martedì 12 luglio 2016

D’ALEMA CONFERMA IL “NO” ALLA RIFORMA. E’ SCRITTA IN POLITICHESE ( O IN PECHINESE?)




D'Alema continua la sua battaglia per il No al referendum e contro Renzi. "Se dovessimo prendere per buone le dichiarazioni di Renzi sulle conseguenze del referendum in caso di vittoria del No, dico solo che si farebbe un altro governo. C'è in Italia un numero cospicuo di personalità in grado di guidare l'esecutivo. Nessun diluvio senza Renzi". Lo afferma Massimo D'Alema in una intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno.
Circolano i nomi di Padoan... "Non faccio ipotesi. La decisione tocca al presidente della Repubblica. E' evidente che noi saremmo obbligati a fare un governo. Uno, per approvare riforme serie. Due, per non andare alle elezioni con leggi elettorali diverse". Che succede nel Pd se Renzi perde il referendum? "Renzi ha detto che non lascia la segreteria. Ma lui ha sostenuto che solo il leader del partito può essere capo del governo", "allora, quando dice la verità Renzi? Quando dice di volersi dimettere da premier in caso di sconfitta o quando dice che resta alla guida del partito e di conseguenza anche del governo, per via della disposizione statutaria? Comunque, io non chiedo le dimissioni di Renzi. Chiedo solo una buona riforma al posto di una cattiva riforma. La caduta di una cattiva riforma costituzionale renderebbe automatico il varo di una nuova legge elettorale". E conclude: "Se Renzi perde si farà un congresso vero, una discussione politica seria nel Pd".
Nell'intervista l'ex premier Massimo D'Alema sostiene che la riforma che sarà sottoposta a referendum in autunno non è un tentativo di semplificare le decisioni ma "un pasticcio": "Dà luogo a un Senato di serie B che non si capisce come potrà svolgere il suo ruolo. Sarà un Senato composto da consiglieri regionali, sindaci... Non si comprende come loro potranno trascorrere cinque giorni a settimana a Roma a occuparsi delle leggi", "può darsi che la riforma del Titolo Quinto abbia esagerato nel dare poteri alle Regioni, ma trovo punitiva, nei loro confronti, la nuova impostazione. Qui siamo di fronte a un impressionante ritorno al centralismo: si sottraggono alle Regioni compiti già previsti dalla Costituzione dei 1948". E sostiene che, sulle materie concorrenti tra Stato e Regioni, "con la riforma costituzionale, la situazione si aggraverà. Non essendo chiara la distinzione dei compiti tra Camera e Senato, il contenzioso Stato-Regioni si estenderà anche fra Camera e Senato. Non oso pensare a quello che accadrà per la legge finanziaria, per le norme che dovranno essere esaminate tra i due rami del Parlamento. Una paralisi infinita. Con altri ricorsi alla Corte Costituzionale".
Smentisce poi la tesi di un paese irriformabile: "In Italia sono state varate 14 riforme costituzionali, tra cui quelle del Titolo Quinto e dell'articolo 81 sull'equilibrio strutturale di bilancio, quelle dell'immunità parlamentare e del giusto processo. Inoltre, per due-tre volte è stata cambiata la legge elettorale, poi la legge dei sindaci. Tutti i governi hanno messo mano alla riforma pensionistica fino al caos odierno. E potrei continuare. E' stata varata una quantità impressionante di riforme. Semmai il Paese ha sofferto, spesso, per cattive riforme che hanno richiesto altre riforme correttive. La tesi che, in Italia, non cambi nulla, è un luogo comune".