Un concetto, che faticava a
farsi strada, emerge prepotentemente dalla strage di Nizza: non esiste Islam
moderato, è una leggenda metropolitana messa in giro dai pochi o tanti
musulmani non violenti delle nostre città e dei nostri paesi, musulmani che non
praticano il terrorismo ma che non prendono posizioni nette, prese di distanza,
non fanno manifestazioni contro i massacri di cristiani, lasciano unicamente
che sia qualche imam italiano a criticare blandamente l’opera e la strategia
dell’Isis, nulla di più. Si ripete quello che abbiamo conosciuto molto bene noi
italiani negli anni settanta, con il terrorismo delle Brigate Rosse. Ufficialmente
tutti erano contro gli omicidi delle BR, ma esisteva anche allora una minoranza
silenziosa, quella del “né con lo Stato, né con le BR” che, in cuor suo,
lontano dai microfoni, pensava, dinanzi all’esecuzione di quel politico o di
quel giudice “Beh, in fondo hanno fatto bene.”. Questo rapporto di
collaborazione passiva, di cooperazione silenziosa, rientrava in pieno in
quello che allora si definì il “fiancheggiamento alle Brigate rosse”. Qualcosa
di simile accade presso i nostri cari fratelli musulmani pacifici. Apertamente,
se interrogati, criticano queste barbare azioni, ma poi, nel silenzio delle
loro case e delle loro moschee, tollerano quando non si compiacciono di questi
atti, di queste gesta, dell’eroe che si immola sull’altare di Allah facendo
strage di cristiani. Non sottovalutiamo questo aspetto, perché l’Isis, che sta
perdendo sempre più terreno sul campo, in medio Oriente come in Africa, si
affiderà sempre di più ai “gesti isolati” di cani sciolti, di musulmani
insospettabili, perfettamente integrati, magari benestanti, come le belve che
hanno compiuto l’eccidio di Dacca. E’ ovvio per tutti che siamo in guerra, ma
trattandosi di terrorismo, non possiamo combattere contro un nemico ben
definito, con tanto di uniforme e di gerarchia militare. Si tratta allora di un
nemico invisibile, magari il tuo stesso vicino di casa, che, da mite islamico
“moderato”, se un giorno, gli gira il boccino, potrebbe decidere di scendere in
strada, le nostra strade di tutti i giorni, e sparare all’impazzata
imbracciando un mitra. Non è facile combattere un simile nemico. E non ci
veniamo a raccontare le solite balle del “non cambieremo le nostre abitudini
per non darla vinta ai terroristi”, le cambieremo, eccome. D’ora in poi sarà
necessario evitare accuratamente i raduni, i luoghi affollati, gli
assembramenti, tutto ciò che possa offrire un massacro su di un piatto
d’argento. Dobbiamo rivedere i nostri stili di vita, il nostro esercito sarà
costretto a presidiare tutte le zone o le aree nelle quali si svolgeranno o
avranno luogo manifestazioni, celebrazioni ecc. Non bastano 4 poliziotti e 5
carabinieri. Il nostro esercito dovrà, con discrezione, essere presente
ovunque, come negli stati semi totalitari come quello turco: tu non vedi il
militare, ma lui è lì, pronto ad intervenire con il mitra imbracciato. Dobbiamo
abituarci alla loro presenza, rinunciare ad una parte della nostra libertà di
movimento in nome della salvaguardia di un numero imprecisato di vite umane. Il
gioco vale la candela. D’ora in poi guarderemo al nostro fornitore di frutta e
verdura, di origini marocchine, il buon Mohamed con il quale scherzavamo fino
al giorno prima, con diffidenza, se non con fastidio: anche lui fa parte di
quella “minoranza o maggioranza silenziosa” che non prende posizione con il
cuore e con l’intelletto, che condanna solo a parole, ma dentro di sé, nel
segreto dei suoi pensieri, dice “beh, in fondo se la sono cercata, sono degli
infedeli smidollati, degli edonisti con il complesso di superiorità”. Questo
penserà il vostro erbivendolo di fiducia. Vogliono imporci una guerra : bene
dobbiamo accettare quello che non possiamo evitare. Nel Catechismo degli adulti
della Chiesa Cattolica ci sono solo due casi in cui il magistero acconsente il
ricorso alla violenza e l’uso delle armi: l’invasione del proprio paese da
parte di terzi e l’autodifesa personale. Bene, noi ricadiamo nel secondo caso.
