, solo attento a piantonare le rendite di posizione. Per questo dissertare di tv pubblica è un controsenso in termini, non c'è e non ci sarà mai, o è un paravento.

I programmi della Tv di Stato. La Rai presenta la nuova stagione televisiva e ci spiattella più di 40 programmi nuovi. È una Rai, in particolare la rete 2 e 3, che abbraccia un trend giovane, acculturato, scopiazzando le tendenze di Videomusic-Mtv, di Italia 1, canale 8, canale 9 (Sky e Discovery), e in generale i canali del digitale terrestre. Apprezziamo gli intenti, meno gioia per i conduttori, comici, showgirl chiamati ai nuovi sforzi di stagione. È vero che riempire i palinsesti, in qualche mese, guardando alle risorse interne della Rai, pare essere un problemone: non c'è tempo, meglio andare sulla piazza sicura fatta di consulenti, amici e compagnia del tè del pomeriggio. Però qualcosa di aziendalista, di viale Mazzini 14, ci stava bene.
Insomma "cercasi" uno sforzo di scouting. Scorrendo il listone delle novità è palpabile la sensazione che i palinsesti siano stati costruiti con un melange tra usato sicuro (Fazio, Clerici, Cuccarini, Parisi e forse la Carrà) e quello che girava più vicino ai direttori in quel momento, anche per sentito dire. Per la verità il pranzo sarebbe servito anche senza i direttori Rai, e i dipendenti, perché le colonne portanti dei programmi, ormai, sono fatte da tre o quattro potentissimi agenti che piazzano una sfilza di conduttori impressionante  e da case di produzione, cioè i proprietari dei programmi, esterne, italiane e straniere.
Il senso perfetto della decadenza l'ha dato il televisionista Minoli (papà del mitico Mixer): manca una idea forte, una idea guida della nuova Rai. Soprattutto manca quel quid che ti fa dire Rai, servizio pubblico, aggiungiamo noi. Per ora c'è solo "di tutto, di più". Lo ribadiamo, forse non interesserà molto ai telespettatori, ma alle loro tasche sì: se il carrozzone Rai è fatto di migliaia di dipendenti perché c'è da prendere il tipo o la tipa che viene da fuori? Su questo non mi capacito. Sia chiaro: le assunzioni per concorso, ad esempio dei giornalisti, in tv, come in qualsiasi altro luogo dell'informazione, fanno ridere i polli, perché non è un lavoro per titoli ed esami. E infatti non hanno mai funzionato. E sia chiaro, inoltre, che un direttore di rete o chi per esso, insieme all'editore, devono ritenersi liberi di prendere chi vogliono e di parlare con agenti e case di produzione esterne. Ma  qui siamo in Rai, tv pubblica, tv di Stato, occorrerebbe la giustifica per quello che si fa e come si fa. E non c'è mercato che tenga: perché se la stella guida è il mercato che c'entra il canone? La solita anomalia tragica che si porta via tutte le anomalie, se non ci fosse. E ritorniamo al titolo di questo post.
È assurdo che un "cane da trifola" come Renzi non abbia recepito all'instante che il problema Rai andava assolto togliendo immediatamente il canone. I cittadini avrebbero apprezzato perché stiamo parlando di una assurdità. Invece ora Renzi si trova tra due fuochi: una Rai non sua con dei dirigenti che vanno per loro contro e i cittadini imbufaliti perché devono pagare in bolletta un canone per uno "scopo" impreciso e indefinito.