L'idea geniale del Fonzie di Firenze per trovare la copertura finanziaria della sua campagna elettorale consistente nei famosi 80 euro ai 10 milioni di italiani non prevede solo l'aumento della tassazione dal 20 al 26% delle rendite finanziarie. Riguarda anche la tassazione dei semplici, banali conti correnti bancari o postali. Avete capito bene: anche liquidità come i conti correnti saranno tassati. Il Sole 24 ore ha calcolato un gettito di circa 750 milioni derivanti da questa losca operazione. L'unico modo per sfuggire all'omicidio del riparmio è ritirare i propri denari e infilarli dentro il materasso. Fonzie fa la solita, vecchia partita di giro: ti dà con una mano e ti toglie con l'altra. Se questo è il nuovo che avanza, vi prego, ridateci Enrico Letta.
La relazione tecnica e l’articolato del decreto legge sul bonus
fiscale da 80 euro ha evidenziato ciò che appariva chiaro fin
dall’inizio dall’annuncio del taglio delle tasse fatto dal presidente
del Consiglio Matteo Renzi. Vista la difficoltà, politica e non, del
taglio della spesa, l’intervento sull’Irpef e Irap avrebbe potuto
trovare le coperture necessarie solo dall’aumento della tassazione, e
così è stato. L’aumento dell’imposizione sulle rendite finanziarie,
ovvero i frutti del risparmio, colpisce, oltre ad investimenti come
azioni e obbligazioni, anche i depositi bancari così come i certificati
di deposito. Le tasse aumentano per i nettisti, ovvero i risparmiatori
privati, mentre i lordisti, ovvero soggetto quali i grandi operatori
finanziari, vengono esentati. Si colpisce di conseguenza il conto
corrente della piccola azienda e del piccolo risparmiatore, mentre chi
ha soldi per fare investimenti nel BTP Italia – taglio minimo da mille euro
– ne viene esentato. Per recuperare denaro il governo Renzi ha così
deciso di punire anche il simbolo dei piccoli accantonamenti di chi
lavora, ovvero i soldi depositati sui conti correnti. Da questo tipo di
aumento di tassazione il quotidiano Il Sole 24 Ore ha calcolato che
arriveranno circa 750 milioni di euro nel 2015, e più di un miliardo nel
2016.
La misura del governo Renzi è una classica manovra di repressione finanziaria,
visto che lo Stato scoraggia ogni forma di risparmio privato, dal
deposito bancario alle azioni ad altre forme di investimento, mentre
l’aliquota sui titoli di Stato rimane costante, al 12,5%. Il governo,
mascherando questa manovra con parole quali equità sociale e
redistribuzione della ricchezza, mira ad aumentare la quota di
obbligazioni sovrane detenute da investitori domestici. Quando la crisi è
scoppiata, più di metà dei nostri titoli di Stato erano in mano ad
investitori stranieri, ora invece la netta maggioranza è in mano a
banche o cittadini italiani. Con simili misure si rafforza l’ipotesi di
un’imposizione patrimoniale per ridurre l’indebitamento pubblico, ma al
momento questa è solo una suggestione, anche se non si vede altra via
per riportare il nostro rapporto debito/Pil su livelli più sostenibili.
Sicuramente la strada della crescita appare preclusa, alla luce di una
congiuntura sempre più fiacca in eurozona, minata dalla tendenza
deflazionistica in atto.
Il governo Renzi, nelle sue stime del Def, reputa che lo stimolo
sulla crescita provocato dallo sgravio fiscale degli 80 euro sia
contenuto, anche a causa di tagli di spesa recessivi. Per coprire il
bonus ai lavoratori dipendenti da 1500 euro, si arriva a colpire i conti
correnti di tutti i cittadini, senza alcun intervento in supporto delle
fasce più deboli della nostra società, come gli incapienti, i
disoccupati o una parte rilevante delle partite IVA. La giustizia
sociale non sembra ispirare un provvedimento che al momento appare un
mal riuscito spot elettorale, pasticciato e confuso. Vista l’enfasi
dedicata alla comunicazione dal presidente del Consiglio, il molto
tardivo risveglio dei media italiana sulla nuova tassazione dei conti
correnti – non crediamo che la più precisa definizione di rendita da
deposito bancario cambi qualcosa, nella sostanza – possa risvegliare
qualche neurone a Palazzo Chigi. Matteo Renzi cercava nel decreto legge
sull’Irpef la spinta per vincere in modo chiaro le elezioni europee, ma
aver toccato i conti corrente in modo così maldestro rappresenta un
significativo rischio intrapreso, chissà quanto consapevolmente, dal
leader del PD. source