Abbiamo anche la benedizione della Chiesa. Dal momento che i francesi non sono
codardi come gli italiani, questa notte stessa o domani al più tardi,
partiranno i raid dei loro caccia nelle aree del medio oriente e della Libia
dove l’intelligence sa che sono asserraglianti i pazzi omicidi dell’Isis, e lì
sganceranno le proprie bombe. Certo, periranno anche dei civili e questo è
naturalmente doloroso, ma, come ricordava Mao Tse Tung, la guerra non è un pranzo
di gala, la guerra è un atto violento. La vedova del povero Emmanuel, che
abbiamo pianto amaramente fino a ieri, ha confessato che a sradicare dal suolo
il palo che reggeva un cartello stradale per colpire l’ultrà di Fermo, il
razzista bastardo Mancini, è stato proprio Emmanuel. Insomma, ad alzare le mani
ha iniziato lui. Questo non assolve quel somaro di Mancini, ma cambia di molto
la dinamica del delitto. E noi a strapparci le vesti, con la Boldrini in prima
linea, e lo svenimento, questo sì fasullo, della povera vedova, sembrava un
prefica del nostro mezzogiorno. L’insulto era razzista, quindi cretino, ma
l’alzare un palo contro qualcuno significa passare dalle parole alle vie di
fatto. E ve li ricordate quei giovani, definiti dalla stampa di regime
(Repubblica, il Corriere, La Stampa, il Messaggero)”teppisti”, “giovinastri”,
che malmenarono a San Benedetto due bengalesi perché non conoscevano il
Vangelo? Li hanno solo malmenati, nel senso che non hanno neppure dovuto
ricorrere alle cure del Pronto Soccorso, eppure i giornalisti li hanno subito
stigmatizzati come “fascisti razzisti”. Eppure, pensandoci bene, quei giovani non
avevano tutti i torti. Quello che vogliamo dire è che non si può rispondere
alla violenza con l’arma della persuasione e del dialogo. Anche perché non
esiste un solo musulmano disposto ad ascoltare le nostre ragioni. La loro è una
furia cieca, una guerra di religione, sì proprio di religione, dal momento che
molti di loro non sono i soliti morti di fame, ma provengono da famiglie agiate
o comunque normali, vogliono metterla a tutti i costi sul piano della fede,
islam contro cristianesimo. E sia, se dobbiamo reagire, e lo dobbiamo fare per
forza, non servono questa volta le fiaccolate, i fiori sparsi sul luogo
dell’eccidio, le solite litanie sulla solidarietà, allora applicheremo anche
noi la legge biblica del “dente per dente”, combatteremo con le armi benedette
dal nostro Antico Testamento, sotto le insegne di Cristo. Dobbiamo imparare
molto dal Mossad, il servizio segreto israeliano. E’ una combinazione virtuosa
tra intelligence e vertici militari, lo adotta un paese abituato da sempre a
convivere con il terrorismo palestinese. Andiamo in Israele e impariamo una
buona volta come ci si difende dal terrorismo, non riusciremo ad evitare tutti
gli attentati, è vero, ma potremo certamente sventarne molti e salvare così una
parte dei nostri figli, quei poveri bambini straziati e lacerati dalle gomme
del camion impazzito di Nizza. Non c’è più posto per le lacrime, la pietà per i
poveri immigrati non ha più cittadinanza presso le nostre menti e i nostri
cuori. Ci dobbiamo difendere, e a volte offendere. Ma è la guerra, non si
combatte un conflitto con le armi spuntate del buonismo e della comprensione. Non sappiamo se “Dio lo
vuole”, come ai tempi delle crociate, ma certamente possiamo combattere in nome
di Cristo, dello stesso Cristo che, pur essendo un mansueto, è venuto sulla
terra a “portare la spada”. Matteo: 34 «Non
pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a mettervi
la pace, ma la spada. 35 Perché
io sono venuto a mettere disaccordo tra figlio e padre, tra figlia e madre, tra
nuora e suocera, 36 e
i nemici dell'uomo saranno quelli di casa sua. 37 Chi ama padre o
madre più di me, non è degno di me; e chi ama figlio o figlia più di me, non è
degno di me. 38 E
chi non prende la sua croce e non viene dietro a me, non è degno di me. 39 Chi avrà trovato
la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la
ritroverà. 40 Chi
riceve voi, riceve me; e chi riceve me, riceve colui che mi ha mandato. (R.T.)